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Matteo Cerri: «Entro il 2030 l’uomo ibernato andrà su Marte»

di Fabio Di Todaro
1 Giugno 2016

Matteo Cerri, medico e ricercatore in neurofisiologia all'Università di Bologna, spiega come la sua ricerca renderà possibile addormentare alcune funzioni cerebrali

Allo studio dell'Agenzia Spaziale Europea, la possibilità di portare l'uomo ibernato entro il 2030 su Marte, the_ashrookinstagram/instagramSentirlo parlare fa uno strano effetto: a qualcuno può sembrare un visionario, ad altri apparire un uomo in grado di riscrivere la scienza. Come tutti gli scienziati coraggiosi, Matteo Cerri, medico e ricercatore in neurofisiologia all’Università di Bologna, è un ottimista che rimarresti ad ascoltare per ore, data la sua capacità di far apparire come prossimo qualcosa che per il momento non esiste ancora. Lo scienziato emiliano è stato incaricato dall’Agenzia Spaziale Europea di studiare l’ibernazione degli esseri umani. Un passaggio che viene ritenuto cruciale per inviare l’uomo su Marte entro il 2030 e di cui Cerri ha parlato nel corso del suo intervento al Wired Next Fest.
Perché l’ibernazione è considerata così interessante?
«Ibernare vuol dire ridurre al minimo le funzioni vitali: il battito cardiaco e la respirazione rallentano, il metabolismo si riduce e la temperatura corporea si abbassa. Si tratta di una strategia difensiva che molti animali già utilizzano in natura, per sopravvivere a condizioni estreme. Non va confusa col sonno né con la crioconservazione: una volta risvegliato, l’essere vivente riprende le sue funzioni normali come se nulla fosse accaduto».

Qual è il vantaggio di poter, un giorno, «congelare» l’uomo?
«Qui non si discute di poter resuscitare una persona. L’ibernazione è un processo che viene regolato a livello cerebrale, «silenziando» per un periodo di tempo alcune funzioni vitali che restano però attive. È quello che fanno gli scoiattoli, gli orsi e i criceti durante l’inverno, quando vanno in letargo per ridurre al minimo il dispendio energetico in un periodo di scarso accesso al cibo. Questa capacità, invece, non appartiene spontaneamente all’uomo».
 
Perché l’uomo non è capace di ibernarsi?

«La capacità è stata persa nel corso del periodo evolutivo, perché l’uomo, come tutti i mammiferi, nel periodo in cui ha vissuto gomito a gomito con i dinosauri ha imparato a generare il calore dall’interno e regolare la propria temperatura corporea. Una volta che sono scomparsi i dinosauri, non era più necessario andare in torpore, se non per chi è finito a vivere in zone dal clima molto rigido. Il set di geni che determina questa possibilità appartiene a tutti i mammiferi: è questo che ci fa pensare che anche l’uomo avrebbe la possibilità di ibernare».

Con quali opportunità?

«Abbassando la richiesta energetica attraverso una riduzione della temperatura corporea fino a venti gradi, si potrebbero limitare i danni di un organo, in attesa che riprenda le sue funzioni. Ecco perché, per esempio, l’arresto cardiaco, gli infarti e gli ictus cerebrali rappresentano tre condizioni che potrebbero trarre un beneficio dall’ibernazione».

Come si può ridurre quasi a zero la richiesta energetica dell’uomo?

«Modificando una piccola area del cervello, il raphe pallidus, che ha il compito di accendere o spegnere il nostro motore. Non comanda tutti gli organi, ma solo quelli che possono avere un notevole dispendio energetico. È quello che abbiamo fatto nel 2013 in un ratto, intervenendo sull’interruttore che determina lo stato di ipotermia. L’attività del raphe pallidus, che attraverso l’imaging è risultata comune a quasi tutti i mammiferi, è stata interrotta iniettando una sostanza con una microcannula. Una volta finito il suo effetto, il topo è tornato alla sua normale attività. Adesso ci stiamo provando con il Nel 2030 l'uomo ibernato potrebbe andare su Marte, Image by iStockmaiale, ma l’esperimento è ancora in corso. Servirà un anno e mezzo di lavoro per avere risultati definitivi, ma le prime conclusioni sono incoraggianti».

Dove volete arrivare?

«Le nostre ricerche hanno attirato l’attenzione dell’Agenzia Spaziale Europea, che punta a inviare l’uomo su Marte entro il 2030. Nelle condizioni estreme in cui si trovano a vivere gli astronauti, indurre un breve periodo di ibernazione potrebbe contribuire alla buona riuscita della missione».

Viaggi spaziali e ibernazione saranno mai possibili?
«I tempi della scienza sono dilatati anche dalla burocrazia, ma io sono ottimista».

Twitter @fabioditodaro

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