Il sistema di scambio per ridurre le emissioni ha raggiunto un accordo. Vediamo come è nato, come funziona e le novità in arrivo
C’è un mercato apparentemente sui generis di cui si parla sempre di più: è il mercato dei crediti di carbonio. Una realtà con cui grandi aziende e piccole imprese (ma anche individui) devono prendere sempre più dimestichezza. Nella lotta contro il surriscaldamento globale, infatti, anche le aziende commerciali prendono sempre maggiore coscienza della necessità di agire. Riguardo questo tema, dopo 10 anni di negoziati, il summit di negoziatori tecnici ha votato a Baku, in Azerbaigian, un accordo per regolare il mercato volontario dei crediti di carbonio. L’incontro è avvenuto durante la prima settimana di ottobre 2024 ed è stato poi votato definitivamente alla Cop29, la conferenza delle parti sul clima, tenutasi in Azerbaigian dal 18 al 22 novembre 2024. Ricostruiamo quindi origine e funzionamento di tutto il sistema, comprese le sue novità.
Che cosa sono i crediti di carbonio
Con il termine “credito di carbonio” o carbon credit si indica qualsiasi certificato negoziabile o un titolo equivalente ad una tonnellata di CO2 o la quantità equivalente di un altro gas serra (tCO2e) non emessa o assorbita grazie ad un progetto di tutela ambientale realizzato proprio con lo scopo di ridurre o riassorbire le emissioni globali. In pratica un credito di carbonio è un’unità di carattere finanziario che s’identifica con l’eliminazione di una tonnellata di CO2 dall’atmosfera.
Il mercato dei crediti di carbonio
Il mercato dei crediti di carbonio è un sistema con cui grandi aziende e piccole imprese devono agire per limitare l’impatto della loro produttività e sostenere la lotta contro il surriscaldamento globale. Questo meccanismo, insieme ad altri sistemi di finanziamento per il clima, permette a tutti gli stati una maggiore flessibilità nel raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e integra la protezione degli ecosistemi naturali tra le azioni cruciali per limitare il riscaldamento globale entro le soglie di 2 e 1,5 gradi.
Ad oggi, i crediti e i mercati del carbonio fanno parte delle strategie nazionali e internazionali per ridurre e mitigare la crescita delle concentrazioni di gas a effetto serra. Il commercio di carbonio è, infatti, l’applicazione di uno scambio di quote di emissioni utilizzato per collocare e ricollocare le emissioni. Sono quindi i meccanismi di vendita e acquisto a guidare i processi industriali e commerciali per raggiungere l’obiettivo di abbassare le emissioni. Il mercato globale del carbonio è uno strumento individuato dall’Accordo di Parigi per convogliare risorse finanziarie verso i paesi in via di sviluppo e facilitare la risposta alla crisi climatica. L’articolo 6 dell’Accordo di Parigi offre un quadro che abilita la “cooperazione volontaria” tra gli stati per ridurre le emissioni. In particolare, sono previsti due tipi di mercati del carbonio:
- il mercato per scambi bilaterali (art.6.2, discusso a Dubai)
- il mercato globale del carbonio (art.6.4, trattato alla COP28).
Cosa cambia con il nuovo accordo 2024
Il quadro votato in Azerbaijan prevede l’introduzione del Sustainable Development Tool, un sistema che sostituirebbe quello oggi in vigore, il Clean Development Mechanism, introdotto dal Protocollo di Kyoto e criticato perché non considerato in grado di assicurare l’effettiva utilità per il clima dei progetti certificati né l’assenza di effetti collaterali di qualsiasi tipo. Infatti, ci sono anche realtà che comunicano la Compensazione della CO2 o la Carbon Neutrality falsificando dati: ecco perché il rischio greenwashing è davvero alto.
Col nuovo sistema, per generare crediti da scambiare sul mercato volontario del carbonio, ogni nuovo progetto deve assicurare maggior tutela dei diritti umani e dell’ambiente con:
- il rispetto del principio “do no harm”: i piani per guadagnare crediti non devono creare danni collaterali all’ambiente o al clima.
- una valutazione del rischio indipendente, che valuti 11 ambiti diversi (dall’acqua alle popolazioni indigene);
- un chiarimento del metodo col quale quel progetto contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (come la fine della povertà), oltre all’obiettivo primario di ridurre le emissioni di gas serra.
Si è parlato anche di come trattare i progetti che falliscono, per esempio: cosa succede se un incendio devastasse un’area oggetto di riforestazione? Per questa ragione, sta crescendo il mondo delle assicurazioni private sui crediti di carbonio. Questo nuovo meccanismo si applicherebbe anche ai progetti esistenti, in caso si volesse traghettare i loro crediti nel nuovo sistema Onu. L’approccio scelto è vicino a quello più “agile” preferito dagli Stati Uniti. Sono però presenti delle clausole e dei meccanismi di revisione del quadro ogni 18 mesi che permetterebbero di modificare le regole e renderle più stringenti in un secondo momento.
Perché sono serviti 10 anni per un accordo
Attualmente, esistono numerose perplessità riguardo ai mercati volontari. Diverse analisi e indagini hanno rivelato che molti progetti non raggiungono gli obiettivi dichiarati. Ad esempio, alcune iniziative usano metriche inadeguate per misurare l’effettivo impatto climatico o promuovono crediti di carbonio che trattengono CO2 per periodi limitati, solo pochi anni o decenni, anziché generare benefici climatici a lungo termine. La principale sfida è quella di incorporare i mercati volontari già attivi – dove avviene lo scambio di crediti di carbonio tra privati, aziende e istituzioni – nel quadro regolamentare dell’articolo 6. Ciò richiede di:
- stabilire normative chiare
- definire criteri per misurare l’efficacia e l’affidabilità dei progetti che promettono riduzioni o rimozioni di CO2
- garantire un livello di trasparenza sufficiente per evitare che il sistema diventi un enorme strumento di greenwashing.
Come funziona il mercato dei crediti di carbonio
I compensatori di carbonio acquistano i crediti da un fondo di investimento o da una società di sviluppo del carbonio che mette insieme i crediti di vari progetti. Si tratta, in effetti, di una vera e propria piattaforma di scambio e trading. Nella “borsa” per i crediti di carbonio, la qualità e il valore dei crediti si basa anche sul processo di convalida del fondo o della società di sviluppo e quindi dalla certificazione.
Le aziende possono anche rendicontare lo scambio di crediti di carbonio e utilizzare una carbon label, cioè una etichetta informativa, sui propri prodotti e servizi. L’acquisto dei crediti di carbonio permette alle aziende che emettono gas serra, di contribuire alla realizzazione di progetti di tutela ambientale soprattutto in Paesi in Via di Sviluppo.
Dato che i progetti di mitigazione generano crediti, alcune aziende particolarmente virtuose vendono quelli in eccesso a clienti commerciali che vogliono ridurre la propria impronta di carbonio su base volontaria. Le aziende che, invece, non “riescono” a ridurre le emissioni prodotte possono acquisire crediti di carbonio da un ente esterno o, appunto, dalle eccedenze delle aziende virtuose.
La certificazione dei crediti
Per poter essere venduti, i crediti di carbonio devono essere certificati. Gli enti certificatori più utilizzati nel Mercato Volontario dei Crediti di Carbonio sono il Gold Standard for the Global Goals (dalla Gold Standard Foundation) e il Verified Carbon Standard o VCS. Secondo i requisiti per essere certificabili, i crediti devono essere:
- reali: le riduzioni delle emissioni devono essere effettivamente avvenute.
- addizionali: il reddito dalla vendita di crediti di carbonio è un fattore determinante nella realizzazione del progetto.
- misurabili e verificabili: le riduzioni delle emissioni possono essere calcolate con rigore scientifico ed essere monitorate e verificate.
- permanenti: le emissioni che sono state ridotte o evitate devono durare nel tempo e non devono essere reimmesse in atmosfera;
- unici: ogni credito di carbonio deve corrispondere a una singola tonnellata di CO2e con procedure che evitino il doppio conteggio.
Chi può vendere e acquistare carbon credits
Il mercato dei carbon credits coinvolge più soggetti: acquirente, venditore ed ente terzo che si occupa del progetto di tutela ambientale. E ci sono anche stakeholders cioè i portatori di interessi come: consumatori, partner, fornitori assieme a pubblica amministrazione ed enti privati. Quelli attivi partecipano al meccanismo dei crediti di carbonio, gli altri ne sono influenzati.
Un po’ di storia
Per capire la ragione di esistere del mercato volontario dei crediti di carbonio bisogna tornare indietro al Protocollo di Kyoto del 1997, o almeno al 2015 con l’Accordo di Parigi. Il protocollo di Parigi, infatti, non prevede obiettivi vincolanti imposti ai soli paesi industrializzati, ma una strategia unica per tutti gli Stati e una responsabilità comune che tiene però conto di tutte le peculiarità.
Per contribuire alla mitigazione delle emissioni, viene istituito un meccanismo su base volontaria e nasce una vera e propria finanza per il clima. In questo contesto i paesi industrializzati devono sostenere quelli più poveri nelle azioni di mitigazione e adattamento. In questo scenario nasce lo European Emission trading scheme (Eu Ets), il mercato istituito dall’UE per portare avanti la sua lotta ai cambiamenti climatici. Ma un accordo globale non si è mai raggiunto.
Limiti del sistema dei crediti di carbonio
Il raggiungimento dell’accordo è stato anche il risultato della necessità di intervenire su un sistema di ricco di limiti. Come riporta il Post: «nel 2023, una serie di indagini scientifiche e giornalistiche ha scoperto che molte delle iniziative finanziate coi crediti di carbonio non hanno davvero evitato l’emissione di gas serra nell’atmosfera, o permesso il loro assorbimento, come promesso. Praticamente l’intero mercato dei crediti scambiati in modo autonomo dalle aziende è stato denunciato come ingannevole e per questo in un anno il suo valore complessivo è diminuito del 61 per cento, da quasi 2 miliardi di dollari a 723 milioni».
Negli scandali sono coinvolte la compagnia petrolifera Shell e South Pole, la più grande società produttrice di crediti di carbonio del mondo fondata in Svizzera nel 2006. Le voci critiche del sistema sottolineano quindi che, oltre al rischio di greenwashing, il mercato di scambio dei crediti di carbonio aiuti a mantenere lo status quo di un sistema di produzione economico basato sullo sfruttamento delle risorse. Per questo, guardiamo l’evoluzione di questo nuovo accordo con la dovuta attenzione.
Arrivano i crediti di biodiversità
Intanto, si comincia a parlare anche di crediti di biodiversità, definiti così da Daniela Mendoza Olarte, ingegnere ambientale che fa parte dell’equipe di Censat Agua Viva, una delle organizzazioni ambientaliste presenti al controvertice che si è tenuto a ottobre 2024 a Cali, in Colombia «I crediti di biodiversità sono un meccanismo puramente economico, simile ai crediti di carbonio, che permette al settore privato, e anche agli Stati, di investire nella mercificazione della natura, sostenendo che si tratta di una forma di sostegno alla protezione della biodiversità. In pratica le aziende che hanno attività estrattive, e che generano un impatto in qualsiasi parte del mondo, possono compensare le loro azioni distruttive e contaminanti attraverso l’acquisto di crediti per la biodiversità, dando soldi per progetti che proteggono una porzione di foresta, un fiume o un qualsiasi ecosistema».
Maria Enza Giannetto e Patrizia Riso