Wise Society : Con un sorriso amaro vi racconto il mondo del 2312
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Con un sorriso amaro vi racconto il mondo del 2312

di Vincenzo Petraglia
6 Dicembre 2011

Dare una mano alle vittime di un Pianeta sempre più squilibrato. È l'impegno forte e costante di Giobbe Covatta. Sul palcoscenico e nei Paesi più poveri del mondo

Giobbe Covatta in Africa con AmrefGiobbe Covatta, al secolo Gianmaria Covatta, è in assoluto uno dei più esilaranti comici italiani in circolazione. Un uomo che, però, ha sposato una causa importante nella vita: sensibilizzare l’opinione pubblica su importanti tematiche e dare una mano concreta a chi è vittima di un mondo sempre più squilibrato fra Nord e Sud. Lo fa collaborando da anni con organizzazioni quali Amref, Save the Children, Amnesty International.

Quello che si impara in Africa

 

Lei è stato moltissime volte in Africa per prendere parte in prima persona a progetti umanitari. Cos’è che la sorprende ogni volta che ci torna?

Mi sorprende sempre la serenità che percepisco nelle persone. C’è un modo di essere, di vivere e rapportarsi all’esistenza che mi sembra meno aspro del nostro: noi abbiamo bisogno sempre di qualche cosa in più, perché alla base abbiamo un’insoddisfazione di fondo che ha determinato poi un certo tipo di sviluppo nella nostra società. L’Africa non è soltanto guerre e carestie ma è anche normalità, una normalità che non fa notizia, ma che avrebbe veramente tanto da insegnarci.

È appena tornato dal Sud Sudan. Che situazione ha trovato?

Giobbe Covatta in Sud Sudan con AmrefIl Sud Sudan, in quanto a benessere, si trova al 194esimo posto nell’apposita lista dei Paesi del mondo ed è, quindi, fra le nazioni più malconce del pianeta. In passato sono stato in diversi altre zone difficili martoriati da genocidi e guerre ma la situazione che ho trovato in Sud Sudan veramente non l’ho incontrata da nessun’altra parte. Ovunque, nonostante le oggettive difficoltà, ho respirato sempre un briciolo di speranza per un futuro di riscatto, mentre lì si percepisce dappertutto disperazione e rassegnazione. È un Paese melanconico anche nei rapporti tra le persone e, infatti, ho avuto grandissime difficoltà a strappare qualche sorriso durante gli spettacolini che abbiamo fatto. È un Paese di una povertà infinita con un’unica risorsa, il petrolio, la cui attività estrattiva costituisce ben il 98 per cento dell’economia nazionale, per la maggior parte non gestita dal popolo sudanese. Si assiste, quindi, a una vera e propria corsa all’oro con cinesi, indiani e russi che cercano di spremere quanto più possibile la situazione. È una realtà, devastata da anni e anni di guerra, nella quale non ci sono infrastrutture (in tutto il Paese ci sono soltanto 17 chilometri di strada asfaltata) e quelle poche che si stanno costruendo vengono realizzate, in cambio del petrolio, praticamente in cartapesta, sempre dai soliti cinesi che utilizzano materiali scadentissimi perché tanto non hanno poi per contratto nessun obbligo di manutenzione.

In che tipo di progetto è coinvolto laggiù?

Stiamo portando avanti, insieme con Amref, progetti di scolarizzazione e formazione professionale perché in tutto il Sud Sudan ci sono appena 19 medici e 400 donne diplomate.

Diffondere il valore della solidarietà

 

Giobbe Covatta in Africa con AmrefPensa che, complice anche la crisi, ci siamo tutti un po’ assuefatti alla sofferenza del mondo, di cui forse non percepiamo ormai più l’estrema gravità?

Oggi capita che ci si commuova nella stessa maniera di fronte a un bambino che muore di fame e a un uomo dell’Isola dei famosi a cui la fidanzata da studio dice “resisti”. La televisione confonde e sovrappone ogni cosa contribuendo a omogeneizzare tutti i sentimenti. Ci sono poi troppe cose che non si dicono e non si sanno. Un esempio? l’acqua, una risorsa indispensabile per il presente e il futuro del Pianeta. Non tutti sanno che nel mondo più di un miliardo di persone sono costrette a utilizzare acqua contaminata, il veicolo principale di malattie come tifo e colera che ogni anno provocano la morte di quasi due milioni di bambini, seconda causa in generale delle morti infantili. Se si pensa che in Africa con meno di tremila euro si costruisce un pozzo d’acqua e si risolve la vita di una comunità intera, ci si rende conto di quanto anche un piccolo gesto di solidarietà, che a noi non cambia la vita può cambiare, invece, quella di tante altre persone.

Uno degli ultimi spettacoli teatrali che ha portato in scena s’intitolava Trenta. Ce lo racconta?

È uno spettacolo teatrale ispirato alla Carta dei diritti dell’uomo. Trenta sono gli articoli di cui si compone la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani adottata dall’Onu il 10 dicembre 1948, trenta articoli che sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali e culturali di ogni persona. Vi si proclama che nessuno può essere fatto schiavo o sottoposto a torture, che tutti hanno diritto ad avere una nazionalità, a contrarre matrimonio, possedere dei beni, partecipare al governo del proprio paese, lavorare, ricevere un giusto compenso per il lavoro prestato, a godere del riposo, fruire del tempo libero, a ricevere un’istruzione. Peccato però che tanti di questi diritti rimangano scritti solo sulla carta in troppi posti del mondo.

Combattere per una società più giusta

 

Giobbe Covatta in Africa con AmrefDiritti non rispettati ma anche valori sempre più vacillanti, un tema sul quale ha voluto far riflettere, insieme con Enzo Iacchetti, attraverso lo spettacolo Niente progetti per il futuro

Abbiamo cercato di raccontare con leggerezza e giocando sul paradosso una società in crisi, dove i valori dell’uomo appaiono sempre più sfilacciati in un progressivo e generale impoverimento spirituale.

Ma secondo lei l’uomo, anche alla luce della profonda crisi che stiamo vivendo, sarà in grado di ripartire dando vita a una società un po’ più saggia e giusta rispetto a quella di oggi?

La sensazione è che il cambiamento ci dovrà essere per forza ma temo sarà una cambiamento traumatico anche perché non più procrastinabile. Pensiamo solamente all’energia che usiamo, e sprechiamo, quotidianamente. Prima o poi non ne avremo più a sufficienza per tutto il pianeta e dovremo, quindi, farcela bastare per forza. Vedo i miei figli che non sono capaci di fare nulla se non attraverso aggeggi che prevedono un grande utilizzo di energia, dalla macchina al cellulare, fino al computer. Se gli chiedi però come e quando si pianta un pomodoro non sanno risponderti. Il mondo oggi è così, si è allontanato irrimediabilmente dai ritmi della natura, non sa più ascoltarla ed è arrivato a un punto di non ritorno che avrebbe potuto, invece, scongiurare se si fosse agito per tempo. Quanti degli obiettivi dei Millenium goals sono stati, per esempio, raggiunti? Nessuno. Riequilibrare ricchezze, energia e risorse sono rimasti solo buoni propositi e, anzi, i problemi nella maggior parte dei casi sono addirittura peggiorati. Non a caso coloro che soffrono oggi la fame sono aumentati, rispetto al 2000, del 30 per cento.

Lei, quindi, è pessimista riguardo al nostro futuro…

Più che pessimista sono realista e per tornare a un po’ di ottimismo mi butto, infatti, nel teatro. Sto scrivendo uno spettacolo che si chiama 2312 e il titolo allude a come sarà il pianeta nel 2312 appunto. È un testo giocoso, pessimisticamente ottimista, in cui l’unico uomo sopravvissuto sulla Terra racconta ciò che è stato di tutti i suoi simili. E chissà che finalmente il mondo non riparta  sotto una nuova stella, facendo tesoro degli errori commessi in passato.

Giobbe Covatta in Africa con Amref

 

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