Wise Society : In Camargue tra ritmi gitani, bastioni medievali e sabbia dorata

In Camargue tra ritmi gitani, bastioni medievali e sabbia dorata

di di Francesca Tozzi
31 Luglio 2013

Una terra scabra, assolata e popolata da cavalli selvaggi, fenicotteri rosa, gitani e cowboy. In un ibrido culturale che mischia tradizioni francesi, spagnole e radici latine. Con un risultato sorprendente

Un piacevole spaesamento, la sensazione di essere stati catapultati in un piccolo mondo a parte accompagnati dal ritmo di una natura avvolgente e sonnolenta: tutto questo sente chi, dopo chilometri di autostrada lungo la costa francese, arriva nella zona umida racchiusa fra il Mediterraneo e due rami del delta del Rodano.

La Camargue ti accoglie con un intreccio di strade silenziose che attraversano campi a perdita d’occhio, di candide distese di sale, di erbe e lavanda mosse da un vento forte che sembra non trovare pace, e di acqua. Il paesaggio stesso sembra impregnato d’acqua come una sorta di linfa vitale. È una calma apparente perché anche nelle zone più isolate la vita non manca mai.

I cavalli bianchi sono ovunque: pascolano nei campi aperti, spuntano improvvisamente dietro una curva o attendono pazienti nei maneggi. Lungo le strade non mancano gli allevamenti di tori, antica tradizione della Camargue. E se di sera, vagabondando senza meta, si lancia ogni tanto uno sguardo al cielo non sarà improbabile vederlo attraversato da uno stormo di fenicotteri rosa in cerca di uno stagno dove passare la notte. Sono tra i più pittoreschi, ma di certo non gli unici volatili della regione che conta più di 400 specie di uccelli. Tante sono le cose da vedere perché la Camargue ha un’anima complessa e sfaccettata: per apprezzarla bisogna scegliere una meta. La prima tappa è la cittadina di Saints Maries de la Mer.

Les Saints Maries de la Mer

 Dicono che nel 48 d.C. vi siano giunte Maria Maddalena, Maria di Betania con la sorella Marta e Maria di Nazareth per sfuggire alle prime persecuzioni, una leggenda che dà il nome al villaggio. Dicono che una mostruosa creatura mitologica, la Tarasque, una sorta di versione provenzale del mostro di Lockness, si nascondesse fra le paludi terrorizzando la popolazione e che la stessa Marta riuscì a domarlo con la preghiera facendolo rimpicciolire a suon di Ave Marie. Quello che è certo è che Saints Maries de la Mer è una cittadina che non si riconosce né nella Francia né nella Spagna per quanto concentri le tradizioni di entrambi i Paesi in un curioso ibrido culturale. Patria d’elezione dei gitani, e meta del pellegrinaggio dei nomadi che alla fine di maggio, in occasione della festa di santa Sara, si riuniscono nella plaza de toros colpisce per la sua scanzonata eleganza e per il suo appeal multietnico.

Luce e musica

 Due cose balzano all’occhio del visitatore che si appresta a girovagare fra gli stretti vicoli: la luce e la musica. La luce è straordinariamente calda e così si mantiene anche dopo il calare del sole perché le piazze, le vie, i muri delle case e i marciapiedi sono tutti color sabbia e giocano sui toni del beige creando una sorta di atmosfera dorata, sospesa, accogliente. Su questa base spiccano le tinte accese delle insegne variopinte dei locali dove si beve birra e ottimo vino bianco, dove i frutti di mare si litigano i palati con la paella e le specialità a base di carne di toro.

C’è sempre qualche cow boy che vaga vestito in modo pittoresco, qualche gruppetto folcloristico che si ferma al centro delle piazze coinvolgendo la gente in balli estemporanei, qualche suonatore di chitarra che si esibisce nei locali o sul lungomare. Nessuno di loro sembra prendersi troppo sul serio. La gente qui è aperta, curiosa e rilassata, spesso sopra le righe. I bambini del posto, i più intraprendenti, parlano un francese chiassoso e velocissimo mentre se ne vanno in giro a passo di flamenco. Da un ristorante all’altro rimbalza ad alto volume la musica dei Gipsy Kings, una sorta di istituzione locale. Se ci si stufa si può cercare qualche bar verso la spiaggia dove si fa musica dal vivo o passeggiare sulla sabbia dorata al mare. Ogni angolo della città sembra ribadire la sua anima multiforme: tori, cavalli e fenicotteri monumentali si sono presi il loro posto al centro delle rotonde e perfino fra i cavalli bianchi della “giostra del ‘700” spicca il nero di un toro.

  

La fortezza e la festa

Aigues-Mortes: il nome richiama la vasta pianura umida che la circonda. Un ampio spazio piano su cui svettano le torri e i bastioni delle mura medievali che circondano la città fortificata. La sua aspra bellezza fa da controcanto alla dolcezza del paesaggio con i suoi stagni, le saline, i filari di viti. Dentro le mura si trovano angoli quasi deserti che invitano a salirvi per ammirare dall’alto il dominio dell’acqua, ma basta svoltare l’angolo per finire nel rutilante caos delle vie turistiche fitte di negozi e locali.

Diverso è il clima che si respira ad Arles. Grande e densa di edifici e monumenti, la città è tagliata dal fiume Rodano ed è l’ideale per chi, saziato dal contatto con la natura, desidera svagarsi con un po’ di contatti umani. Arles ha in sé la dolcezza del Sud, la bellezza austera delle chiese, del teatro antico e dell’anfiteatro (les Arènes), la vivacità degli spettacoli teatrali e delle corse dei tori. Non mancano i combattimenti fra gladiatori e le feste popolari. Una città molto festaiola, dove è bello rilassarsi bevendo qualcosa e rifocillandosi con la cucina provenzale in uno dei tanti café del centro, nelle piazzette ombrose, magari in quello dedicato al grande Vincent Van Gogh che qui ha lasciato tracce ovunque.

Una giornata al Parco

Da non perdere, il Parco ornitologico di Pont de Gau, all’interno del Parco Naturale Regionale de Camargue. Tutta la regione è un ecosistema in perfetto equilibrio e protetto (il traffico è limitato). Il Parco ornitologico è uno spazio recintato, dove si studiano gli uccelli, si curano gli esemplari malati e ci si dedica al birdwatching in una della tante casupole di legno. Oltre le feritoie, i fenicotteri rosa si esibiscono a pochi metri di distanza dall’osservatore. È la sera il momento migliore per ammirarli perché il calore si stempera, la fauna si anima, e loro, fra un balletto e una schermaglia, regalano lo spettacolo più bello: su preciso segnale abbandonano improvvisamente le attività individuali, cominciano a raggrupparsi e si addossano alla riva prendendo posizione; dopo una veloce rincorsa, decollano in stormo alla ricerca di uno stagno per trascorrere la notte.

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