Secondo i medici infettivologi i batteri resistenti possono essere incontrati spesso durante vacanze in aree come il Sudest Asiatico, l’Africa, il Sudamerica e possono sviluppare malattie come infezioni urinarie o respiratorie
Sono un souvenir poco gradito, ma molto diffuso. I batteri resistenti agli antibiotici sono fra i ricordi di viaggio più comuni per gli italiani. Poco meno di due milioni di connazionali quest’anno sceglieranno un Paese tropicale o subtropicale per le loro vacanze. E uno di loro su 4, quasi 500mila persone, rientrerà portandosi appresso germi difficili da eliminare con le cure antibiotiche standard. «I dati più recenti a disposizione indicano che circa il 25% dei viaggiatori di rientro da mete esotiche è colonizzato da germi resistenti agli antibiotici: succede soprattutto ai 20-30enni che viaggiano di più, più a lungo e spostandosi anche in zone disagevoli e aree più a rischio per ‘brutti incontri’» – spiega Francesco Menichetti, docente di malattie infettive all’Università di Pisa e coordinatore del Gruppo Italiano per la Stewardship Antimicrobica (Gisa).
IN VACANZA COI BATTERI RESISTENTI – I batteri resistenti possono essere incontrati spesso durante vacanze in aree come il Sudest Asiatico, l’Africa, il Sudamerica e tutte le nazioni a basso-medio reddito e costituiscono un rischio per il viaggiatore stesso e per la sua comunità, al rientro. Se si viene colonizzati da questi germi, infatti, si possono sviluppare malattie come infezioni urinarie o infezioni respiratorie ma soprattutto si può essere un serbatoio di batteri per persone più fragili, come anziani o soggetti con patologie debilitanti. Basta poco per passare loro i germi, è sufficiente un’igiene scarsa delle mani per diventare “untori”. Un germe resistente agli antibiotici che contagi un anziano diventa un problema serio, perché le armi a disposizione sono spuntate e le capacità di reazione del paziente scarse a causa dell’età e spesso di altre malattie concomitanti. Accanto ai rischi classici, come dengue, malaria o diarrea del viaggiatore, esistono perciò anche pericoli più subdoli connessi alle vacanze: chi è colonizzato da germi resistenti infatti non necessariamente sviluppa sintomi eclatanti, se i batteri restano confinati all’intestino come spesso accade, ma ha addosso una sorta di “bomba a orologeria” pronta a esplodere.
I CAMPANELLI D’ALLARME – «Siamo abituati a pensare di poter essere contagiati dai batteri resistenti solo in contesti ospedalieri ma non è così, anche i viaggi in Paesi tropicali e subtropicali sono un fattore di rischio – riprende Menichetti -. Secondo le stime, su 100mila viaggiatori che restano un mese all’estero, uno su due avrà disturbi durante il viaggio, 8000 dovranno recarsi dal medico, 5000 saranno costretti almeno un po’ a letto e 300 saranno ricoverati nel corso della vacanza o al rientro. Sono soprattutto questi soggetti a essere ad alto rischio di colonizzazione di germi resistenti. Così, se durante la vacanza si è avuto un episodio di diarrea o una febbre, se si sono dovuti prendere antibiotici, se si è stati ricoverati o si è andati in un pronto soccorso per qualsiasi motivo, ma anche se si è stati in viaggio molto a lungo, è importante sospettare che ci possa essere stata una colonizzazione batterica. Rivolgersi al medico ed eventualmente sottoporsi a un tampone rettale per verificarlo può essere opportuno, soprattutto se si vive a stretto contatto con persone anziane o pazienti fragili». La prevenzione è tuttavia la migliore alleata: quando si viaggia in Paesi a rischio e dalla scarsa igiene è opportuno fare estrema attenzione all’igiene delle mani e all’alimentazione, evitando cibi crudi, le bibite non imbottigliate e il ghiaccio aggiunto alle bevande.
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