Trekking, terme, visite alle malghe, cibo di montagna per una vacanza etica e sostenibile nel cuore delle Dolomiti patrimonio dell'Unesco
Prati verdi, malghe in cui risuonano i campanacci delle mucche, sentieri per il trekking e per il mountain biking, ottimo cibo e grande ospitalità nel segno della montagna. Siamo in Val di Fassa, nel cuore delle Dolomiti, patrimonio mondiale Unesco, dove domina ancora la lingua e la cultura ladina, e dove i panorami estivi non hanno alcunché da invidiare a quelli invernali. E se nella stagione bianca un luogo come la Val di Fassa con i suoi sette Comuni (Campitello, Canazei, Mazzin, Moena, Pozza, Soraga e Vigo) è un luogo turistico per eccellenza in virtù dei suoi 210 chilometri di piste, anche quando la coltre bianca lascia posto al verde e ai mille profumi della montagna le cose non cambiano.
Val di Fassa: natura, arte, cultura e terme
Tutto nel segno della sostenibilità e dell’etica. È questo il “sentiero” che i fassani hanno scelto di percorrere disseminando l’estate di eventi in luoghi unici, dalla rassegna musicale Val di Fassa Panorama Music con i concerti in quota fino al 26 agosto alla Festa ta Mont che, dal 3 al 5 agosto, in Val San Nicolò vede protagonista la tradizione ladina fatta di costumi, musica, storie, leggende. Anche le Terme, firmate QC, si inseriscono nel paesaggio con il massimo rispetto per permettere a chi lo desidera di godere dei benefici della “forest bathing”. Tutto il progetto delle Qc Terme Dolomiti, alimentate dalle acque termali della sorgente Alloch, è orientato alla sostenibilità ambientale ed è già stato iniziato il percorso per l’ottenimento della certificazione internazionale Leed (Leadership in energy and envoronmental design). E poi ci sono le visite alle aziende agricole, l’ospitalità in rifugio, le albe e i tramonti da ammirare. E naturalmente la cucina di montagna da assaggiare.
Val di Fassa: una cucina da raccontare
E, sulla scia del lavoro prezioso di rilancio della cucina del territorio in chiave gourmet fatto da Norbert Niederkofler in Val Badia, si sta concentrando anche il lavoro degli chef della Val di Fassa perché «la cucina – come è emerso nel corso della tavola rotonda organizzata nell’ambito dell’evento Dolomites Top of the Chefs – può contribuire allo sviluppo del territorio a patto che venga mantenuta l’identità gastronomica locale».
«Quella di montagna è una cucina povera, contadina che deve fare i conti con nove mesi freddi e tre freschi, la terra ci dona poco e la nostra cultura gastronomica si basa sulla conservazione degli alimenti, il rispetto della natura e dei doni che ci fa perché niente va sprecato», racconta Paolo Donei, chef stellato del Ristorante Malga Panna di Moena.
«Sono nato in una famiglia di ristoratori e dopo essere andato in giro per il mondo ho capito che con la nostra cucina non stavamo raccontando la nostra storia – continua -. Quello che in Valle dobbiamo raccontare non è quanto siamo bravi a cucinare e nemmeno dimostrare di essere meglio di altri, ma semplicemente il lavoro che facciamo da sempre: quel foraging che Redzepi ha fatto diventare tanto di moda lo facevano già i nostri nonni».
La montagna, però, deve essere anche contemporaneità «ovvero – dice Donei – mettere insieme tutto ciò che sappiamo per raccontare una storia». «Sono figlio di contadini, sono cresciuto con le mucche. Conosco i boschi, ci ho passato tanto tempo », attacca invece Stefano Ghetta, anch’egli stellato de L’Chimpl da Tamion di Vigo/Sèn Jan di Fassa, tornato in Val di Fassa dopo aver girovagato tra Francia e Inghilterra per «mettere il cuore» nei suoi piatti. E non è un caso che tra questi ci sia “polenta tra i boschi”, «Una polenta che – conclude Ghetta – prende i profumi direttamente dalla natura perché lascio la farina di mais appesa a un pino», quintessenza della cucina di montagna.