Wise Society : Green economy: Italia a due facce

Green economy: Italia a due facce

di Andrea Ballocchi
7 Novembre 2017

La Relazione presentata agli Stati generali della Green Economy mostra un’Italia in chiaroscuro. Esempi? La leadership nel biologico e il calo delle rinnovabili

“Italia sì, Italia no…” recitava il ritornello di una nota canzone. Il Belpaese in materia di “economia verde” mostra luci e ombre. Lo evidenzia la terza Relazione sullo Stato della Green Economy in Italia, presentata oggi a Ecomondo in occasione della giornata inaugurale degli Stati generali della Green Economy, promossi dal Consiglio Nazionale specifico.

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GREEN ECONOMY COSA VA – Partiamo dalle buone notizie. La prima riguarda l’economia circolare. Qui il nostro Paese evidenzia un’evoluzione notevole se si pensa che solo vent’anni concetti come raccolta differenziata e riciclo erano inesistenti e finiva in discarica l’80% dei rifiuti urbani. Oggi quella percentuale si è ridotta mediamente al 25%, mentre la raccolta differenziata ha raggiunto il 52,5% e il riciclo è al 47,7% (dati 2016). Ma un’autentica eccellenza italiana è l’agricoltura di qualità ecologica. Nel 2015 era votato al biologico il 12% della superficie agricola utilizzata: si tratta della maggiore estensione in Europa. Bene, nel 2016 tale quota è cresciuta del 20,3% rispetto all’anno precedente. Inoltre, l’Italia è poi il secondo esportatore mondiale di biologico dopo gli Stati Uniti ed è in testa anche per prodotti agroalimentari certificati nel 2016, con il 27,5% del totale europeo.

Dulcis in fundo la ricchezza di biodiversità: il nostro Paese conta 6.700 specie di flora e 58mila di fauna e il suo territorio è coperto per il 37% da superficie forestale. “Da una prima valutazione dei servizi forniti dagli ecosistemi emerge un valore monetario di 338 miliardi di euro, circa il 23% del Pil a fronte di una spesa per la protezione della natura e del paesaggio di circa 579 milioni nel 2016, lo 0,03% del Pil”, segnala la Relazione.

E COSA NON VA…- Le cattive notizie sono purtroppo più numerose. Partiamo dall’aspetto legato a energia e clima. Sebbene nel 2016 le emissioni di gas serra in Italia siano diminuite nel 2016, dopo l’aumento registrato l’anno precedente, le previsioni portano a pensare a un nuovo aumento, in particolare nel settore elettrico. “Gli impatti del cambiamento climatico in Italia sono rilevanti e in peggioramento – evidenzia il documento – il 2017 si ricorderà come il secondo anno più caldo dal 1880 e l’Istat dice che i ghiacciai alpini negli ultimi 40 anni hanno già perso quasi la metà dei propri volumi”.

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Se il clima non offre segnali ottimistici, neppure la sfera energetica fa ben sperare. I consumi energetici sono tornati a crescere: dopo essere stati dati in calo nel 2015, hanno ripreso quota, in particolare quelli di gas. Anche in tema di efficienza energetica si respira tutt’altro che ottimismo. Basta guardare all’obiettivo di riduzione dei consumi del Piano nazionale per l’efficienza energetica del 2014: esso indicava una quota di 15,5  Mtep tra il 2011 e il 2020. Beh, al 2015 il risparmio conseguito “è stato di 6 Mtep, circa il 40% del target in cinque anni” si sottolinea nella Relazione. Il problema è che con i trend attuali non si raggiungerà l’obiettivo fissato al 2020.

Non va certo meglio in materia di rinnovabili: sebbene l’Italia abbia superato nel 2015 il suo obiettivo di quota sul consumo interno lordo con il 17,5%, a fronte di una media europea del 16,7%, va notato che nel settore elettrico, che rappresenta circa il 40% di tutte le rinnovabili, nel 2017 si sta registrando la prima flessione assoluta a causa di un forte calo della produzione idroelettrica e dell’eolico. A riassumere meglio la situazione non brillante delle rinnovabili è il calo registrato per quanto riguarda gli investimenti nel settore, passato da 3,6 miliardi nel 2013 a 1,7 nel 2016. Meno della metà in tre anni…

Altro segnale negativo è l’attenzione all’ambiente: la spesa pubblica in ricerca e sviluppo ai fini ambientali nel 2015 è calata del 5,8% rispetto al 2014. Un dato in controtendenza rispetto all’eurozona dove si segnala un aumento dell’8,7%. Il calo nella spesa in R&D per l’ambiente pro capite ha portato l’Italia a scendere al decimo posto in Europa. Quantomeno, in tema di labelling ambientale il Belpaese offre un lato positivo: in Europa è seconda, dietro alla Germania, con 351 licenze ecolabel.

CONSUMO DI SUOLO, PERDITE IDRICHE E MOBILITA’: NOTE DOLENTI – Infine, giusto un accenno ad altri parametri. Malgrado la biodiversità e la copertura a foreste che sfiora il 40%, l’Italia vede aumentare il consumo di suolo. In soli sette mesi (novembre 2015/ maggio 2016) sono stati coperti artificialmente 50 km quadrati di territorio, in media 30 ettari al giorno. In tema di dispersione idrica, l’Italia si conferma un colabrodo. Nel 2015 la differenza tra acqua immessa in rete ed erogata nei soli comuni capoluogo di provincia è stata pari a oltre un miliardo di metri cubi. Nelle città le perdite idriche totali raggiungono in media il 38,2%. La relazione non offre grandi speranze, a fronte del fatto che le disfunzioni nella gestione del ciclo delle acque non sono migliorate nonostante 24 miliardi di euro investiti in 16 anni. A concludere questa carrellata non può mancare un accenno alla mobilità. Decisamente poco sostenibile: il nostro è il Paese europeo con il tasso di motorizzazione privata più alto (600 autoveicoli a benzina e diesel ogni 1.000 abitanti), ma a livello di penetrazione delle auto elettriche nel parco auto circolante in Italia è decisamente inferiore, in termini assoluti e anche nel confronto con altri Paesi in Europa. L’Italia è ferma allo 0,2% con una quota ancor più misera (0,05%) sul totale del parco circolante. Un nulla rispetto al 29% segnalato dalla Norvegia. Meglio va se si considera il mercato delle auto ibride, dove la crescita è costante dal 2010: nel 2016 rappresentano il 2,1% del totale immatricolato con un +0,4% rispetto al 2015. In questo caso l’Italia è seconda solo alla Norvegia.

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