Wise Society : All’IIT l’elettronica diventa commestibile

All’IIT l’elettronica diventa commestibile

di Fabio Di Todaro
23 Dicembre 2019

Il ricercatore Mario Caironi ha inventato una pillola «elettronica» ingeribile, controllata da radiofrequenze in grado sia di rilevare il livello di pH sia di rilasciare a comando alcuni farmaci all’interno dell’intestino.

Dispositivi biomedici elettronici da ingerire per garantirsi un monitoraggio continuo dello stato di salute nel tratto gastrointestinale. Ed etichette da apporre direttamente sugli alimenti, per controllarne lo stato di conservazione e per garantirne l’autenticità. Queste sono soltanto alcune delle applicazioni che potrà trovare la ricerca di Mario Caironi, tra i vincitori dell’ultima competizione dell’European Research Council (Erc). Il suo progetto sarà realizzato nei laboratori del Centro di nanoscienze e tecnologie dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Milano, con la dote messa in palio dalla Commissione Europea: circa 2 milioni di euro per 5 anni.

NUOVE PROSPETTIVE DALLA MICROELETTRONICA – Attraverso questo progetto, l’obbiettivo è quello di sviluppare una nuova piattaforma tecnologica che permetta di introdurre, in modo impercettibile, sensori ed intelligenza. Nonché la capacità di comunicare con l’esterno, in qualsiasi materiale o oggetto commestibile. Il piano di ricerca ambizioso sarà attuato lungo due linee di sviluppo. Da una parte Caironi studierà le proprietà elettroniche dei prodotti e dei derivati alimentari, per poi unirli a materiali di sintesi commestibili. Così sarà possibile dare vita a una nuova libreria di materiali elettronici edibili. Dall’altra, si focalizzerà sullo sviluppo di processi di stampa e di scrittura diretta che permetteranno di fabbricare circuiti commestibili impercettibili, con il grado di precisione offerto dalla microelettronica. Le attività di studio convergeranno nella realizzazione di due primi dimostratori. Il primo sarà una pillola «elettronica» ingeribile, controllata da radiofrequenze e in grado sia di rilevare il livello di pH sia di rilasciare a comando alcuni farmaci all’interno dell’intestino. Il secondo sarà un’etichetta «smart», anch’essa in grado di ricevere ed emettere radiofrequenze: utilizzabile all’interno o sulla superficie dei cibi per evitare l’alterazione nella filiera alimentare.

UN SISTEMA PER EVITARE LO SPRECO ALIMENTARE – Il sistema dovrebbe funzionare più o meno così. Dentro al cibo si mettono sensori in grado di rilevare la decomposizione dell’alimento, realizzati su supporti cartacei del tutto simili a quelli dei tatuaggi per i bambini. Questi sensori comunicano poi all’esterno: con un’etichetta «intelligente», se non proprio con il frigorifero o attraverso una app del telefono. Ad alimentare l’impianto saranno piccole celle fotovoltaiche in grado di sfruttare anche la luce artificiale. Caironi è convinto che «questi saranno strumenti in grado di evitare lo spreco di cibo su larga scala, ma non solo». E in effetti, le applicazioni pratiche di questo sistema sfiorano l’inimmaginabile. Si potranno avere pillole «intelligenti», per esempio, in grado comunicare in tempo reale la quantità di farmaco assunta.

Mario Caironi, tra i vincitori dell’ultima competizione dell’European Research Council (Erc). Il suo progetto sarà realizzato nei laboratori del Centro di nanoscienze e tecnologie dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) a Milano, con la dote messa in palio dalla Commissione Europea: circa 2 milioni di euro per 5 anni, Foto: D.Farina Credits: © 2016 IIT

ERC PER 23 ITALIANI (7 PROGETTI NEL NOSTRO PAESE) – Caironi, responsabile del progetto, è un ingegnere elettronico con un dottorato in ingegneria dell’informazione. Dopo essersi formato a Milano, è volato in Inghilterra per un ulteriore periodo di ricerca. A Cambridge si è fermato per tre anni, lavorando sulla stampa ad alta risoluzione di transistor organici e circuiti e sullo studio delle proprietà elettroniche dei polimeri semiconduttori. Nel 2010 il rientro in Italia, cui è seguito cinque anni più tardi il primo finanziamento Erc. Adesso è giunto il «bis», con un grant che costituisce una parte dei 600 milioni di euro di investimento complessivo voluto dall’Unione Europea nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020. I ricercatori vincitori sono risultati 301, di 37 nazionalità diverse e che condurranno i loro progetti in 24 paesi europei. Gli italiani sono risultati 23: al quarto posto dopo tedeschi, francesi e olandesi. Ma soltanto sette di loro realizzeranno il loro progetto nel nostro Paese. Oltre all’Istituto Italiano di Tecnologia, a ospitarli saranno la Sissa di Trieste, la Scuola Normale Superiore di Pisa, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, il Politecnico di Milano, l’Università di Modena e Reggio Emilia e l’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Twitter @fabioditodaro

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