Tradizionale, biologico, biodinamico, naturale. Ormai non è più sufficiente dire soltanto vino per comprendere cosa si versa nel bicchiere. Al di là del vitigno di partenza e del terroir in cui il vigneto è impiantato, a definire il vino sono anche i metodi di coltivazione delle piante e le pratiche enologiche attraverso le quali avviene la vinificazione e si ottiene la bevanda alcolica che da migliaia di anni accompagna la vita dell’uomo.

Foto di Kym Ellis / Unsplash
Vino, una questione (anche) di definizione
Secondo il Regolamento della Comunità Europea n. 491 del 25 maggio 2009 il vino è il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche, pigiate o no, o di mosti di uve. A disciplinare il vino in Italia è il Testo Unico Vino, ovvero la Legge 12 dicembre 2016, n. 238, che nell’articolo 1 stabilisce che il sistema vino è «un patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale» introducendo anche il concetto di sostenibilità ambientale.

Foto di Al Elmes / Unsplash
Le tipologie di vino a seconda della lavorazione
Fino a qualche decennio fa non c’era bisogno di alcuna precisazione quando si parlava di vino perché quasi tutto veniva realizzato con pratiche molto simili. Via via che la sensibilità ambientale e le buone pratiche agricole si sono diffuse anche il modo di fare il vino è cambiato. Oggi è necessario fare una distinzione tra vino convenzionale, biologico, biodinamico e naturale. Scopriamo le caratteristiche di ciascuna tipologia.
Vino convenzionale
Il vino convenzionale è prodotto da cantine che coltivano i loro vigneti con l’agricoltura convenzionale, ricorrendo quindi ai prodotti chimici (dai diserbanti ai pesticidi) o a lotta integrata con l’utilizzo della chimica quando necessario, e usano gli additivi in cantina tra cui i solfiti che fungono da disinfettante e stabilizzante.
Vino biologico
Il vino biologico viene prodotto con uve coltivate biologicamente utilizzando in cantina soltanto le pratiche enologiche ammesse dalla legge approvata a marzo 2012 ed entrata in vigore nel mese di agosto dello stesso anno. In cantina sono ammessi ingredienti di origine naturale, siano essi vegetali, animali e microbiologici, inclusi lieviti e batteri. Il regolamento fissa anche il tenore massimo dei solfiti.
Vino biodinamico
Il vino biodinamico viene prodotto da uve coltivate secondo i principi dell’agricoltura biodinamica che prende le mosse dalle teorie dell’antroposofo Rudolf Steiner. Il sovescio della terra, le essenze piantate tra i filari, la distribuzione di preparati (molto contestati dagli scienziati) come il corno letame e il corno silice, la difesa fitosanitaria con l’utilizzo di zolfo e rame entro determinati limiti sono alcuni dei dettami dei principi della coltivazione biodinamica della vite. In cantina i produttori di vini biodinamici non aggiungono starter per la fermentazione e hanno dei limiti molto bassi per l’aggiunta di anidride solforosa. Non essendo la produzione di vino biodinamico normata dalla legislazione italiana, ogni associazione che rilascia certificazioni volontarie, come Demeter e Biodyvin, stabilisce le regole per i propri associati.
Vino naturale
L’ultima categoria è quella del vino naturale. Si tratta, anche in questo caso, di una categoria che non rientra tra quelle normate e fa riferimento ad alcune associazioni alle quali i produttori possono aderire su base volontaria. L’aggettivo naturale connota le pratiche in vigna, dove è vietato l’utilizzo di pesticidi e prodotti chimici e si fa la raccolta a mano. In cantina ci si affida alla fermentazione spontanea e si riduce al massimo l’aggiunta dei solfiti.
Mariella Caruso