L’indagine condotta da ISPRA su 12 fiumi italiani, tra cui i primi tre più lunghi d’Italia, evidenzia che la larga maggioranza dei rifiuti fluviali è costituita da materiali di plastica
La maggior parte dei rifiuti nei fiumi italiani è di plastica. La larga maggioranza (circa l’85%) degli oggetti avvistati sono costituiti, infatti, da materiali plastici, nel 35% dei casi si tratta di oggetti di plastica monouso. A seguire vi sono oggetti di carta (5% circa) e di metallo (3%). Sono alcuni dei dati emersi dall’attività di monitoraggio condotta da ISPRAsu 12 fiumi italiani, in collaborazione con Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e Nauta. Un’iniziativa necessaria per comprendere meglio il problema crescente del marine litter, che sta assumendo proporzioni sempre più preoccupanti. Secondo quanto ha riportato il CNR, si stima che siano entrati negli oceani tra il 1990 e il 2015 circa 100 milioni di tonnellate di rifiuti, la maggior parte dei quali sono di plastica. L’International Maritime Organization (IMO) avverte che, secondo alcuni scienziati, entro il 2050, la quantità di plastica negli oceani supererà quella dei pesci.
Rifiuti nei fiumi e i danni agli esseri viventi e all’ambiente
Gli impatti ecologici derivanti dai rifiuti marini sono particolarmente rilevanti. Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, si va dalla morte di pesci e altri esemplari di fauna marina per intrappolamento o per ingestione, ai danni fisici sugli organismi marini, l’intossicazione da sostanze chimiche, fino a contribuire alla diffusione di specie aliene.
Da dove provengono i rifiuti? Secondo la letteratura scientifica, si ritiene che gran parte di essi entri in mare attraverso i corsi d’acqua, “ma le loro quantità e la composizione esatta sono ancora scarsamente conosciute” ricorda ISPRA. Fino a pochi anni fa, le stime erano basate su modelli matematici che includevano informazioni sulla popolazione, le dimensioni dei bacini idrografici e l’erronea gestione dei rifiuti. “Questo ha portato a livello globale a concentrare inizialmente l’attenzione soprattutto sui grandi fiumi, indicando 122 di questi come responsabili del trasporto di circa il 90% dei rifiuti di plastica che dalle acque interne arrivano a mare”.
Ricerche successive hanno ridimensionato il ruolo dei corsi d’acqua maggiori, sottolineando il forte contributo di quelli, anche di piccole dimensioni, che attraversano aree urbane densamente popolate.
L’indagine sui macro-rifiuti galleggianti su 12 fiumi italiani
Per comprendere meglio il peso specifico dei rifiuti nei fiumi e il loro ingresso nei mari, lo stesso Istituto ha condotto un’attività di monitoraggio e di investigazione pilota, sui macro-rifiuti galleggianti trasportati da 12 corsi d’acqua italiani, con stazioni di campionamento situate in prossimità della foce. Il progetto d’indagine, durato un anno, è stato condotto all’interno dell’Accordo Operativo tra il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e la stessa ISPRA, nell’ambito dei monitoraggi per la Direttiva Quadro sulla Strategia Marina, è coordinato dallo stesso Istituto in collaborazione con Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.
L’Italia è il primo Paese ad aver strutturato e sistematizzato un monitoraggio così esteso sui fiumi per rispondere alle richieste normative della citata Direttiva 2008/56/CE.
Il progetto si è incentrato sui macro-rifiuti galleggianti, oggetti di dimensione maggiore di 2,5 cm. L’indagine è stata realizzata su 12 fiumi: Adige, Agri, Magra, Misa, Neto, Ombrone, Pescara, Po, Reno, Sarno, Simeto, Tevere. La scelta dei fiumi è stata determinata dalla necessità di monitorare le tre sottoregioni marine individuate dalla Marine Strategy Framework Directive.
I risultati
Cosa emerge da questa indagine sui rifiuti nei fiumi? A livello nazionale, la maggioranza degli oggetti identificabili è di plastica o altro polimero artificiale (84,6%) e il 35,2% è rappresentato da oggetti di plastica monouso. Le altre tipologie più rappresentate sono oggetti di carta (4,6%), vetro e metallo (circa 2%). Tra quelli per cui è stato possibile un riconoscimento, il consumo di cibo è risultata la categoria predominante: in un quinto dei casi (19,4 %) erano rifiuti appartenenti a questa categoria.
Per quanto riguarda la composizione dei macro-rifiuti galleggianti, oltre l’80% degli oggetti avvistati è costituita da polimeri artificiali e materiali plastici, spesso monouso (35,2%). Più della metà dei rifiuti osservati ha una dimensione inferiore a 10 cm. “La decisa prevalenza di rifiuti di piccole dimensioni è presumibilmente determinata da significativi processi di frammentazione che gli oggetti subiscono prima di raggiungere il mare”, segnala ISPRA.
Quanto emerge dall’indagine delinea un quadro d’insieme, ma anche mette in luce lo stato dei vari corsi d’acqua: per esempio, nel Po, una larga maggioranza (70,2%) dei rifiuti osservati sono stati classificati come plastiche monouso. Eccettuata la stagione estiva, per lo più si è riscontrato che gli oggetti di passaggio appartengono quasi unicamente alla categoria di polimeri artificiali (95,2%), in prevalenza frammenti di plastica, buste per la spesa, bottiglie per bevande e prodotti per il corpo.
Stessa cosa accade nel caso del Reno, fiume più lungo dell’Emilia Romagna: il 72,7% dei rifiuti rilevati sono oggetti di plastica monouso. Ancora più ampia (78,2%) è la percentuale nell’Adige, secondo fiume più lungo d’Italia. Il Tevere, terzo fiume più lungo d’Italia, è quello con più inquinamento da macro-rifiuti galleggianti.
Andrea Ballocchi