Wise Society : Gli incendi in California dimostrano che il mercato assicurativo è impreparato alla crisi climatica

Gli incendi in California dimostrano che il mercato assicurativo è impreparato alla crisi climatica

di Valentina Neri
15 Gennaio 2025

La crisi climatica espone le compagnie assicurative a danni sempre più vasti, frequenti e gravi. Lo hanno nuovamente dimostrato gli incendi in California

Le immagini degli incendi che hanno devastato la California in questo gennaio 2025 lasciano senza fiato. L’iconico lungomare di Malibu irriconoscibile. I vigili del fuoco schierati a centinaia per scongiurare il peggio. Le lussuose ville delle celebrità – Paris Hilton, Anthony Hopkins e Mel Gibson, solo per citarne alcune – ridotti a mucchi informi di detriti e cenere. Quando l’emergenza sarà archiviata, resterà il lacerante strascico di sofferenza di chi ha perso tutto quello che aveva o, ancora peggio, una persona cara. E resterà il conto da pagare per le compagnie assicurative; perlomeno, per quelle che avevano accettato di stipulare polizze anche in un’area così flagellata dagli eventi meteo estremi legati alla crisi climatica. Il che apre nuovi interrogativi su un tema di cui si discute da tempo: la sostenibilità del sistema assicurativo.

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Foto Shutterstock

Quanto costeranno alle compagnie assicurative gli incendi in California

Come spiega un approfondimento pubblicato da Bloomberg, i modelli di rischio già da tempo identificavano tra le aree più delicate in termini assicurativi il quartiere di Los Angeles Pacific Palisades. Alla pari di Los Altos Hills, una delle zone residenziali più esclusive della Silicon Valley, e delle cittadine di Moraga e Orinda, nei pressi di San Francisco. Queste zone, infatti, hanno delle caratteristiche comuni: le condizioni meteo sono spesso calde, aride e ventose, la conformazione topografica ostacola il contenimento degli incendi e le proprietà immobiliari sono di enorme valore.

In questo inizio di 2025 si è verificato il “worst case scenario”, cioè l’ipotesi peggiore possibile. Con le fiamme che ancora divampano, è decisamente troppo presto per fare un bilancio dei danni. Un’analisi preliminare della banca americana JPMorgan, pubblicata il 9 gennaio in piena emergenza, parla di 20 miliardi di dollari. Fino ad oggi, il disastro più costoso nella storia della California era stato l’incendio di Butte County Camp, nel 2018. Le perdite di beni assicurati, all’epoca, erano state di 10 miliardi di dollari: la metà.

Un’altra stima parziale di Accuweather prova a prendere in considerazione tutti i danni, anche quelli ai beni non assicurati e le conseguenze indirette, dovute per esempio alle interruzioni nelle catene di approvvigionamento o ai redditi non incassati. Così facendo, arriva a un totale compreso tra i 52 e i 57 miliardi di dollari.

Le assicurazioni già rifiutavano di stipulare polizze in California

Con ogni probabilità, questi numeri sono destinati a cambiare visibilmente. Ma già il solo ordine di grandezza è sufficiente a domandarsi se le assicurazioni riusciranno a risarcire i danni. Le avvisaglie si facevano sentire già da tempo: sulle dodici più importanti compagnie assicurative sugli immobili residenziali, ben sette hanno limitato la loro copertura in California negli ultimi due anni. I rischi, legati anche agli incendi, erano troppo elevati e le esponevano a potenziali perdite ritenute inaccettabili.

Questo, però, rischia di creare un effetto a catena: su un immobile non assicurabile non si può stipulare un mutuo e, se non si può stipulare un mutuo, la platea dei possibili acquirenti si restringe e l’immobile stesso perde valore. Altre volte, la polizza c’è ma a fronte del pagamento di un premio altissimo che molti non si possono permettere. Un’alternativa che però in California spesso non è percorribile a causa di una legge ad hoc, chiamata Proposition 103.

Ai proprietari di case dunque non resta che rivolgersi al FAIR Plan, il programma statale che subentra quando vengono meno le compagnie private. Lo scorso settembre, quest’ultimo ha stimato in quasi 6 miliardi di dollari la propria esposizione nell’area di Pacific Palisades. La primavera dello scorso anno, però, dichiarava di disporre appena di 200 milioni di dollari in riserve di cassa in eccedenza e di 2,5 miliardi in riassicurazione che avrebbero dovuto coprire tale importo. E se le richieste di rimborso sono superiori alle risorse a disposizione? Secondo Bloomberg, i primi due miliardi verranno spartiti tra i contributi e i titolari di polizze. Ma per ora sono sempre ipotesi, perché una circostanza del genere non si è mai verificata in passato.

Un sistema così costruito, evidentemente, non può più funzionare. È per questo che a dicembre, dopo mesi di dibattito, sono state annunciate alcune riforme che entreranno in vigore quest’anno. Le compagnie di assicurazione saranno obbligate a presidiare anche le aree montane e quelle più a rischio di roghi. Nello specifico, la loro quota di mercato in questi territori dovrà essere almeno l’85% rispetto a quella sull’intero territorio nazionale. Dall’altra parte, verranno meno alcune restrizioni che finora avevano mantenuto artificialmente basso il costo delle polizze per gli utenti finali.

È la crisi climatica a incrementare i rischi per le assicurazioni

Guardando le immagini di Los Angeles sfigurata dagli incendi, viene spontaneo pensare che siano eventi straordinari in tutto e per tutto. Anche perché avvengono a gennaio e non, come di consueto, durante l’autunno. Per vaste aree della California meridionale, l’estate 2024 è stata la più calda di sempre, seguita da ulteriori ondate di calore a settembre. E per Los Angeles questo inizio di inverno è tra i più siccitosi di sempre. Ma queste condizioni estreme sono la logica conseguenza del riscaldamento globale di origine antropica. Pertanto, sono destinate a diventare sempre più frequenti.

Copernicus, il programma europeo di monitoraggio dei cambiamenti climatici, ha confermato che il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre, il primo nella storia in cui la temperatura media ha superato di 1,5 gradi centigradi i livelli preindustriali. I dati mostrano un’evidente e vertiginosa accelerazione dell’aumento delle temperature nell’arco degli ultimi vent’anni.

Non solo California: il precedente della Florida

A dimostrazione di quanto il disastro di Los Angeles non sia un caso, il mercato assicurativo rischia il collasso anche dal lato opposto degli Stati Uniti, in Florida. Non per le fiamme, bensì per le raffiche di acqua e vento degli uragani sempre più frequenti e distruttivi. Fenomeni che a prima vista non hanno nulla a che vedere con gli incendi ma, in realtà, sono sempre figli del riscaldamento globale.

Il sistema garantito dal governo, che si chiama National Flood Insurance Program (NFIP) e a cui fa ricorso il 95% degli assicurati per inondazioni in America, copre i danni fino a un tetto massimo di 250mila euro. Una soglia bassa, se una casa viene completamente distrutta. Ma spesso è l’unica soluzione, visto che varie compagnie private si rifiutano da anni di stipulare polizze sugli edifici collocati in zone a rischio. Quelle che accettano vanno incontro al concreto rischio di insolvenza se le catastrofi naturali sono particolarmente gravi. Oppure alzano a dismisura i premi. O, ancora, oppongono un muro di clausole e ostacoli burocratici a chi chiede il risarcimento danni che ritiene gli sia dovuto.

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Il costo degli eventi meteo estremi del 2024

Proprio gli uragani Helene e Milton, abbattutisi sulla Florida nell’arco di pochi giorni tra settembre e ottobre del 2024, hanno provocato perdite di beni assicurati stimate in quasi 50 miliardi di dollari. Su un totale che il rapporto dello Swiss Re Institute calcola in 135 miliardi di dollari, riferendosi soltanto alle catastrofi naturali. Da soli, gli Stati Uniti rappresentano circa i due terzi di questa cifra. Ma è un conteggio parziale: se si aggiunge anche quello delle perdite non assicurate, si arriva a un totale di 310 miliardi di dollari nel mondo. L’aumento rispetto all’anno precedente è rispettivamente del 16% (per i beni assicurati) e del 6% (contando anche quelli non assicurati).

L’ipotesi di una polizza obbligatoria

L’Italia fatica a entrare nelle classifiche globali perché è un Paese geograficamente più piccolo, ma ciò non significa che sia esente da questi danni. Lo sanno bene i cittadini romagnoli alle prese con quattro alluvioni nell’arco di un anno e mezzo. Ma anche quelli del sud Italia dopo mesi di siccità che ha costretto a razionare l’acqua, ha decimato i raccolti e ha reso il territorio ancora più vulnerabile alle successive violente piogge. Per non parlare di grandinate, raffiche di vento, temperature estreme giorno e notte. Legambiente censisce 351 eventi meteo estremi nell’anno appena trascorso, con un impressionante aumento del 485% rispetto al 2015.

Secondo l’Agenzia di vigilanza sulle assicurazioni e sulle pensioni aziendali e professionali nell’Unione europea (Eiopa), tuttavia, il nostro Paese è – insieme alla Grecia – quello con il divario più elevato tra rischio climatico e copertura assicurativa. Di sicuro i dati cambieranno quando a partire dal 31 marzo, con tre mesi di ritardo sulla tabella di marcia iniziale, per le imprese scatterà l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa su “danni di terreni e fabbricati, impianti e macchinari, attrezzature industriali e commerciali, direttamente cagionati da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale”. Si è discusso anche della possibilità di introdurre una misura analoga per le case private ma, per ora, è soltanto un’ipotesi.

Valentina Neri

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