La scoperta è stata realizzata dall'esploratore americano Victor Vescovo durante una immersione con un sottomarino nei fondali della Fossa delle Marianne nell'Oceano Pacifico.
Un’amara scoperta o semplicemente una conferma della presenza della plastica in qualsiasi angolo della superficie terrestre. Dopo le montagne dell’Himalaya, i fiumi del pianeta, i mari, è stato dimostrato che la plastica alberga ormai anche nel pavimento degli oceani. Del resto in passato le stesse Nazioni Unite avevano stimato che la quantità di plastiche scaricate negli oceani del mondo ammontino a circa 100 milioni di tonnellate diventando in alcuni casi cibo (indigesto) per cetacei e mammiferi che vivono nelle profondità dei mari.
A documentare questo ennesimo scempio nei confronti della natura, è stato un esploratore Texano, Victor Vescovo, che a bordo di un piccolo sottomarino progettato per resistere a forti pressioni – il DSV Limiting Factor – , è sceso a quasi 11.000 metri nelle acque della Fossa delle Marianne nell’Oceano Pacifico vicino a Guam ad est delle isole Filippine. «E’ stata una grande delusione osservare come l’inquinamento umano sia arrivato fino a questo punto. Il paesaggio lì sotto sembra quello lunare, eppure ci sono moltissime forme di vita. Continuando a scandagliare il fondale marino ho scoperto quelli che a prima vista sembravano 1 o 2 pezzi di materiale prodotto dall’uomo», ha dichiarato all’Agenzia Reuters il 56enne ufficiale della marina in pensione e fondatore di Insight Equity Holdings, un fondo di private equity americano.
Vescovo, che con questa immersione nel cosiddetto Challenger Deep ha raggiunto i 10.928 metri ritoccando il record di immersione in profondità realizzato nel 1960 dalla marina americana, ha notato dei residui di plastica – un sacchetto e una carta di caramella – che giacevano sul fondo del mare proprio mentre osservava specie marine quasi mai viste prima d’ora come calamari con zampe larghe e antenne o maiali di mare traslucidi simili a cetrioli marini.
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