Wise Society : La nostra vita è in pericolo. È ora di agire
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La nostra vita è in pericolo. È ora di agire

di Ilaria Lucchetti
19 Dicembre 2011

Ridurre il traffico, razionalizzare il sistema energetico e ripensare i consumi. Ecco le cose da fare subito secondo Federico Butera scienziato e docente al Politecnico di Milano

Federico Maria ButeraFederico Maria Butera, 68 anni, è Docente di Fisica al Politecnico di Milano. Scienziato e divulgatore, ha svolto numerose attività di ricerca, tra cui quelle presso il Cnr e l’Enea. È stato il referente scientifico nell’ambito del progetto Leaf House, la Casa Foglia, innovativo edificio costruito nelle Marche, ad Angeli di Rosola (Ancona) completamente autonomo dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico. Tra i primi esponenti dell’ambientalismo scientifico italiano, è convinto sostenitore di pratiche che portino a una riduzione dei consumi energetici, unitamente al potenziamento della produzione da fonti rinnovabili al posto di quelle fossili. Lo abbiamo incontrato per capire qualcosa in più sul futuro che ci aspetta e sulle “best practices” da adottare per limitare i danni già in atto su vari fronti: dal riscaldamento globale e il fotovoltaico al Protocollo di Kyoto e al nucleare nei Paesi in via di sviluppo.

Il rischio dei danni ambientali

 

Secondo uno studio presentato a maggio dall’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), entro il 2050 le energie rinnovabili potrebbero coprire quasi l’80 percento del fabbisogno energetico mondiale. Lei crede che ci sia la volontà politica di andare in questa direzione?

Image by © Ikon Images/CorbisNo, si investiranno le stesse somme nelle fonti fossili e nella conservazione del modello attuale. Ma, in un certo senso, le rinnovabili sono l’ultima cosa a cui pensare. La prima cosa da fare è la razionalizzazione del sistema energetico perché l’80 percento della riduzione viene dall’efficienza. Fatto questo, il 20 percento che resta si può coprire con le rinnovabili. Come fare? Primo: il 40 percento delle emissioni di CO2 è dovuta ai trasporti. Quindi dovrebbero circolare soltanto auto in car-sharing e vetture elettriche, o al massimo ibride. Ma chi vuole questa svolta? Secondo: è fattibile fare a meno della macchina e andare a piedi o in bicicletta se si torna al negozio di quartiere e si abbandona la logica dei centri commerciali. Poi si dovrebbero ripensare i consumi: faccio l’esempio dei tanti elettrodomestici che tutti abbiamo in casa e che, se si guastano, non conviene far aggiustare, ma comprare nuovi. Ciò perché la riparazione è resa difficile a causa del modo in cui il prodotto è deliberatamente realizzato. Inoltre vanno potenziati gli investimenti di isolamento degli edifici e di progettazione sostenibile. Infine andrebbe rivisto alla base il concetto secondo cui la crescita è sinonimo di benessere. Basta guardare alla crisi in cui ci troviamo. Diceva Einstein: «Non è possibile risolvere un problema con gli stessi mezzi che lo hanno causato».

Nonostante Fukushima, il Bangladesh ha stretto un accordo con l’agenzia russa Rosatom per la costruzione della sua prima centrale nucleare. I Paesi in via di sviluppo sono destinati a passare da questa forma di produzione di energia?

Ci passeranno se saranno vittima della corruzione esercitata su di loro da queste grandi multinazionali. Perché ai Paesi in via di sviluppo non può servire una centrale nucleare, che già viene gestita con difficoltà anche dalle nazioni cosiddette avanzate. Oltretutto a quei Paesi, per loro natura, non è utile la produzione concentrata di energia, ma dovrebbero puntare sulla decentrata. E infine costituirebbe una forma di dipendenza verso lo Stato che gliel’ha venduta in termini di manutenzione, approvvigionamento delle barre di combustibile e residui esausti da smaltire.

I vantaggi delle fonti alternative

 

Anche se non particolarmente soleggiata, la Germania è più avanti di noi nella produzione di rinnovabili e ha creato un vera industria nel settore dei pannelli fotovoltaici. Perché in Italia faticano a decollare queste forme alternative?

Perché in Germania sono stati più lungimiranti, hanno avuto politiche ambientali diverse ed efficaci e hanno capito che poteva anche essere un business, tant’è vero che esportano le tecnologie per la conversione delle rinnovabili che hanno sviluppato e usato, prima di tutto, a casa loro. Noi iniziamo soltanto ora ad avere qualche fabbrica di pannelli, finora li abbiamo comprati. Inoltre i tedeschi hanno una sensibilità ambientale molto più spiccata della nostra.

Lei ha supervisionato il progetto della Leaf House, la Casa Foglia, realizzate in provincia di Ancona completamente autonoma dal punto di vista energetico e a emissioni zero. Ci spiega di cosa si tratta, i costi e i tempi di ammortamento?

Disegno sul trattamento del aria e distribuzione termica, "Leaf House"La Leaf House è una casa a energia zero come viene inteso in sede internazionale. Ciò significa che è autonoma per il riscaldamento, la climatizzazione, l’illuminazione e l’acqua calda, ma anche per il computer, la televisione, la lavabiancheria e gli altri apparecchi elettrici. Ed è una puntualizzazione non da poco se si considera che la percentuale di consumo di queste apparecchiature incide tra il 50 e il 75 percento del totale, a seconda che si confronti con i consumi del solo riscaldamento oppure ci si aggiunga anche quelli del condizionamento estivo. I tempi di ammortamento sono stati calcolati in vent’anni circa. Mentre riguardo ai costi è difficile fare stime perché si tratta di un prototipo. Però, una considerazione, è lecita. Su sei appartamenti ci sono 1.200 sensori e dai tre ai quattro computer che registrano i dati. Tutti oneri che in un edificio che non sia un prototipo non esisterebbero. Per lo stesso gruppo Loccioni siamo in fase di pre-progetto di un altro edificio a energia zero, stavolta a uso ufficio. Con l’obbiettivo che costi come uno normale in termini d’investimento. Mentre come costo totale, ovvero investimento più spese annuali di funzionamento, sia più vantaggioso. Questa appunto è la sfida.

Gli effetti del riscaldamento globale

 

Per cambiamento climatico si deve intendere il surriscaldamento globale, il global warming, o l’estremizzazione dei fenomeni?

Non c’è differenza, il cambiamento climatico è conseguenza dell’incremento della temperatura. Misurando la temperatura media della biosfera, si rileva che è aumentata e la conseguenza di questa variazione è il cambiamento del clima che si manifesta in molti modi, tra cui anche l’estremizzazione degli eventi climatici.

Informazioni comprensibili sui consumi energetici e lo stato energetico dell'edificio - Image by © Roger Hensel/epa/CorbisCome colpevole di solito si indica il CO2, quanto incidono gli altri “green house gases”, i gas a effetto serra o gas climalteranti?

Il 56 percento è da attribuire all’emissione di anidride carbonica per combustione di combustibili fossili e il 44 ai restanti gas climalteranti. In questi rientrano anche quelli della filiera agro-zootecnica che, stando a un rapporto FAO di un paio di anni fa, pesa per il 18 percento delle emissioni totali. Seconda soltanto alla emissioni di questi gas che viene dalla produzione di energia elettrica in tutto il mondo.

Sull’aumento delle temperature e le sue conseguenze talvolta sembra esserci discordanza anche tra voi scienziati. A chi deve credere l’opinione pubblica?

All’interno della comunità scientifica qualunque affermazione richiede di essere validata da un ampio numero di soggetti indipendenti. Coloro che smentiscono il riscaldamento globale sono persone che non hanno mai scritto un articolo su una ricerca fatta, poi pubblicata sulle riviste internazionali accreditate. Riviste dove ci sono i referee e dove persone che hanno lo stesso livello di competenze verificano che quanto è scritto sia giusto o supportato da evidenze scientifiche. E se questo non avviene, l’articolo viene cestinato. I signori che negano il cambiamento del clima non hanno mai fatto nulla del genere: ne ho in mente uno, spesso ospite di talk-show…In realtà, ci sono un paio di figure di rilievo che, con argomenti ragionevoli e pur prendendo atto delle premesse, sono meno catastrofisti. In pratica ritengono che i modelli di simulazione, usati per valutare gli effetti, siano talmente complessi da portare a degli errori intrinseci di sopravvalutazione delle conseguenze. Ma dubbi sul climate change non ce ne sono mai stati.

Le previsioni degli scienziati

 

Image by © Ikon Images/CorbisQuali sono gli scenari che ci aspettano?

La IPCC, già citata prima, raccoglie tutti i risultati della comunità scientifica in questo settore e stima al 2050 un incremento della temperatura di due gradi, se riusciamo a ridurre dell’85 percento le emissioni. Viceversa, se la riduzione sarà inferiore avremo temperature sempre più alte. Fino a immaginare la peggiore delle ipotesi, quella in cui il rialzo potrebbe toccare i quattro gradi e mezzo o addirittura cinque, e sarebbe la catastrofe totale. Un evento che si potrebbe verificare, e di cui pochi sono al corrente, è l’arresto della corrente del Golfo: tutta l’Europa entrerebbe in una fase di glaciazione. Con un aumento di due gradi, invece, si acutizzeranno fortemente le estremizzazioni climatiche, si ridurrà molto la produzione agricola dei Paesi già oggi colpiti dalla siccità con la conseguente crescita dei cosiddetti rifugiati ambientali, avremo danni economici incalcolabili e si moltiplicheranno le malattie infettive. Stiamo parlando di qualche centinaio di milioni di morti. Resta il fatto che si ritiene – anche se non è certo – questo incremento come l’ultima soglia prima del verificarsi di fenomeni improvvisi e catastrofici al punto da scardinare l’equilibrio dell’atmosfera.

E il protocollo di Kyoto?

Secondo alcuni è agli sgoccioli.

Quindi, che fare?

L’Europa sta andando avanti comunque, oltre il Protocollo, con il “Pacchetto Clima 20-20-20” da raggiungere entro il 2020: ovvero il taglio delle emissioni di gas serra del 20 percento, riduzione dei consumi energetici del 20 percento e ancora 20 percento del consumo da rinnovabili.

Però l’Europa è piccola confronto al resto del pianeta..

Si, purtroppo è proprio così. E più di tanto non siamo in grado di incidere.

 

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