Ha dato vita nel 2002 alla Fondazione Pangea Onlus, un'organizzazione no profit che lavora per favorire le condizioni di sviluppo economico e sociale delle donne e delle loro famiglie attraverso l'istruzione, la formazione professionale, l'educazione sanitaria e la micro finanza. In Afghanistan come in Italia
Luca Lo Presti, milanese, ha fondato l’organizzazione no profit Pangea che dal 2002 lavora per favorire le condizioni di sviluppo economico e sociale delle donne e delle loro famiglie attraverso l’istruzione, l’educazione ai diritti umani, la formazione professionale, l’educazione igienico-sanitaria e alla salute riproduttiva e la micro finanza, per la creazione di attività generatrici di reddito.
Opera in collaborazione con associazioni e gruppi locali che condividono la volontà di rendere le donne protagoniste del loro stesso percorso di riscatto economico e sociale e che favorisca la loro partecipazione attiva allo sviluppo della comunità di appartenenza e dell’intero Paese.
Per anni Lo Presti ha fatto l’odontotecnico, coltivando al tempo stesso la passione per i viaggi, intesi come comprensione di altre culture e di altre sensibilità. Poi è entrato in contatto con Amnesty International e ha cominciato a interessarsi al tema della violazione dei diritti umani fino a fondare il Coordinamento Sud Asia della sezione italiana di Amnesty e continuando a viaggiare in Asia e nei paesi caucasici. Così, nel luglio del 2002 ha dato vita con alcuni amici a Pangea Onlus, una fondazione che investe sul riscatto sociale ed economico delle donne, intervenendo in situazioni di post emergenza a realizzare progetti di sviluppo. Il punto di partenza: le donne sono i soggetti più discriminati ma anche più in grado di reagire e far ripartire la vita, diventando moltiplicatrici di benessere per se stesse, le proprie famiglie e il proprio Paese. Pangea si occupa così di promuovere l’istruzione, la formazione professionale, l’educazione sanitaria, il microcredito.
Cosa c’è dietro a questo ambizioso progetto?
Alla base del progetto Pangea c’è il viaggio inteso come un percorso non tanto introspettivo ma esterno a sé per capire che il mondo è un inseme di tante storie che, se osservate o raccontate, hanno un’importanza enorme e racchiudono il senso della vita. Dai miei viaggi fisici in giro per il mondo da solo o accompagnato è emerso un interrogativo: come mi pongo io rispetto a quello che vedo? Sono un operatore, un attore o un osservatore? Che cosa sono io? A questo punto è inevitabile che, nel momento stesso in cui ti poni la domanda, una risposta arrivi. I casi sono due: o non la si ascolta o si arriva ad agire, a intervenire. Avviare Pangea è come aver visto una carta per terra gettata da qualcun altro, non scavalcarla ma fermarsi e raccoglierla. Questo è stato il moto propulsivo che mi ha portato a decidere di fare qualcosa. Poi, nell’atto pratico, ci sono state emergenze che mi si sono presentate e io ho voluto ascoltarle e non passare oltre.
Quali sono i Paesi e i progetti sparsi per il mondo?
Fondazione Pangea opera, con grande presunzione, in più posti possibili. Arriva laddove trova un bisogno perché evidenziato o perchè qualcuno ci ha inciampato. Oggi noi abbiamo inciampato in posti difficili, come Congo, Sudafrica, Kenya, India, Afghanistan, Nepal, Pakistan, Sudamerica e anche Italia. Qui abbiamo un progetto di microcredito per le donne che hanno subito violenza. Sta tutto nel nome, nella Pangea che è un originario continente senza limiti né confini di spazio dove noi tutti ci riconosciamo come cittadini del mondo. Dunque perché porsi dei limiti rispetto a una geografia?
Parliamo delle donne. Dalla loro condizione disagiata nei Paesi in via di sviluppo a quella della violenza tra le mura domestiche… Perché proprio le donne?
Ci occupiamo di diritti umani, di sviluppo. Pangea si preoccupa che la vita riparta. Non è facile riassumere ciò che facciamo in breve perché realizziamo scuole per i bambini, ospedali, perché insieme offriamo lavoro, prestiti, banca. Fare sviluppo vuol dire trovare una risposta a una richiesta d’aiuto. Il progetto della Fondazione nasce prima dal fatto di accogliere il luogo e ascoltare le persone.
Dopo avere ascoltato le persone, si fa l’analisi del bisogno e su questo si prova a tracciare il romanzo della risposta, che solitamente comprende tutto..
Abbiamo scelto le donne per due motivi. Primo: in tutti i Paesi del mondo la donna è discriminata. È inconcepibile che si discrimini un genere senza considerare che siamo tutte persone – genere umano – perché solo insieme si fa il mondo. Secondo: la donna è un ottimo moltiplicatore di beneficio. Un investimento di tempo e denaro su una donna è quanto di più certo renda il capitale su di lei investito. Il microcredito è un’ottima tecnica, perchè prevede un investimento di rete verso un progetto di vita che se applicato su una donna dà un ritorno del 98%.
Cos’è il microcredito?
Il microcredito non è un piccolo prestito. È l’accompagnamento verso un progetto di vita, il denaro è oggetto, non soggetto, e la restituzione è logica conseguenza, non obiettivo. È completamente diverso da quello che fanno le banche.vuol dire che io credo e dò credito a un’idea, a una persona che magari è in difficoltà ma ha un cervello, un cuore, un bisogno e magari dei figli e la aiuto a uscire da una situazione di difficoltà in Italia e nel mondo. Le donne non sono bancabili ma sono solvibili. Nel mondo, come per esempio in Afghanistan, dove le donne sono discriminate per legge, l’intervento da fare è ben più ampio, c’è il 70% di mortalità per parto, occorre dare scolarizzazione, alfabetizzazione, educazione igienico sanitaria, civica. Insegnare loro a lavarsi le mani.
Il credito concesso, che avviene attraverso Banca Proxima (Gruppo Intesasanpaolo) può ammontare fino a 25mila euro, nel caso si tratti dell’avvio di una microimpresa. La concessione avverrà a seguito di una selezione che comprende un’istruttoria sociale ed economica della richiedente condotta da una agente del credito. La valutazione della beneficiaria tiene in considerazione la persona nella sua complessità, valuta l’affidabilità e l’onestà sua e dei suoi referenti; la validità dell’attività d’impresa o la pertinenza del bisogno per la quale richiede il prestito; la sua capacità di restituzione. Alle donne non viene chiesta alcuna garanzia reale o patrimoniale specifica, ma devono presentare dei garanti morali (persone a loro vicine, poiché parte della loro rete di relazioni sociali, che credono nel progetto e nella persona). In caso di insolvenza della beneficiaria, i garanti morali dovranno farsene carico.
Quindi potreste arrivare a creare un’imprenditrice…
Sì, creare un’imprenditrice è tutto questo ma prima lei dovrà assolvere ai suoi bisogni di base, essenziali. Una donna non abbandona mai il percorso che intraprende, un uomo si. È statistica. Un uomo, mi raccontava uno pischiatria, ha il fine di provvedere all’assistenza al branco, la procreazione, la protezione fisica muscolare (che in Occidente si traduce nel fare il manager). Nelle crisi – come per esempio quella economica in atto che ha portato a un aumento della violenza domestica del 51% – l’uomo si butta via.
Una donna disconosciuta, rottamata dalla società non si rottama mai per se stessa. Se le si dà un minimo appiglio, riparte con una velocità pazzesca. In italia come in Afghanistan. Le donne giocano a qualsiasi costo la loro scommessa. Ricordo Laila, madre di cinque figli, in Afghanistan si prostituiva in un buco coperto da una grata. Io le dissi: vuoi partecipare la progetto Pangea? sai che rischio corri? quello di incappare nella polizia perché sei una donna e non puoi emaniciparti. Lei mi guardò e mi disse: io sono già morta, ho un’occasione per tornare a vivere. Oggi, dopo sette anni è responsabile di banca, ha comprato casa e ha piantato le rose. Tutto questo significa che ora è andata oltre al bisogno primario e ha il bisogno del bello. È una storia meravigliosa che voglio portare anche in italia.
Com’è la situazione della violenza domestica in Italia?
Sono 7 milioni le donne che subiscono violenza domestica in Italia e solo il 2% fa la denuncia. Il target medio è di appartenenza a un cedio medio alto, ottima cultura e non necessariamente meridionale come si potrebbe pensare. Ci sono molte mogli di avvocati, commercialisti, professionisti in genere. Il meccanismo è quello della violenza psicologica che è difficilissima da individuare. Una frase tipica è: se non ci fossi io in questa casa, i tuoi figli non mangerebbero. Una frase che demolirebbe l’autostima di chiunque. Ma il fatto di trovarsi sbilanciata rispetto a un’esperienza lavorativa o essere fuori dal mercato del lavoro per l’età o la mancanza di titoli professionali fa sì che la signora che subisce violenza decida di rimanere a casa. E’ una storia di tutti, una donna su tre nel corso della vita subisce violenza: basta una frase, una postura uno sguardo. Noi uomini dovremmo indagare di più in noi stessi. Mi dico: devo partire da me e dare il buon esempio e crescere mio figlio maschio nel rispetto. Ognuno di noi è portatore di un mondo di pace e può dare il buon esempio. Siamo noi a costruire quello che ci circonda, non possiamo delegare ad altri le nostre responsabilità. Per questo Pangea, attraverso il microcredito, vuole intervenire e dare una reale occasione a chi ne ha bisogno.