Wise Society : Sam Say: con la mia fattoria combatto la povertà
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Sam Say: con la mia fattoria combatto la povertà

di di Sara Donati
10 Dicembre 2010

Scappato dal Laos quando era bambino, Sam Say è tornato in patria per fare l'imprenditore sociale. La sua Bolaven Farm è un esempio virtuoso di azienda etica che produce il miglior caffè del Paese. Dove il business va di pari passo con la formazione dei contadini: per renderli più consapevoli e finalmente liberi. Dalla miseria e dallo sfruttamento

Sam Say laotian Coffee, album di scem.info/flickrSam Say è un imprenditore sociale, nato in Laos, vissuto in Canada e tornato nel suo Paese di origine per realizzare un’impresa che gli stava molto a cuore: riorganizzare la filiera del caffè a vantaggio degli agricoltori e nel rispetto dell’ambiente. Bolaven Farm costruita quattro anni fa in Laos, ad 80 chilometri da Pakse, (sud del Paese), comprende 167 ettari di piantagioni di caffè ed è interamente gestita secondo regole etiche di sostenibilità, nonchè i parametri delle colture biologiche. Ma non è soltanto un’impresa. Sam Say ha istituito all’interno della sua “farm” un centro per l’insegnamento e l’apprendimento delle più avanzate tecniche di coltivazione biologica. Qui, 500 contadini vivono ed apprendono a coltivare secondo regole etiche e produttive, nel rispetto delle risorse ambientali ed umane. L’idea forte che c’è dietro è quella di liberare i lavoratori della terra dal loro stato di povertà.

 

Che cosa differenzia la sua strategia produttiva da quella di altre aziende che producono caffè?

 

La nostra Bolaven Farm è decisamente differente dalle altre. Seguiamo rigorosamente un sistema etico, il che prima di tutto significa che paghiamo i contadini un prezzo giusto, per garantire loro una vita dignitosa. Insegnamo anche come coltivare secondo i criteri biologici, senza l’uso di fertilizzanti e sostanze chimiche, ma anche utilizzando al meglio lo spazio, in modo da produrre più caffè nella stessa area coltivabile, e avere quindi più guadagno pur preservando l’acqua, la terra e gli esseri umani.

Foto dal sito (bolavenfarms.com)

Come è nata Bolavern Farm?

 

I nostri primi clienti sono stati dei contadini che avevano pochi mezzi e posso dire che abbiamo iniziato a gestire la fattoria per aiutare loro. Nel senso che abbiamo fornito a tutta la comunità di agricoltori locali un addestramento, soprattutto sui metodi di coltivazione bio e sui mezzi tecnologici. In pratica abbiamo pensato che aumentando le loro conoscenze e le loro capacità li avremmo resi più indipendenti e produttivi, permettendo loro di affrancarsi anche dalla povertà.

 

Bolaven Plateau harvested coffee beans, album di Prince Roy/flickrCome si fa a pensarla così in un mondo che si basa su leggi di mercato e che alla fine vuole che “tornino i conti”?

 

Abbiamo iniziato la nostra produzione quattro anni fa e a commercializzare il nostro caffè un anno fa ad Hong Kong ed in altri Paesi. Quindi, fino ad ora, questo modello non è stato del tutto sostenibile, ma sappiamo che basta ampliare il mercato e vendere di più per rendere la produzione sostenibile e guadagnarci. Prevediamo di raggiungere questo risultato nei prossimi 12-14 mesi.

 

Ci sono indicatori per pensare che questa impresa possa avere successo?

 

Il nostro profilo di impresa sostenibile è piuttosto buono: i nostri clienti di Hong Kong sono entusiasti, perché non solo offriamo un caffè di alta qualità, ma provvediamo ad un servizio dopo la vendita, facendo training negli esercizi, insegnando ai baristi a fare ottimi “espresso” e “caffèlatte”; insomma, ci assicuriamo che non solo il prodotto grezzo sia fatto con cura, ma che sia tostato al meglio e servito in un certo modo… Quindi garantiamo alta qualità su tutta la produzione e la distribuzione. Sono convinto che il nostro modello sia sostenibile anche a livello economico, abbiamo solo bisogno di un po’ più di tempo e di ampliare le fasce di mercato. Se, per esempio ci fosse un supermercato italiano interessato a distribuire il nostro caffè, sarebbe un’incredibile apertura del mercato.

Foto dal sito (bolavenfarms.com)

Dove ha trovato ispirazione per realizzare quest’impresa?

 

La mia ispirazione e motivazione vengono da Dio, dal suo amore nella mia vita. È quell’amore la mia fonte di ispirazione. Essere capace di amare il prossimo come se stessi, è il principio che cerco di seguire. Riuscire ad amare persone che non fanno parte della tua famiglia, alle quali non sei legato da un vincolo di sangue, è qualcosa di meraviglioso.

 

Bolaven Plateau, album di Prince Roy/flickrPensa che il vostro modello sia applicabile ad altre fasce di mercato?

 

Credo che se il sistema agricolo di Bolaven Farm e il modello di business gestito dai contadini dovesse rivelarsi di successo nei prossimi anni, sarebbe sicuramente un modello applicabile ad altri settori. Per esempio a quello di cacao, riso e coltivazioni di canna da zucchero. Tutto dipende da quanto darà frutti nei prossimi mesi, in base a quanto riusciremo ad espandere il mercato del caffè e quanto riusciremo ad intervenire su tutta la catena produttiva, dalla crescita e coltivazione delle piante, alla lavorazione, dalla tostatura alla distribuzione e vendita al dettaglio. Quindi se riusciamo a seguire tutti questi passaggi e generare guadagni, allora il modello sarà applicabile ad altre fasce di mercato.

 

Qual è il suo impegno per il futuro?

 

Il mio obiettivo, almeno per i prossimi dieci anni, è vedere un sistema economico che sia più giusto, egualitario. Oggi i contadini che producono il nostro cibo sono le persone più povere del pianeta: quando acquistiamo le cose da mangiare nei negozi ci dimentichiamo di questa semplice verità, non ce ne curiamo, perché non sappiamo o non vogliamo sapere che i contadini sono poveri. Penso che parlando di più, condividendo di più, creando informazione su questa realtà, influenzeremo il sistema che dovrà farsi carico di un cambiamento. Quindi se più consumatori sono consapevoli, e parlano di questa situazione, il sistema stesso dovrà andare in una direzione diversa: migliore e più giusta per tutti.

Bolaven Plateau, album di Prince Roy/flickr

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