Nato da un partenariato tra Malta e Sicilia, il progetto MicroWatTS sta mettendo a punto un sistema di purificazione che permette il riutilizzo dell'acqua per irrigazione e servizi igenici e di risparmiare fino al 30% di acqua potabile
Le acqua grigie purificate possono essere immagazzinate per sciacquare i servizi igienici o le piante d’innaffiatura, permettendo di risparmiare fino al 30% di acqua potabile utilizzata nella maggior parte delle famiglie.
Un sistema di trattamento dell’acque grigie (cioè quelle acque che provengono da docce, vasche da bagno e lavandini e che sono libere da materiale fecale e di scarico della cucina) che sfrutta le nanotecnologie e la luce solare. È questo l’obiettivo del progetto di ricerca MicroWatTS, nato da un partenariato di eccellenza tra l’Università di Malta (ente capofila), il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) di Catania, MCAST (Malta College of Arts Science and Technology), l’Università di Catania e le due imprese Econetique e Plastica Alfa. Il progetto MicroWatTS (micro sistemi di trattamento delle acque reflue che utilizzano superfici fotocatalitiche) che è stato finanziato per 2,5 milioni di euro dall’unione Europea nell’ambito del programma INTERREG V-A Italia Malta, di fatto risponde a tre criteri: dell’innovazione, perché punta a realizzare e produrre su larga scala sistemi di purificazione delle acque che utilizzano il sole, ecologici, efficienti e a bassa manutenzione; dell’applicazione, perché trasferisce le tecnologie avanzate di trattamento delle acque dal banco da laboratorio al pubblico, sviluppando reattori per il trattamento delle acque grigie industriali e domestici, su piccola scala; dei benefici sul piano ambientale ed economico perché questi reattori purificheranno le acque grigie, provenienti dalle lavanderie, dai lavandini, dalle docce delle abitazioni, per renderle riutilizzabili per usi agricoli o per usi domestici secondari. L’acqua grigia purificata può essere immagazzinata per sciacquare i servizi igienici o le piante d’innaffiatura, permettendo di risparmiare fino al 30% di acqua potabile utilizzata nella maggior parte delle famiglie.
«Il primo passo del progetto – spiegano i ricercatori – è stata l’identificazione di un numero di polimeri e superfici con potenziale fotocatalitico quindi capaci di degradare gli inquinanti dell’acqua attraverso l’irradiazione della luce. I campioni di prova sono stati caratterizzati e la loro efficacia fotocatalitica verrà testata periodicamente per valutare la loro capacità di decontaminazione dell’acqua».
Inoltre, i materiali migliori sono stati installati in assorbitori solari pilota progettati dai due partner delle due imprese e testati per 6 mesi eseguendo test batteriologici sull’acqua trattata. Le due imprese del progetto dovranno progettare e realizzare i sistemi di trattamento dell’acqua solare autonomi adatti a essere utilizzati in una tipica residenza domestica o in piccole industrie.
Il materiale fotocatalitico sintetizzato dal CNR e dall’università di Malta è in grado, grazie all’energia presa dal sole, di generare delle specie che degradano gli inquinanti sia di natura chimica che biologica: un fotocatalizzatore di successo è capace di convertire molecole complesse di inquinanti in molecole più semplici come il diossido di carbonio (CO 2 ) e l’acqua (H 2O). I materiali fotocatalitici sintetizzati dal Cnr sono il biossido di titanio (TiO 2 ) e l’ossido di Zinco (ZnO), materiali poco costosi, chimicamente stabili, non tossici e, soprattutto, con una resa eccellente se utilizzati in forma nanometrica.
«Per quanto le nanoparticelle abbiano una resa molto elevata – continuano i ricercatori – , purtroppo sono molto difficili da eliminare dall’acqua dopo il processo di purificazione ed inoltre, sebbene ritenuto non tossico, l’effetto delle nanoparticelle sul corpo umano non è ancora noto».
Il team di MicroWatTs, infatti, mira a produrre fotocatalizzatori su substrati solidi eliminando così l’uso di nanoparticelle e dei loro problemi associati.