La nascita di imprese innovative avviene sempre più spesso all’interno delle università, attraverso i cosiddetti “incubatori". Abbiamo incontrato la neo Presidente PNICube, che ci ha introdotto in questo mondo fatto di visione e innovazione
“L’incubatore” universitario non a caso rievoca nel nome la culla che consente ai nati prematuri di transitare in un ambiente simile al grembo materno, finchè non si è in grado di farcela da soli: si tratta infatti di un luogo protetto, in cui tante idee, frutto della ricerca accademica, hanno la possibilità di evolvere in impresa e qui un’impresa “neo-nata” può trovare una condizione favorevole alla sua crescita, per poter essere infine pronta a camminare sulle proprie gambe nel mercato.
In Italia ne esiste anche una rete: PNICube è infatti l’Associazione italiana degli incubatori universitari e delle business plan competition regionali, denominate StartCup, fondata con lo scopo di stimolare la nascita e accompagnare al mercato nuove imprese ad alto contenuto di conoscenza ed elevato impatto sociale, scaturite dalla ricerca accademica. Abbiamo avuto il piacere di incontrare la neo Presidente Paola M.A. Paniccia, dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, con cui abbiamo parlato di innovazione e sostenibilità, di gender gap e tanto altro.
PNICube è un’Associazione che riunisce gli incubatori e le Start Cup accademiche italiane. Ci può raccontare nella pratica come opera in supporto all’innovazione?
PNICube è una “rete nella rete” che dal 2003 opera in modo fattivo per promuovere e diffondere la cultura imprenditoriale in ambito accademico, per far incontrare gli attori chiave del processo innovativo (Università, Istituzioni e Imprese), per attivare a livello nazionale circuiti capaci poi di irradiare capillarmente – grazie alle Start Cup Regionali – energie positive nei territori, innescando circoli virtuosi e stimolando lo sviluppo di un ecosistema delle startup nate dalla Ricerca.
I risultati conseguiti nel corso di questi 20 anni di impegno – cito per esempio le 964 start up innovative che abbiamo finora selezionato e accompagnato al mercato – ci dicono chiaramente che la nostra formula è vincente, riconosciuta dall’OCSE come best practice internazionale.
Nel concreto, inoltre, PNICube supporta l’innovazione con due Premi a carattere nazionale: il PNI e l’Italian Master Startup Award. Si tratta di percorsi generativi che hanno come protagonisti ricercatori e studenti universitari, percorsi che valorizzano la creatività dei nostri giovani e contribuiscono alla nascita di imprese ad alto contenuto di conoscenza ed elevato impatto socio-ambientale.
Quanto è importante il contributo della Ricerca in questo particolare momento storico, soprattutto in riferimento al binomio innovazione-sostenibilità?
Fondamentale. Siamo convinti che innovazione e sostenibilità rappresentino il binomio su cui si gioca il futuro del nostro Paese. Ma quel binomio ha bisogno della Ricerca, per capire le connessioni e gestire la complessità, per rispondere alle domande e dare forma alle idee, per disegnare un domani che non lasci indietro nessuno. Per questo motivo le Università si stanno sempre più aprendo al mondo, scendono in campo “a servizio” della Società, lontane da una inavvicinabile “Torre d’avorio”, pronte al confronto, al dialogo, alla collaborazione e alla contaminazione.
Quali sono le politiche adottate da PNICube per rendere la diversity (a 360°) un valore? Quali gli ostacoli maggiori?
Per PNICube la diversità è ricchezza di prospettive, di sensibilità e di idee. Ci impegniamo per una cultura d’impresa aperta e sosteniamo fortemente team variegati per genere, età, etnia, formazione, abilità perché siamo convinti che siano una potente fonte di creatività, in grado di affrontare problemi complessi, di favorire l’innovazione di successo e la produzione di nuovo valore condiviso. Ci impegniamo affinché vincano le idee migliori, quelle che valorizzano le differenze, concentrandoci su ciò che la nostra Rete sa fare meglio: la scoperta di talenti, la formazione di imprenditori responsabili e con valori, la promozione di modelli di business sostenibili e inclusivi, fondati su un approccio integrato e sistemico ancora purtroppo non pienamente compreso.
L’onda lunga del Covid – soprattutto in questo particolare contesto storico – continua ad avere ripercussioni negative sulla parità di genere in Italia. Il divario tra uomini e donne è ancora più marcato nella ricerca e nell’innovazione e nei settori STEM in tutta Europa. Quali sono le azioni che possono aiutare a sradicare questo squilibrio dal suo punto di vista?
Secondo il Global Gender Gap Report del World Economic Forum, dovremo attendere oltre 130 anni per azzerare il divario di genere su scala globale, più di 150 in Italia. La strada è lunga e la pandemia ha rallentato alcuni progressi che si stavano cominciando a registrare.
Serve un vero, profondo cambiamento istituzionale e culturale. Serve impegnarsi con maggiore determinazione a favore dell’empowerment delle donne nel settore tecnologico, investendo in modo più incisivo nell’educazione digitale, scientifica e tecnologica. Nonostante le numerose iniziative sul fronte STEM, sono ancora grandi gli ostacoli per raggiungere l’uguaglianza di genere, prima di tutto per “promuovere il pieno contributo” delle donne all’innovazione e perseguire la parità di accesso “alle Silicon Valley di questo mondo”, per citare le parole del Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, chiamato a commentare, in occasione della Giornata internazionale della donna di quest’anno, i nuovi volti della disparità, in particolare quelli legati al digital gender gap.
Per cogliere appieno le potenzialità della trasformazione digitale, il must è riconoscere alle donne un ruolo essenziale come generatrici di tecnologia e di idee: noi lo facciamo.
E stiamo progressivamente assistendo nelle nostre Competizioni ad un aumento della partecipazione da parte di giovani ricercatrici e studentesse, una tendenza testimoniata anche dal Premio GammaDonna per l’imprenditoria femminile innovativa che in questo campo costituisce un piccolo ma significativo osservatorio dal 2004.
Emblematico è il caso del Lazio, in cui negli ultimi anni abbiamo registrato un trend crescente dei team a prevalenza femminile in gara alla Business Plan Competition Regionale. Lo scorso anno quasi la metà dei finalisti è stata rappresentata da donne per lo più under 35.
Lei è la prima donna alla guida della rete di incubatori universitari, e come lei ce ne sono altre ai vertici, che sicuramente sono di ispirazione per le nuove generazioni, ma siete molto poche, soprattutto in rapporto al numero di laureate… quanto è davvero difficile arrivare a certe cariche per una donna rispetto a un uomo?
La questione del glass ceiling è ancora aperta, anche se con importanti differenze tra settori. Per esempio, i numeri forniti dall’ONU in occasione dell’8 marzo raccontano che, a livello globale, nel settore tecnologico le donne occupano meno di un terzo delle posizioni di responsabilità e soffrono di un divario retributivo di genere di oltre il 20%.
Fortunatamente però molti segnali indicano che qualcosa sta cambiando. Sono sempre più numerose le organizzazioni che, al di là di una priorità strategica formale, stanno riconoscendo i vantaggi di avere una leadership al femminile: più creatività, più flessibilità, più capacità di relazione, analisi scoperta e problem solving, più sensibilità alle tematiche correlate alla sostenibilità.
Qual è il pregiudizio più forte contro cui ci si imbatte? È vero secondo lei che le donne non sono abbastanza ambiziose, o è uno dei pregiudizi di cui sopra?
Uno stereotipo di genere purtroppo ancora diffuso è considerare alcuni settori “non adatti alle donne”, in particolare quelli più innovativi. Questo pregiudizio pesa soprattutto per le giovani che vivono in condizioni di povertà educativa, influendo negativamente sulla motivazione e sull’autostima, scoraggiando il loro interesse per le materie STEM, limitando le opportunità di lavoro e di vita.
È recente la notizia di una partnership tra PNICube e Invitalia. Sulla base del Protocollo, Invitalia e PNICube si impegnano a mettere in campo capacità e competenze, avviando azioni coordinate di informazione, promozione e accompagnamento imprenditoriale. Ci può fare qualche esempio?
Questa Intesa rappresenta un nuovo, importante passo in avanti nel percorso intrapreso dalla nostra Rete per la costruzione di un modello per la valorizzazione imprenditoriale della Ricerca universitaria e per il supporto allo sviluppo di un ecosistema dell’innovazione. Partendo dai territori.
Accanto ad Invitalia, PNICube metterà in campo un programma di lavoro orientato, ad esempio, a moltiplicare le azioni a sostegno dell’imprenditorialità nelle Università, bacini enormi, straordinari di giovani talenti, ragazze e ragazzi. Ci poniamo l’obiettivo di lavorare in sinergia per rendere più fluidi ed efficaci i processi di trasferimento tecnologico, consolidare le attività di Ricerca (pubblica e privata), far crescere le opportunità offerte dagli incentivi finalizzati alla nascita e allo sviluppo di imprese innovative.
Non solo. Vogliamo fare dell’imprenditorialità la leva per abbattere i divari e per “dare luce” alle differenze. Affinché l’imprenditorialità possa davvero esprimere unicamente la forza delle idee.
Paola Greco