Un progetto finanziato dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali mira a creare filiere tessili laniere per rendere reddittizie le lane locali
La possibilità di valorizzare la lana, è l’oggetto di un’indagine condotta dall’Istituto di Biometeorologia (Ibimet) del Cnr nell’ambito dell’iniziativa Percorsi di Orientamento. Il progetto, finanziato dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali, ha come obiettivo principale il sostegno allo sviluppo dell’imprenditoria femminile nelle aree rurali italiane, con particolare riferimento ai settori agricolo e della trasformazione artigianale tessile. A supporto di questo, è iniziata un’indagine sulla possibilità di ricostruire una filiera tessile laniera che recuperi e valorizzi le lane locali considerate sottoprodotto e non materia prima. Attualmente, infatti, la lana dei nostri pascoli viene venduta a prezzi che non ripagano neanche il costo di tosatura oppure rimane un ingombro da smaltire come rifiuto speciale con notevoli oneri economici a carico degli allevatori.
«Il progetto prevede l’analisi della possibile ricostruzione di una filiera corta, dalla terra alla confezione del tessile, in quattro regioni di studio: Toscana, Emilia Romagna, Campania e Sardegna» spiega Francesca Camilli dell’Ibimet-Cnr. «In Toscana e Sardegna è iniziata una mappatura delle strutture produttive della filiera laniera, necessaria per una possibile valorizzazione di produzione, trasformazione e impiego di lane locali o autoctone proprio nei territori dove sono prodotte. Questo scenario è di particolare interesse per il ruolo che tali produzioni possono assumere per le economie dei territori rurali, come mezzo di valorizzazione, tutela delle risorse ambientali e sostegno all’occupazione».
«Per far sì che la lana possa avere un effettivo valore economico per l’azienda agricola che la produce», osserva Tunia Burgassi dell’Ibimet-Cnr, «sono necessarie aperture normative in termini fiscali, a livello sia europeo che italiano. Il valore aggiunto che deriverebbe dal ricollocamento della lana in circuiti produttivi ad alta remunerazione, infatti, avrebbe una ricaduta importante non solo per l’azienda ma anche per il territorio cui essa appartiene, in termini ambientali e culturali, purché le siano riattribuiti status giuridico di materia prima e dignità di prodotto agricolo a tutti gli effetti».
Piccoli quantitativi di una lana, caratteristica di un territorio, lavata secondo gli unici criteri normativi attualmente in vigore e successivamente lavorata, potrebbero essere considerati prodotto agricolo a tutti gli effetti che l’azienda potrebbe commercializzare con vendita diretta.