Wise Society : Certificazioni: cosa sono, a chi servono, come si ottengono

Certificazioni: cosa sono, a chi servono, come si ottengono

di Francesca Tozzi
5 Luglio 2011

La CSR è un modello volontario di gestione etica, ma ugualmente sottoposto a parametri seri e rigorosi. E sempre più aziende richiedono agli appositi organsmi certificatori di documentare, attraverso un preciso iter di valutazione, il proprio impegno nei confronti dell'ambiente, della sicurezza sul lavoro, del rispetto dei diritti umani. Ecco quali sono i principali standard a livello nazionale, europeo e internazionale

silhouette of three men standing on green hills and holding letters iso to illustrate standardized forestry, Image by © Images.com/CorbisIn un momento storico ed economico come questo nel quale anche in Italia la responsabilità sociale d’impresa è diventata una leva competitiva, molte aziende vogliono far riconoscere e documentare il loro impegno da un organismo autonomo, attraverso un’apposita certificazione.

Un po’ di chiarezza

Diciamo subito, però, che non esiste un unico standard in grado di certificare la CSR a 360 gradi e che in ogni caso la certificazione non è quasi mai un’attestazione di conformità legislativa. Bisogna fare in primis una distinzione fra norme emanate da enti normatori ufficiali, che quindi riportano le sigle di riferimento a livello internazionale (UNI) europeo (EN) e nazionale (in Italia è l’ISO) e quelle che, frutto di iniziative di singoli istituti e organizzazioni multi-stakeholder, vengono poi accolte a livello nazionale come nel caso dello standard SA 8000, il PEFC e altri . «Esistono norme che affrontano i singoli aspetti della CSR come per esempio l’ISO 14001, una norma internazionale ad adesione volontaria che certifica il sistema di gestione ambientale orientato al controllo operativo e al miglioramento continuo di un’organizzazione pubblica o privata», spiega Michele Crivellaro, Responsabile divisione ambiente e responsabilità sociale per il CSQA, uno dei più importanti enti internazionali di certificazione, «ma non dimentichiamo che da tempo c’è l’Emas (Eco Management and Audit Scheme) uno schema europeo (sempre ad adesione volontaria) adottabile dalle imprese che intendono gestire l’ambiente e rendicontare le proprie prestazioni attraverso una Dichiarazione Ambientale, alle quali viene poi rilasciata una registrazione in un apposito elenco dell’Unione Europea. Il verificatore ambientale ha il compito e la responsabilità di confermare che le informazioni e i dati contenuti nella DA siano affidabili, credibili e corretti e che soddisfino le disposizioni del regolamento 1221/2009. Se a questi aggiungiamo schemi specifici a livello di prodotto (per esempio Ecolabel, EPD) possiamo dire che l’area ambientale ha già importanti riferimenti metodologici e certificativi. A questi recentemente si è aggiunta la norma europea UNI EN 16001 sui sistemi di gestione dell’energia. In questa fase storica non si può dimenticare la BS OHSAS 18001 riconosciuta anche dal decreto legislativo 81/2008 (detto impropriamente testo unico), norma che descrive i requisiti di un sistema di gestione della salute e della sicurezza sui luogo di lavoro. A seconda della norma/standard, deriva un contratto che di solito dura dai 3 ai 5 anni e che prevede delle verifiche di mantenimento. Allo scadere della certificazione, si dà il via a una nuova procedura, ma meno complessa della prima in quanto il certificatore già conosce l’impresa e il suo modus operandi», aggiunge Crivellaro.

Certificazioni, autore by Ricardo Francone

Lo standard ISO 26000

Questa è una norma importante perché crea un quadro concettuale di riferimento. Ha ottenuto l’approvazione di oltre 90 Paesi a livello mondiale e si rivolge a tutte le imprese, pubbliche e private, di Paesi sviluppati e in via di sviluppo. Non è uno standard certificabile ma fornisce delle utili linee guida, linee che sono state pubblicate nel 2010. La UNI ISO 26000 sulla Responsabilità Sociale, infatti, non descrive un sistema di gestione ma sette principi fondamentali della CSR dando all’impresa delle indicazioni su come integrarli nelle attività del business. Responsabilità: il soggetto deve assumersi la responsabilità del proprio impatto sulla società e sullo sviluppo, accettando eventuali controlli e rispondendone sempre. Trasparenza: deve essere trasparente in tutte le sue decisioni e attività, in particolare in relazione alla sua natura, ai suoi obiettivi, ai risultati in termini di responsabilità sociale e alla provenienza delle sue risorse finanziarie. Etica: deve comportarsi sempre in modo onesto, equo e integro moralmente. Rispetto degli stakeholders: deve identificare tutti coloro che, direttamente o indirettamente, sono coinvolti nell’attività d’impresa e avere particolare attenzione per le loro necessità. Rispetto della legge: deve accettare che il rispetto del ruolo della legge è obbligatorio e accettare che nessun individuo o ente è al di sopra di esso. Rispetto degli standard di comportamento internazionali: deve aderire ai principi stabiliti a livello internazionale e rispettarli il più possibile nel caso in cui operino in nazioni con una legislazione che entri in conflitto con queste norme. Rispetto dei diritti umani: deve riconoscere l’importanza e l’universalità di questi diritti ed evitare di trarre vantaggio da situazioni in cui tali diritti non siano rispettati.

Sicurezza sul luogo di lavoro, Image by © Images.com/Corbis

Lo standard SA 8000

Questa è una norma certificabile, ma non è ISO. È stata infatti emanata dalla Social Accountability International (SAI), organizzazione internazionale nata nel 1997, con l’obiettivo di migliorare gli ambienti e le condizioni di lavoro, fornire degli standard di riferimento e contribuire allo sviluppo dei diritti umani. Lo standard SA 8000 (Social Accountability ovvero Rendicontazione Sociale), molto diffuso a livello mondiale, è applicabile ad aziende di qualsiasi settore per valutarne il rispetto dei requisiti minimi in termini di diritti umani e sociali. In particolare, lo standard prevede il rispetto di otto requisiti specifici per la certificazione:

1.    escludere il lavoro minorile ed il lavoro forzato

2.    il riconoscimento di orari di lavoro non contrari alla legge

3.    corrispondere una retribuzione dignitosa per il lavoratore

4.    garantire la libertà di associazionismo sindacale

5.    garantire il diritto dei lavoratori di essere tutelati dalla contrattazione collettiva

6.    garantire la sicurezza sul luogo di lavoro

7.    garantire la salubrità del luogo di lavoro

8.    impedire qualsiasi discriminazione basata su sesso, razza, orientamento politico, sessuale o  religioso

A Man Monitoring the Global Sales Volumes, Image by © Images.com/CorbisVerifiche e controlli

Perché un’impresa ottenga una certificazione nell’ambito della CSR è necessario che sia sottoposta alla verifica di una parte terza, ovvero un organismo di certificazione che attesterà la rispondenza dell’operato aziendale allo standard scelto ed effettuerà controlli periodici. «Questi organismi di certificazione possono essere accreditati direttamente o meno da enti di accreditamento appositi», conclude Crivellaro, «come a dire che anche i controllori vengono controllati. Per la norma SA 8000 esiste un caso molto importante in l’Italia ovvero quello del CISE, organismo accreditato SAI, che ha creato un network italiano a cui aderiscono molti organismi di certificazione fra cui il nostro».

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