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Giovanni De Mauro: i lettori ci sono. E vogliono saperne di più

di di Monica Onore
20 Dicembre 2010

Il direttore della rivista "Internazionale" fondata nel 1993 e che pubblica i migliori articoli dei giornali stranieri, racconta com'è nato il loro grande successo editoriale. E perchè, per conquistare sempre più pubblico, bisogna considerare i lettori persone adulte che non temono l'approfondimento e l'impegno. Anzi.

Giovanni De Mauro, Foto di Giacomo Brini per InternazionaleSe il mondo è costituito da una sovrabbondanza d’informazioni e se l’informazione è potere, il giornalismo assume sempre più una funzione di rilievo nel dipanare, scoprire, accertare, acquisire, ricordare fatti ed eventi. Come scriveva Umberto Eco, il giornalismo può essere definito una “storiografia dell’istante”. Con le nuove tecnologie e la connessione in rete le notizie assumono la forma di un flusso costante, disponibile 24 ore su 24. Non sempre però le informazioni sono attendibili, non sempre il lavoro è svolto nel rispetto dell’etica, dell’obbiettività e della professionalità. Per questo sono sempre di più i lettori alla ricerca di un giornalismo di qualità che sappia approfondire nel modo più completo la realtà che ci circonda. E non solo nel nostro Paese. Per questo, nonostante la grave crisi editoriale, la rivista settimanale Internazionale, che pubblica i migliori articoli dei giornali di tutto il mondo, fondata nel 1993 da quattro amici, è in continua crescita. Giovanni De Mauro fondatore e direttore ci racconta che l’idea nacque, per offrire quello che oggi permette Internet: accedere alle notizie dei giornali di tutto il pianeta. L’ispirazione venne dalla rivista francese Courrier International che raccoglieva il meglio della stampa estera. Ma dal ’93 ad oggi molte cose sono cambiate e cambieranno.

 

Cover Internazionale

Internazionale in questi anni difficili per l’editoria è una delle poche riviste che non subisce gli effetti  della crisi, come mai?


Negli ultimi anni abbiamo aumentato il numero degli abbonati e questo ci fa piacere e ci incoraggia. Gli abbonamenti ci consentono di rimanere indipendenti, la raccolta pubblicitaria incide solo per il 15 percento. Io credo che uno degli atteggiamenti  fondamentali di Internazionale e del rapporto con i suoi lettori sia quello di trattarli e considerarli come adulti.

 

Eppure tra i vostri lettori ci sono molti giovani…


Quando parlo di persona adulta non mi riferisco all’età, ma a un lettore capace di leggere un articolo di venti pagine su un argomento che altri considerano “pesante”. Anche per questo tra i nostri lettori ci sono molti giovani e giovanissimi. Crediamo che l’informazione abbia bisogno di stimolare le persone cui si rivolge, i lettori, i quali a loro volta, vogliono impegnarsi ed essere stimolati.

Una lettura impegnativa la vostra…


La consapevolezza dell’informazione anche come impegno e non solo come svago, credo che faccia parte del dna di Internazionale e del suo pubblico. Ovviamente ci sono anche le vignette, l’oroscopo, i reportage fotografici.  È proprio nell’equilibrio tra le diverse parti che, credo, si trovino le ragioni per cui la rivista viene letta e seguita da tante persone.

 

Cos’è per voi la creatività?


Nella stanza dei grafici della nostra redazione abbiamo appeso un cartello molto divertente sulla parola creatività, il cui anagramma è cattiveria. Uno spunto interessante che fa riflettere. Creatività è il tentativo di trovare soluzioni nuove a problemi nuovi, anticipare più che correre ai ripari, capire quando è il momento di cambiare o di non farlo. È l’opportunità di sbagliare, sperimentando, senza spaventarsi troppo. Insomma tenere i sensi attivi. Il futuro di Internazionale è tutto qui.

Disegni di Anna Keen, Foto di Giovanna D'Ascenzi per Internazionale

Da anni organizzate un Festival a Ferrara nel mese di ottobre e avete fondato la casa editrice Fuori Orari. Quali altri programmi avete per il futuro?


Non so che forma prenderà la rivista tra dieci anni, noi cerchiamo di fare un prodotto che, per primi, vorremmo leggere. Noi cambiamo e quindi cambierà anche il giornale, staremo a vedere in che forma e verso quale direzione.

Siete sempre molto attenti anche al tema dell’ambiente, come vi è venuta l’idea di regalare un albero ad ogni nuovo abbonato?


L’idea ci è venuta dall’Economist, settimanale inglese che per primo l’ha lanciata. Ogni nuovo abbonato avrà un suo albero piantato in Niger, in quella che sta per diventare una grande foresta. Volevamo dare un contributo concreto, e non solo a parole, nel tentativo di compensare i danni ecologici che si provocano inevitabilmente facendo un giornale.

 

Come spiega il successo del Festival di Ferrara che quest’anno è stato anche a impatto zero?


Prima di tutto la “fame” d’informarsi, capire e approfondire gli argomenti poi anche la voglia d’incontrare i testimoni diretti di quello che succede nel mondo. Nella città emiliana convergono giornalisti dai quattro angoli del mondo che vengono a raccontare non solo quello che hanno visto e vedono ogni giorno, ma anche le difficoltà del loro lavoro. Il Festival nel 2010 ha moltiplicato gli appuntamenti: 52 incontri per un centinaio di ore di  programmazione. Ci sono oltre 100 ospiti da 25 Paesi, una sorta di giro del mondo in 72 ore rimanendo a Ferrara. Quanto al basso impatto ci è sembrato indispensabile ridurre al minimo le tracce del nostro passaggio. Un fatto di correttezza nei confronti dei cittadini di quella meravigliosa città, oltre che un modo per ringraziarli della loro ospitalità.

 

 

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