Wise Society : Appunti di nostalgia da una terra lontana…

Appunti di nostalgia da una terra lontana…

di Redazione Wise Society
20 Luglio 2012

Occorreva abbandonare la vecchia patria, alla ricerca di un destino migliore

Le imposte erano esorbitanti. Il grano importato strangolava la piccola produzione del contadino già soggiogato dall’affitto della terra. Con la minuscola gleba era arduo mantenere la famiglia contadina, già rimpicciolita. La manifattura e l’industria distruggevano l’artigianato contadino senza generare posti di lavoro sufficienti per il grande numero di contadini espulsi dalle campagne. Occorreva abbandonare la vecchia patria, alla ricerca di un destino migliore, dove il sudore avrebbe bagnato i frutti del lavoro onesto. Adulti, anziani, bambini. Pacchi di vestiti, utensili, sementi. Ricordi, lingue, canti. Tutto lì il bagaglio di una famiglia di lavoratori agricoli poveri che partivano per non tornare mai più. Decine di migliaia di famiglie, arrivate dalle montagne, valli e pianure del nordest italiano, imbarcatesi, con il cuore in mano, per la lunga traversata che le avrebbe portate fino alla fine del Brasile. Un viaggio moltitudinario che ebbe inizio nel 1874, subito dopo l’unificazione italiana, e si concluse nel 1914, alle porte della prima Grande Guerra. Rio Grande do Sul. La terra era abbondante ed il prezzo, accessibile. I boschi vennero tagliati. Al loro posto furono
costruite prima rustiche capanne; dopo, abitazioni definitive. In legno, non in pietra! I primi orti diedero frutti con un’eccezionale abbondanza. Era la terra della cuccagna, dove l’agricoltore avrebbe potuto placare la fame e costruire un luogo sicuro per sé e la sua famiglia. Le strade erano scarse e precarie. I mercati, distanti. C’era da rimborsare la colonia e pagare le nuove imposte. Negli spacci, i prodotti della colonia erano venduti a basso prezzo; i manufatti e le altre merci costavano un occhio dalla testa. I contadini lavoravano mentre i commercianti si arricchivano. I genitori dovevano contribuire affinché i figli maschi conquistassero anche loro la terra, al momento di prendere moglie. Si manteneva la testa alta soltanto grazie a sforzi ingenti. Nelle vecchie colonie, le terre si esaurivano. Per garantire il lavoro alla prole, abbondante in quelle terre americane così avide di manodopera, il fiume das Antas venne attraversato, verso le foreste del nord del Rio Grande. In un impulso inesorabile, venne varcato anche il fiume Uruguay, nella direzione dell’ovest di Santa Catarina e del Paraná. Nelle nuove colonie ricominciava il ciclo senza fine della vita. Più tardi, quando si esaurirono anche quelle terre, in una crudele parabola, si riprese, sicuri della vittoria, la lotta che aveva sopraffatto gli avi. Anche a costo di sudore, dolore e sangue, i contadini avrebbero ottenuto il diritto alla terra, nella stessa terra in cui erano nati. Donne. Uomini. Volti invecchiati. Rugosi. Contrassegnati dal tempo, dal sole, dal vento. Mani che lavorano la terra, il tabacco, la paglia, la farina. Piedi che calpestano l’uva per farne il vino forte, scuro. Occhi stanchi, rivolti al cielo, nell’ultima attesa. Sono i pronipoti, nipoti e figli di contadini poveri, senza terra, del Nord Italia. Sono le radici profondamente attecchite nelle terre del Brasile meridionale, ormai quasi inaridite dopo aver dato frutti generosi. Sono storie personali, quasi concluse, di una traversata già parte della storia, che vengono congelate nella loro tormentata dimensione umana dalla lente discreta e meticolosa di Tadeu Vilani.

Testo: Mário Maestri
Traduzione: Florence Carboni

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