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Wet market: cosa sono e perché sono pericolosi

di Serena Fogli
9 Aprile 2020

Cosa lega la nascita di nuovi virus ai mercati alimentari? Scopriamo cosa sono i wet market e perché possono rappresentare un pericolo di salute pubblica

I wet market sono sulla bocca di tutti. Complice la diffusione del Coronavirus, i cosiddetti “mercati bagnati” (diffusissimi nei paesi asiatici) sono saliti agli onori della cronaca, stupendo molti e indignando i più. La questione è spinosa e il terreno scivoloso: nella querelle sui wet market, infatti, si intersecando più fattori: culturali, igienico-sanitari, ambientali e animalisti.

Facciamo un passo indietro, capiamo meglio cosa sono i wet market per scoprire perché possono rappresentare un pericolo per la salute pubblica, locale e mondiale.

Wet market

Photo by Natalie Ng on Unsplash

Cosa sono i wet market?

Letteralmente wet market significa “mercato bagnato” e/o “mercato umido“. Nei paesi asiatici (e non solo), per motivi che scopriremo tra poco, è infatti usanza macellare in loco gli animali, poi venduti agli avventori che ne fanno richiesta. In questi luoghi i pavimenti sono sempre bagnati a causa del sangue degli animali macellati e dell’acqua poi utilizzata per pulirli.

Fotografatissimi dai turisti e frequentatissimi dai locali, i wet market (che talvolta non sono regolamentati e ufficiali) sono un retaggio culturale fortemente radicato nel territorio asiatico, dalla Cina, alla Thailandia e al Vietnam.

Perché in Cina i mercati bagnati sono così diffusi?

I wet market sono molto diffusi nei paesi asiatici e in particolar modo in Cina. Tutti fanno acquisiti nei mercati bagnati, preferendoli alle catene di supermercati a cui siamo ormai abituati nel mondo occidentale. La ragione è presto detta: in Cina l’uso del frigorifero – che nel nostro paese fa ormai parte dell’arredamento domestico da decenni – è particolarmente recente. L’acquisto di prodotti freschi e macellati sul posto, quindi, nasceva dall’esigenza di verificare che la carne venduta fosse, effettivamente, fresca.

Ad oggi in Cina, l’uso del frigorifero non è ancora capillarmente diffuso: se nelle grandi città è entrato a gamba tesa nelle case più moderne, nei piccoli centri rurali la vita scorre ancora come un tempo, senza frigorifero. Una mancanza “tecnologica” è diventata ben presto un retaggio culturale: la carne macellata sul posto, infatti, è considerata “più fresca” di quella venduta nei supermercati in condizioni “sterili”.

Mercato bagnato

Foto Kevin Hellon © 123RF.com

Perché i wet market sono pericolosi?

L’emergenza per il Coronavirus ha portato in molti a interrogarsi sui wet market, soprattutto perché la comunità scientifica pensa che il Covid-19 abbia avuto origine proprio in un mercato bagnato di Whuan, in Cina. Ma cosa lega un semplice mercato alimentare alla nascita di un virus? La risposta è nel concetto di “spillover“, di cui abbiamo parlato nell’articolo intitolato “pandemie e (in)sostenibilità ambientale“.

Nei wet market, infatti, si trovano animali vivi di ogni specie e tipo, compresa la fauna selvatica e/o gli animali di cui è vietata la caccia e, conseguentemente, la vendita. Stipati in piccole gabbie, gli animali vengono uccisi e macellati sul posto. Lasciando per un attimo da parte l’animalismo e le pessime condizioni di vita degli animali (aspetto comunque da non sottovalutare e altrettando importante), è proprio nella contiguità che risiede il problema sanitario e, di conseguenza, il pericolo: i virus endemici di ogni specie animale, in spazi così ristretti, hanno maggior possibilità di fare il cosiddetto “salto di specie” e, arrivando all’uomo, scatenare di fatto epidemie potenzialmente letali.

Non si tratta di una novità: sono molti gli studi che, negli scorsi anni, hanno messo in relazione i wet market alla diffusione di patogeni potenzialmente pericolosi per l’uomo*.

Quale sarà il futuro dei wet market?

I wet market oggi sono sotto accusa. La pandemia di Coronavirus ha portato sotto gli occhi di tutti un problema con cui, in realtà, facciamo i conti da anni.

Animal Equality, organizzazione che sostiene battaglie in tutto il mondo per porre fine alle crudeltà sugli animali allevati a scopo alimentare, sta portando avanti una petizione da presentare alle Nazioni Unite per la chiusura dei Wet Market.

Elizabeth Maruma Mrema, Responsabile della Biodiversità delle Nazioni Unite, in un’intervista al Guardian, si è espressa a favore della chiusura dei mercati bagnati in Cina e nel resto del mondo affermando che: “Il messaggio che stiamo ricevendo è che se non ci prendiamo cura della natura, la natura si prenderà cura di noi. Sarebbe il caso di vietare i mercati di animali vivi

Ai wet market – come specifica la stessa Mrema – sono tuttavia connesse altre problematiche: alla chiusura dei mercati bagnati, infatti, vanno necessariamente associate politiche di sostenibilità alimentare, soprattutto per quei paesi rurali e in via di sviluppo (come l’Africa) che sulla compravendita di animali selvatici a scopo alimentare fondano parte della loro economia. “Senza alternative, potrebbe andare a incentivarsi il mercato nero (e illegale) di animali selvatici, che già ora sta mettendo molte specie in pericolo di estinzione“.

*Airborne bacterial contaminations in typical Chinese wet market with live poultry trade“, Xin-Lei Gaoa, Ming-Fei Shao, Yi Luo, Yu-Fang Dong, Feng Ouyang, Wen-Yi Dong, Ji Li, Science of the total Environment, December 2016

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