Wise Society : Giorgio Minisini: «Lo sport maestro di inclusione contro ogni pregiudizio»
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Giorgio Minisini: «Lo sport maestro di inclusione contro ogni pregiudizio»

di Vincenzo Petraglia
25 Ottobre 2022

Profondamente impegnato, oltre che in piscina, anche sui temi della gender equality e dell'ambiente, il campione mondiale ed europeo di nuoto artistico ci spiega come lo sport può abbattere ogni muro e stereotipo e far venir su cittadini migliori

Ci sono vittorie che valgono doppio, soprattutto quando all’impresa sportiva in sé si legano altri contenuti più ampi e trasversali in grado di generare un cambiamento, sovvertire stereotipi, aprire la strada a nuovi diritti. E la storia dello sport è pieno di campioni straordinari che, oltre ai record, hanno contribuito a richiamare l’attenzione su problematiche extra sportive, talvolta di capitale importanza per una minoranza di persone o per un’intera nazione, se non addirittura per l’intero pianeta.

Pensiamo soltanto a Jack Roosevelt Robinson, che nel 1947 cambiò per sempre le sorti dello sport americano diventando il primo giocatore afroamericano della Major League Baseball, all’epoca preclusa agli atleti afroamericani. O, ancora, a Matthias Sindelar, il calciatore patriota che si oppose a Hitller e al Terzo Reich, oppure a Tommie Smith e John Carlos, oro e bronzo nel 1968 a Città del Messico nei 200 metri piani, che durante la cerimonia di premiazione, indossando guanti neri, alzarono un pugno chiuso e abbassarono la testa in segno di protesta contro le discriminazioni razziali. Per non parlare di Cassius Clay, ovvero Muhammad Ali, che nel 1967 si dichiarò obiettore di coscienza rifiutandosi di combattere nella guerra in Vietnam andando incontro a una condanna a cinque anni di prigione e alla privazione del titolo di Campione del mondo dei pesi massimi; oppure di altri grandi campioni come Billie Jean King, la tennista americana che negli anni ’70 si batté per l’equiparazione dei montepremi sportivi di uomini e donne, Michael Jordan, Serena Williams e molti altri, tutti accomunati dal sacro fuoco di andare oltre le proprie imprese sportive utilizzando la propria notorietà per sensibilizzare nei confronti di tematiche molto importanti a livello sociale.

Proprio come fa da tempo Giorgio Minisini, campione europeo e mondiale in carica di nuoto artistico, impegnato in prima linea sui temi dell’inclusione e dell’ambiente, cui ha dedicato (in particolare al mare e alla plastica che lo inquina in maniera ormai sempre più preoccupante) all’ultimo Europeo un esercizio che gli è valso uno dei quattro ori conquistati. Il ventiseienne romano è stato il primo in Italia a praticare questo sport ad alto livello e uno dei pochi al mondo, come l’americano Bill May, il primo in assoluto, e in questi anni ha sfidato barriere ideologiche e superato pregiudizi legati a una disciplina che fino a una decina di anni fa era ritenuta esclusivamente femminile. Wise Society l’ha intervistato, per parlare di questo ma anche di come lo sport può abbattere ogni muro e stereotipo e contribuire a far venir su persone e cittadini migliori. E di un sogno che lui da sempre custodisce nel cuore: portare presto il nuoto sincronizzato maschile ai Giochi Olimpici. Affinché si abbiano, detto come le sue parole, pari opportunità anche alle Olimpiadi…

giorgio_minisini

Giorgio Minisini, 26 anni, dopo diversi titoli mondiali conquistati negli scorsi anni, agli ultimi Europei, tenutisi a Roma lo scorso agosto, ha vinto ben 4 medaglie d’oro, nel Solo maschile e nel Duo misto.

Partiamo dal suo sport. Se dovesse convincere un bambino a scegliere il nuoto artistico come proprio sport, cosa gli direbbe per invogliarlo in questa scelta?

Personalmente ho sempre amato lo sport e buttarmi in nuove sfide e, infatti, ne ho provati diversi prima di trovare nel sincronizzato quello in cui più mi ritrovavo. Direi che questo sport ti catapulta in un ambiente diverso dal solito, in un contesto che ti porta a scoprirti e imparare nuove cose su di te; diciamo che è adatto a chi ha voglia di affrontare nuove sfide e di primeggiare. Lo sport in generale, d’altronde, alla fine fa proprio questo: aiuta a modulare le proprie caratteristiche personali per utilizzarle nel modo più proficuo possibile, ti sprona a lavorare per migliorarti e riuscire in quello che fai.

Quali difficoltà ha avuto nel portare avanti il suo sogno di diventare un campione di nuoto artistico, uno sport a lungo ritenuto una disciplina per lo più  femminile?

Io ho fatto nuoto ed altri sport prima, anche calcio, e ho avuto la fortuna di avere una mamma (l’allenatrice ed ex nuotatrice artistica Susanna De Angelis, ndr) e un papà (Roberto Minisini, giudice internazionale di sincronizzato, ndr) che mi hanno sempre sostenuto e grazie ai quali sono sempre stato nell’ambiente di questo meraviglioso sport. Quindi per me è stato piuttosto semplice, mentre per altri ragazzi lo è stato meno, perché magari i loro genitori non erano contenti che facessero uno sport ritenuto femminile. Anche a scuola sono stato fortunato, i miei amici mi hanno sempre sostenuto e capito quello che era il mio obiettivo, ma non nascondo che, in special modo durante le scuole medie e al liceo, soprattutto da parte degli estranei e di quelli che non mi conoscevano a sufficienza, ho sentito dei pregiudizi nei confronti miei e del mio sport.

Quello d’altronde per ogni ragazzo o ragazza è il momento forse più delicato della propria crescita, il momento in cui le persone si costruiscono la propria identità, quello in cui si sente più che in altri momenti la paura di mostrare agli altri le proprie fragilità, per nascondere le quali spesso si tende ad attaccare e stigmatizzare le diversità degli altri. Quel periodo è stato sicuramente anche per me il più difficile, ma fortunatamente ho avuto sempre una famiglia, un gruppo sportivo, un ambiente scolastico supportivi, e questo mi ha aiutato a resistere e ad andare dritto per la mia strada per inseguire i miei obiettivi e i miei sogni.

Le sue vittorie sono state se vogliamo anche una rivincita nei confronti di chi non credeva in lei e di chi è vittima della zavorra del pregiudizio…

Sicuramente. Lo sport è in grado di abbattere muri e stereotipi come poche altre cose al mondo. Quello che più mi ha fatto piacere dopo le vittorie di Roma è vedere una così grande attenzione al nostro sport. Da quando è stato introdotto il doppio misto, vedo maggiore curiosità e attenzione e questo ha innescato un circolo virtuoso che non può che far bene a tutto lo sport, perché sprona tutti noi a dare ancora di più il meglio e ispira nuovi talenti. E questo è molto bello, perché è bello per noi atleti contribuire a creare situazioni e condizioni migliori per chi viene dopo di noi.

Minisini con Ruggiero

Giorgio Minisini con Lucrezia Ruggiero, coppia d’oro agli ultimi Europei di Roma 2022 (Foto di Pasquale Mesiano / DBM – Courtesy Federnuoto).

Prima parlava della scuola, dove è sempre più frequente imbattersi in episodi di bullismo, appesantiti ancora di più, nell’epoca in cui viviamo, dall’uso dei social. Che consigli si sente di dare ai ragazzi di oggi?

A scuola ci si trova in un’età in cui ci si sta sviluppando sia a livello fisico che psicologico, per cui molte volte non si ha neppure fino in fondo la coscienza delle conseguenze delle proprie azioni. Il bullo fa danno non solo alla persona bullizzata ma anche al contesto che sta intorno, perché anche assistere a episodi di bullismo è traumatizzante. Credo che la cosa più intelligente ed efficace che si possa fare sia aiutare i ragazzi a scoprire il diverso, rispettarlo, comprendere l’arricchimento che può avvenire attraverso il confronto con la diversità, a non averne paura. E poi aiutarli anche a capire le conseguenze che le proprie azioni hanno sugli altri.

Per chi subisce episodi di bullismo, è importante parlare, chiedere aiuto a chi ha un’autorità in merito; spesso si vuole affrontare tutto da soli, ma non ce n’è bisogno. Genitori, insegnanti, allenatori sono lì per aiutarci e non dobbiamo mai avere paura di parlare e di affrontare le cose con l’aiuto degli altri.

Quanto lo sport può aiutare a far venir su giovani, quindi cittadini del domani migliori?

Lo sport fatto bene ti espone a situazioni che non hai solitamente la possibilità di sperimentare. Ti mette in contatto con l’altro, con la diversità, come per esempio può essere un atleta di un altro Paese o di un’altra cultura o che si allena in modo diverso dal tuo. Un confronto che educa sicuramente al rispetto dell’altro, che in un contesto pubblico dove tutto sta diventando polarizzato, sicuramente aiuta molto.

Lo sport educa poi al sacrificio, nel senso più costruttivo del termine, come mezzo quindi per migliorarsi e trasformare la fatica in un piacere, in un qualcosa che ti aiuta a perseguire un obiettivo. Tramite lo sport si impara anche a confrontarsi e a stare in gruppo, a supportare chi è in crisi, a rispettare le regole e a vincere, ma anche a perdere, ad accettare la sconfitta, per ripartire più forti di prima. Tutte cose di cui la società di oggi ha un disperato bisogno.

Personalmente qual è l’insegnamento più grande che le ha dato lo sport e in particolare la disciplina che pratica?

A lavorare sugli aspetti in cui eccello di meno. Solitamente ci si concentra sui propri talenti, per individuarli prima possibile e sfruttarli al meglio. Negli anni ho capito che è più importante lavorare su ciò in cui si riesce meno, per lavorarci su e migliorarsi. In genere veniamo cresciuti in un modo che non tollera l’insuccesso. A scuola, per esempio, se si prende un primo voto negativo in una materia, automaticamente si tende a pensare che non si è portati per quella materia. In realtà non è così semplice la questione. D’altronde se si fa una cosa sempre bene, vuol dire che non ci si sta mettendo tanto in gioco, che rimaniamo nella nostra zona di comfort e che probabilmente non si sta provando qualcosa di veramente difficile. Bisogna imparare un po’ la cultura del fallimento, rivalutarla, a maggior ragione in un Paese come il nostro dove il fallimento è molto stigmatizzato. Perché è proprio il fallimento che ti fa crescere: provando, fallendo, si imparano e si maturano nuove abilità, che ti aiutano poi ad affrontare meglio il futuro e i problemi e gli ostacoli che via via si incontrano.

Giorgio Minisini con Arianna Sacripante

L’atleta romano con Arianna Sacripante agli Europei di Roma 2022 (Foto di Pasquale Mesiano / DBM – Courtesy Federnuoto).

Insieme all’inclusione, un altro tema al quale è molto attento è l’ambiente, che guarda caso ha portato all’interno del programma della performance che le è valsa l’oro agli Europei di Roma, intitolata “A Plastic Sea”.…

Non potrebbe essere altrimenti, come tutti i ragazzi della mia generazione vivo in una prospettiva futura. I nostri stili di vita e le scelte che fino ad oggi sono state fatte a livello politico ed economico hanno un impatto molto forte sul nostro presente e sul nostro futuro. Quello dei cambiamenti climatici è un discorso molto complesso e il mio intento è quello di contribuire nel mio piccolo a dare maggiore attenzione alla problematica, nei confronti della quale non si può più aspettare. Riguardo la plastica certamente, che provoca grandissimi danni, ma riguardo l’ambiente in generale.

Il mio messaggio non vuole essere solo quello di imparare a farne un utilizzo sostenibile, ma soprattutto investire in ricerca, per trovare nuovi materiali che possano sostituire la plastica, e nuove strade per l’approvvigionamento delle materie prime. La ricerca è fondamentale e solo da essa si genera vera innovazione. Oggi siamo vincolati all’uso di fonti energetiche e di materiali dannosissimi per il pianeta, e questo perché per decenni non si è fatto molto e si sono sempre rimandati investimenti importanti nella ricerca di nuove soluzioni, che poi è l’unico modo che abbiamo per uscire dal vicolo cieco in cui ci siamo infilati.

Quel che è certo è che non possiamo più far finta di nulla! L’essere umano è in grado di vincere la paura e di affrontare le nuove sfide, per cui non dobbiamo avere timore di investire in ricerca, perché quanto viene investito, anche in tempi difficili e di ristrettezze come questi, ci tornerà sicuramente utile. Sviluppare nuove tecnologie oggi ci porterà beneficio nei prossimi decenni, non possiamo mollare. Rimandare decisioni e non investire su una pianificazione di lungo termine ci porterebbe a un finale inevitabile, che conviene a tutti invece cercare di cambiare.

Un mondo più saggio, ‘wise’ appunto, su quali pilastri dovrebbe poggiare?

Penso che dovrebbe essere basato sulla ricerca scientifica e su un maggiore utilizzo del metodo scientifico a tutti i livelli. Non è un caso che io studi biologia. Da noi purtroppo anche a scuola si insegna cosa la scienza ha prodotto, ma non come lo ha prodotto, ed è anche per questo che oggi c’è troppo spesso sfiducia nella scienza. Il metodo scientifico ci libera e ci permette di fare cose che altrimenti non potremmo mai fare e tutti i grandi progressi che la scienza ci ha consentito di fare nella storia sono lì a testimoniarlo.

Quando secondo lei potrà verosimilmente gareggiare anche alle Olimpiadi?

Sicuramente non a Parigi 2024, dove potranno gareggiare soltanto le donne, ma spingiamo affinché anche a noi maschi sia consentito di partecipare ai Giochi di Los Angeles 2028, affinché si abbiano pari opportunità anche alle Olimpiadi!

Vincenzo Petraglia

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