È diventata famosa come unica, intrepida donna alla guida dei gommoni di Greenpeace che si battevano contro le baleniere. Ecco come ha cambiato la sua vita per inseguire un sogno
Trentasette anni, milanese, fino al 2001 ha lavorato come giornalista per testate di nautica. Poi ha deciso di abbandonare casa e lavoro per seguire il suo amore per il mare e per l’ambiente riuscendo a imbarcarsi sulla Rainbow Warrior, la mitica nave di Greenpeace.
Come hai maturato la decisione di cambiare totalmente vita per collaborare attivamente con Greenpeace?
Nel 2001 ho deciso di lasciare Milano e trasferirmi in Sardegna, ma il mio primo imbarco con Greenpeace è stato solo all’inizio del 2004. Da parecchi anni mi ero messa in testa di unire le mie due grandi passioni, barche e ambiente, per questo ho iniziato a lavorare come skipper e nel frattempo partecipavo come volontaria alle attività dell’associazione, a livello locale e nazionale, occupandomi per lo più di raccolta fondi, educazione ambientale o compiendo piccole azioni dimostrative. Dopo qualche anno di volontariato nell’associazione e dopo molte miglia di navigazione, finalmente sono riuscita a maturare l’esperienza necessaria per poter realizzare il mio sogno.
Nel gennaio del 2004 ho potuto imbarcarmi sulla Rainbow Warrior: da quel momento ogni inverno ho lavorato per tre, quattro mesi a bordo delle navi di Greenpeace e da semplice marinaio sono arrivata a ricoprire il ruolo di secondo ufficiale.
Nel 2006 sei stata in Antartide alla guida dei gommoni che cercavano di impedire alle baleniere giapponesi di uccidere le balene. Come ricordi quell’esperienza? Come è cambiata la situazione?
Sono stata in Antartide due volte, ma la prima è stata la spedizione più emozionante e durante la quale le nostre azioni hanno maggiormente influenzato l’opinione pubblica.
Fino ad allora in Giappone la maggior parte della popolazione neppure sapeva che il loro governo finanziava questo massacro.
È stata un’esperienza molto intensa sotto tanti punti di vista… difficile condensarla in poche frasi. La navigazione impegnativa per raggiungere la zona di caccia, gli oltre due mesi di navigazione senza mai toccare terra, il massacro di queste splendide creature visto in diretta, l’odore intenso del sangue, la vista dei miei primi iceberg, la soddisfazione di vedere i balenieri sbagliare mira grazie a noi… Tutto ciò ha contribuito a farmi vivere un’esperienza che non dimenticherò mai.
Quello che credo sia veramente cambiato è l’opinione pubblica in tutto il mondo, sempre più ostile persino nei Paesi direttamente coinvolti nella caccia alle balene, e ho la presunzione di credere che il merito di questo cambiamento sia in piccolissima parte anche mio. Purtroppo il massacro continua, tutti gli anni dal Giappone parte una flotta baleniera che, aggirando la moratoria contro la caccia con la scusa di agire per scopi scientifici, rifornisce ristoranti di lusso di tonnellate di carne di balena.
Proprio nello scorso aprile la IWC, la Commissione Baleniera Internazionale, ha proposto di porre fine alla moratoria legalizzando nuovamente la caccia, sia pure limitando il numero di esemplari che si possono uccidere.
A quali altre campagne di Greenpeace in difesa dell’ambiente hai partecipato?
Sono stata in Indonesia subito dopo lo Tsunami quando la Rainbow Warrior venne messa a disposizione dell’organizzazione Medici senza Frontiere per trasportare cibo e medicinali nei villaggi che erano rimasti completamente isolati dopo il disastro.
In cinque anni, due a bordo della Rainbow Warrior e tre sull’altra nave di Greenpeace, l’Esperanza, sono stata in moltissimi Paesi (Singapore, Korea, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica, Indonesia, Papua Nuova Guinea, Isole Vanuatu, Tahiti, Antartide) per prendere parte a diverse campagne della nostra associazione. Tra queste quella contro la deforestazione, contro gli Ogm, il nucleare; e poi anche a numerose iniziative a livello locale.
Sei mesi in Sardegna lavorando come skipper e sei mesi imbarcata su una nave per Greenpeace. È ancora così la tua vita?
Dall’anno scorso ho provato a rallentare un pochino il ritmo. Ora lavoro come comandante a bordo di uno splendido Swan 65, una barca a vela, ma appena ho del tempo libero torno sulle navi di Greenpeace per insegnare ai nuovi attivisti come guidare i gommoni durante le azioni. Si tratta di corsi intensivi ai quali tutti gli attivisti che vogliano prendere parte a una di queste difficili azioni devono sottoporsi per essere in grado di affrontare qualsiasi situazione.
Ti sei mai pentita di aver cambiato vita nove anni fa, oppure è una scelta che rifaresti?
Non sono affatto pentita e so che non me ne pentirò mai, il mio lavoro con Greepeace mi dà l’opportunità di vivere esperienze incredibili e soprattutto di rendere concreti le mie idee e i miei sogni, facendo qualcosa di utile per il pianeta, anche se si tratta solo di piccoli passi. Non ho nessuna intenzione di mollare!