In Italia si contano 36 impianti, per lo più nel Nord Italia. Essi contribuiscono a trattare un volume sempre più importante di rifiuti, anche se la loro presenza è controversa
L’impiego dei termovalorizzatori in Italia si rende necessario per contribuire ad affrontare una produzione di rifiuti in continua crescita, nel nostro Paese e in tutta Europa. Come annota Eurostat, nel 2022 sono state prodotte 5 tonnellate di rifiuti per ogni abitante dell’UE, che complessivamente raggiungono le 2,1 tonnellate, ricorda il Parlamento europeo. I rifiuti “rappresentano potenzialmente un’enorme perdita di risorse sotto forma sia di materiali che di energia”, ricorda proprio l’ente statistico dell’Unione Europea. Proprio l’UE si è proposta di puntare a generare un’economia circolare a rifiuti zero entro il 2050. La termovalorizzazione dei rifiuti, in Italia e non solo, può aiutare a ridurre la quantità di rifiuti e, allo stesso tempo, di produrre energia. Si tratta comunque di una pratica controversa, ma che rientra nelle attività utili a gestire la produzione di rifiuti, in continua crescita: Ispra, nel Rapporto Rifiuti Urbani 2023, annota che la produzione complessiva di rifiuti urbani nell’UE27 fa registrare, rispetto al 2020, un incremento del 1%, da 233,2 milioni di tonnellate a circa 235,4 milioni di tonnellate.
Termovalorizzatore, una definizione controversa
Che cos’è un termovalorizzatore? Si può definire un impianto che produce energia, grazie al calore generato dalla combustione dei rifiuti solidi urbani e industriali. Il processo di termovalorizzazione permette, infatti, di generare energia elettrica e termica a partire dalla combustione dei rifiuti.
Ma c’è differenza tra inceneritori e termovalorizzatori? In Italia l’Ordine dei Medici chirurghi e odontoiatri di Trento afferma «che solo nel nostro Paese si parla di “termovalorizzatore”», affermando che «è un neologismo tutto nostro, più tranquillizzante nella percezione comune, mentre ovunque in Europa è in uso univoco il termine “incinerator”».
Secondo definizione di Treccani, i termovalorizzatori sono gli inceneritori più moderni, dove il calore sviluppato nel processo di combustione viene recuperato per produrre vapore poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore.
CEWEP, Confederation of European Waste-to-Energy Plants, afferma che la termovalorizzazione «è un metodo igienico di trattamento dei rifiuti, che ne riduce il volume di circa il 90%». Ricorda che la tecnologia Waste-to-Energy è una delle opzioni energetiche alternative più solide ed efficaci per ridurre le emissioni di CO2 e risparmiare le limitate risorse di combustibili fossili utilizzate dalle centrali elettriche tradizionali.
«Grazie all’installazione di complessi sistemi di depurazione dei gas di combustione nei moderni impianti Waste-to-Energy, le emissioni di diossina sono state ridotte in modo significativo negli ultimi 30 anni. Il settore Waste-to-Energy è uno dei settori industriali più severamente regolamentati in Europa, con una quota inferiore allo 0,2% delle emissioni industriali totali di diossina». La stessa Confederazione afferma che, con inceneritore, s’intende un impianto destinato al trattamento termico di rifiuti ai fini dello smaltimento, senza recupero del calore prodotto dalla combustione.
Dove si trovano i termovalorizzatori in Italia
Se si vuole tracciare una mappa degli inceneritori in Italia, è bene contemplare anche gli impianti digestione anaerobica della frazione organica e dei fanghi di depurazione presenti sul territorio nazionale: si contano così 188 impianti (nel 2022). Essi hanno prodotto circa 7 milioni di MWh di energia, un quantitativo in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 2,6 milioni di famiglie, come rilevato dal “Rapporto sul Recupero Energetico da rifiuti in Italia” realizzato da Utilitalia e Ispra.
In Italia ci sono 36 termovalorizzatori, secondo i dati ufficiali Ispra (2023): sul totale, 25 sono al Nord. Agli impianti di incenerimento con recupero di energia sono avviati circa 2 milioni di tonnellate di rifiuti. Negli anni, il numero degli impianti nazionali è calato: basti pensare che, nel 2013, operavano 48 termovalorizzatori.
Che rifiuti trattano
I termovalorizzatori trattano rifiuti urbani e rifiuti derivanti dal trattamento degli stessi, come rifiuti combustibili, frazione secca e bioessicato, tutti rifiuti non riutilizzati o riciclati con la raccolta differenziata.
Va detto che la gerarchia dei rifiuti dell’UE stabilisce un ordine di priorità tra le azioni di gestione dei rifiuti: prima di tutto c’è la prevenzione, poi la preparazione per il riutilizzo, il riciclo, il recupero e, infine lo smaltimento. La prevenzione passa, prima di tutto, dall’evitare di trasformare un prodotto in un rifiuto. La raccolta differenziata è un altro punto fondante della visione europea che, in Italia, si attesta a livello nazionale al 65,2% della produzione nazionale (dati 2022).
Nuovi termovalorizzatori sorgeranno
Per quanto riguarda la realizzazione di nuovi inceneritori in Italia, ne sono previsti due nuovi in Sicilia, a Palermo e a Catania, come prevede il nuovo Piano di gestione dei rifiuti approvato dalla giunta regionale. Inoltre, lo scorso ottobre, è stato presentato il progetto del termovalorizzatore di Roma Capitale, definito “uno degli impianti più avanzati al mondo sotto il profilo delle performance industriali, delle caratteristiche ambientali, di recupero e riciclo”, ha affermato il Sindaco, Roberto Gualtieri.
In Calabria si parla da tempo del raddoppio e completamento del termovalorizzatore di Gioia Tauro, mentre in Puglia, tra Bari e Modugno, sorgerà (tra le contestazioni, poi concluse con la sentenza della Corte Costituzionale) un impianto di ossicombustione, che ne fanno un impianto all’avanguardia nel panorama degli inceneritori di rifiuti in Italia.
Andrea Ballocchi