Ecco come possiamo invertire la rotta su ambiente, giovani e futuro secondo il noto attore e convinto ambientalista, fra i green influencer più seguiti e amati nel nostro Paese
Ambientalista convinto, fra i green influencer più seguiti in Italia, attore e regista tra i più amati nel nostro Paese, impegnato su molti fronti, diritti civili compresi, spesso anche con prese di posizione “scomode” in grado di fare rumore. Alessandro Gassmann, on air con svariati progetti in tv e sul grande schermo (fra tutti, Non odiare di Mauro Mancini, con cui è candidato come migliore attore protagonista ai Nastri d’Argento, Il silenzio grande, Ritorno al crimine e Pataffio, sempre per il cinema, e Un professore e I bastardi di Pizzofalcone per la tv) ne è convinto: possiamo invertire la rotta. Sul fronte ambiente, perché il pianeta non può più aspettare, ma anche politica e corruzione, per dare un presente e soprattutto un futuro ai nostri giovani.
Anche quest’anno la Giornata mondiale dell’ambiente pone la questione sull’urgenza, ormai non più procastinabile, di passare dalle parole ai fatti, perché il pianeta non può proprio più aspettare. Cosa possiamo fare, ognuno nel suo piccolo?
Possiamo fare tanto, semplicemente perchè siamo tanti. Se ognuno facesse un gesto anche microscopico, come per esempio raccogliere le sigarette da terra, che inquinano, intasano tombini e arrivano fino al mare, potremmo ottenere risultati importanti. È un po’ su questa convinzione che è nato “Green Heroes”, grazie all’incontro qualche anno fa con Annalisa Corrado, scienziata ed ex eurodeputata, che mi ha introdotto al Kyoto Club, che promuove la transizione ecologica della società. Gli imprenditori che investono nell’economia sostenibile, i cittadini che difendono l’ambiente sono tanti e bisogna far conoscere le loro storie e il loro impegno, perchè è un modo per promuovere fra la gente, a tutti i livelli, una nuova cultura, per far capire alle persone che non si può ormai più prescindere dalla cura dell’ambiente e dall’attenzione ai cambiamenti climatici. Non possiamo più aspettare e dobbiamo cercare di recuperare i danni che abbiamo fatto al pianeta!
Ci rimane poco tempo ormai per invertire una rotta che altrimenti non sarà più possibile invertire. Quale la cosa più urgente da fare?
Premere, uniti, sui governi perché dichiarino finalmente in modo netto e definitivo che la difesa dell’ambiente è una questione centrale e tutto il resto ne è conseguenza perché non abbiamo un altro pianeta e, se continuiamo a distruggerlo, distruggeremo noi stessi. Bisogna innanzitutto rispettare gli accordi di Kyoto sul riscaldamento globale: alcuni paesi si sono allineati in modo netto, penso per esempio ai paesi scandinavi, alla Danimarca che entro il 2030 sarà autonoma dal punto di vista energetico, altri, come l’Italia, meno, sebbene abbiamo molte storie ed esperienze all’avanguardia, che è ciò a cui cerchiamo di dare visibilità tramite Green Heroes.
Cosa ne pensa del Piano nazionale di ripresa e resilienza del Governo?
L’incipit, i propositi, sono stati molto buoni ma, man mano che si esplicitano i sistemi con cui attuarli, beh, diciamo che non è proprio quello che mi aspettavo. D’altronde se la più grande multinazionale che abbiamo in Italia, l’Eni, continua a riservare un’ampia parte del suo business ai combustibili fossili, tanto per fare un esempio, vuol dire che qualcosa non funziona ed è un qualcosa che va contro il futuro dei nostri figli. Questo è solo un esempio ovviamente per dire che da Eni come dal Governo mi aspetterei, vista la situazione, qualcosa di più coraggioso e lungimirante. Capisco che i combustibili fossili, il petrolio, rappresentano la base su cui abbiamo fondato tutto il nostro sistema finora e che è difficile invertire la marcia, ma non possiamo più veramente permetterci di riscaldare ulteriormente il pianeta. E lo dice uno che è pluricolpevole, perché ha da sempre contribuito a riscaldarlo utilizzando per esempio la macchina a benzina o il gas per riscaldare la propria casa, ma spero davvero che in futuro le cose possano cambiare e che anche l’Europa possa spingere l’Italia a rafforzare misure e iniziative che ad oggi nel PNRR mi sembrano piuttosto deboli. Perché, ripeto, ne va del futuro dei nostri ragazzi.
Beh, è noto, che questo non è un Paese per giovani…
Assolutamente sì, purtroppo. Abbiamo fra le più alte percentuali di disoccupazione giovanile e c’è una ereditarietà delle poltrone a volte imbarazzante. In Italia chi nasce povero ha pochissime possibilità di morire ricco perché l’ascesa sociale è praticamente bloccata. I nostri ragazzi sono fortissimi, in gamba, bisogna dargli spazio, fare due, tre passi indietro noi più anziani, e lasciarli lavorare. Sono tecnologici, veloci, sorprendenti e anche molto sfortunati perché a 18 anni si trovano a vivere in un momento storico in cui la visione del futuro non li aiuta. Io ho avuto la fortuna di vivere i miei 18 anni negli anni ’80, dove tutto sembrava possibile: una bella differenza!
I nostri giovani vanno, quindi, aiutati e sostenuti, hanno grandi capacità e sono molto informati. Con i mezzi che hanno a disposizione oggi ed essendo nativi digitali hanno una velocità nell’informarsi e una capacità di accesso a una tale vastitià di dati e informazioni che è davvero incredibile. Sono quindi molto piu forti di noialtri. È una guerra generazionale sempre più evidente che ho avuto modo di toccare con mano ancora di più nella serie tv Un professore (in cui interpreta un docente che utilizza la filosofia come strumento per aiutare i suoi studenti a risolvere i loro problemi quotidiani, ndr), tramite la quale sono venuto in contatto con molti ragazzi. Lo dimostra il fatto che il simbolo di questa lotta generazionale è Greta Thunberg, una ragazzina che quando ha iniziato la sua battaglia aveva 16 anni! Ammiro molto i nostri ragazzi e, nel mio piccolo, li aiuto se posso, e non solo mio figlio, che ha 22 anni.
Come Paese siamo indietro anche sul fronte dei diritti civili. Lo dimostrano tutte le polemiche sollevate dal disegno di legge Zan.
Credo innanzitutto sia incredibile che nel 2021 ci sia ancora la necessità di fare una legge per proteggere le persone e le diversità. Le violenze contro donne, omosessuali, stranieri sono all’ordine del giorno e ovviamente non sono tollerabili. Per le persone violente, che più che persone sono “uomini della pietra”, penso ci sia bisogno di regole molto dure perché bisogna avere rispetto per gli altri, per chi non la pensa come noi, perché ognuno è libero di essere se stesso e ognuno deve vedersi riconosciuti i propri diritti, che sia lo Ius soli, per il quale io sono pienamente d’accordo, sia che si tratti di tutto ciò che salvaguardia la dignità umana. Oggi forse c’è anche bisogno di riscoprire un po’ il peso delle parole.
Faccio un esempio: sento sempre più spesso le persone e i giovani, lo vedo anche con mio figlio, dire “ti voglio bene”, subito, anche quando ci si è appena conosciuti. Ma per voler bene veramente a qualcuno non dovresti prima conoscere a fondo una persona? Come puoi dirgli ti voglio bene se a malapena la conosci? Oggi si punta esageratamente sull’immagine e poco sui contenuti, così, anche a livello politico, spesso si vota basandosi sulle foto carine che uno mette sui social e non in base alle idee e ai programmi effettivi!
Il discorso della violenza è indicativo anche di una certa rabbia e di un certo odio sempre più dilaganti nel Paese, un tema che peraltro viene sviscerato nel film Non odiare di Mauro Mancini, con cui lei candidato come migliore attore protagonista ai Nastri d’Argento…
Il tema dell’odio, che circonda la nostra società e che ha portato in passato a cose orribili – pensiamo soltanto al nazifascismo e alla Shoah – non va sottovalutato, a maggior ragione in un mondo come il nostro che attraverso la Rete offre luoghi protetti in cui si può insultare e aizzare le persone senza nessun rischio di essere colpiti. Perché proprio dalla Rete questo odio piano piano si sta riversando nella vita di tutti i giorni. Chi insulta o minaccia le persone sui social, dietro un pc o un telefono, scatena reazioni che in questo Paese possono essere molto pericolose. Nel film si parla di tutto ciò, ma anche di perdono, di comprensione fra persone che la pensano in modo opposto, della necessità di recuperare un approccio più umano, smettendo di urlare e cercando invece di capire meglio l’altro, il diverso da me, per trovare insieme soluzioni ai problemi. La pandemia ci ha allontananti e dobbiamo riavvicinarci l’uno all’altro con un’attenzione e un rispetto maggiori rispetto a prima.
La pandemia ha acuito questo processo in atto secondo lei? Abbiamo forse perso l’opportunità di fermarci e rivedere un po’ le nostre vite e il sistema socio-economico che abbiamo portato avanti negli ultimi decenni?
Sicuramente ha acuito certi processi già in atto e non ci ha insegnato quello che mi auguravo ci insegnasse. Per esempio la riscoperta di un maggiore senso della comunità e del rispetto della cosa comune, su cui l’Italia è un po’ indietro rispetto ad altri paesi. D’altronde dopo oltre 126mila morti c’è ancora gente che se ne frega, c’è gente che ha lucrato su mascherine e altre cose fondamentali per combattere il virus. Purtroppo il problema centrale dell’Italia, e con la pandemia l’abbiamo capito ancora di più, è la corruzione, che è capillarmente presente nel nostro Paese, in tutti i campi e a tutti i livelli.
Come se ne esce?
Con la partecipazione. Non bisogna arrendersi e le persone oneste devono unirsi e spingere verso il cambiamento, rimboccandosi le maniche e rimettendo in campo le nostre qualità migliori, quelle che hanno animato gli italiani alla fine di periodi di grande difficoltà come il Ventennio fascista o il Dopoguerra, perché il nostro popolo, è noto, tira fuori il meglio di sé solo quando è sull’orlo del baratro e non ha più alternative. Forse a questo punto viene da pensare che l’unica soluzione sarebbe un tracollo verticale, perché evidentemente non siamo ancora stati messi abbastanza alla prova e quello della pandemia che stiamo vivendo non è ancora sufficiente per un salto di qualità di questo genere!
Una società saggia da dove dovrebbe ripartire?
Dall’attenzione ai più deboli e dalla scuola, fondamentale in una società. E poi dalla ricerca e dalla presa di coscienza, che deve essere però netta e deve tradursi in azioni concrete a livello individuale come di decisioni strategiche prese dalla politica, che i cambiamenti climatici, se non li risolveremo nel poco tempo che ci è rimasto per invertire la rotta, rappresenteranno l’unico problema che avremo e non ci sarà spazio per tutto il resto. Ci conviene pertanto impegnarci sul serio e in modo netto a questo problema il prima possibile perché siamo già tremendamente in ritardo.
Per di più, e su questo bisogna attuare un salto di qualità a livello culturale, bisogna capire che occuparsi del clima e dell’ambiente, oltre a salvaguardare il pianeta, la nostra unica casa, e garantire un futuro ai nostri figli, è anche molto redditizio. Il cambiamento in chiave ecosostenibile può, infatti, portare molti posti di lavoro e per chi fa impresa la sostenibilità rappresenta una grande possibilità, anche perché chi non si adegua oggi a questo nuovo tipo di approccio si troverà sul mercato in ritardo rispetto a chi avrà invece avviato per tempo un percorso in tal senso.
Vincenzo Petraglia
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