Wise Society : Visoni e Covid-19: cosa sappiamo fino a oggi della mutazione

Visoni e Covid-19: cosa sappiamo fino a oggi della mutazione

di Fabio Di Todaro
9 Novembre 2020

In Danimarca è allarme per lo spillover inverso: il Covid-19, passato dagli uomini ai visoni d'allevamento, ha generato in questi ultimi una mutazione che potrebbe mettere a rischio l'efficacia dei vaccini studiati fino a oggi

ll 5 novembre le autorità sanitarie danesi hanno segnalato 12 casi di Covid-19 causati da uno specifico ceppo variante di Sars-CoV-2 associato ai visoni. Non si tratta delle prime segnalazioni di questo tipo: da giugno a oggi, sono state 214 quelle analoghe già raccolte nella Penisola scandinava. Gli ultimi contagi, però, sono avvenuti da un ceppo variante mai registrato prima. Probabilmente anche più aggressivo, stando alle prime indagini di laboratorio condotte in Danimarca.

Da qui l’innalzamento della guardia, che ha portato la giovane premier Mette Frederiksen a disporre l’abbattimento di 17 milioni di visoni allevati per produrre pellicce. Sebbene la Danimarca sia il primo Paese per attività in questo settore, «gli studi scientifici provano che la variante mutante del virus di cui i visoni sono portatori appare resistente a ogni tipo di vaccino in preparazione – ha affermato la leader socialdemocratica -. Il rischio è troppo alto e non vogliamo la responsabilità di aprire la porta a una variante del virus per tutelare l’interesse all’export di pellicce».

Allevamento di visoni e Covid-19

Foto di Jo-Anne McArthur / Unsplash

Visoni e Covid-19: cosa sappiamo della faccenda?

Quanto accaduto in Danimarca rappresenta un esempio di quello che è un fenomeno noto in biologia: lo «spillover inverso». Batteri e virus non passano soltanto dagli animali all’uomo. Quanto al Covid-19, sono stati segnalati diversi casi di pazienti che hanno infettato cani e gatti da compagnia. E all’inizio di aprile è stata confermata la presenza del virus in una tigre allo zoo del Bronx. Quanto accaduto con i visoni non è dunque una novità. A conferma di ciò, ci sono le analisi che durante l’epidemia di Sars (2002-2003) che hanno evidenziato come la trasmissione tra l’uomo e i piccoli carnivori fosse avvenuta in entrambi i sensi. Questa zoonosi «inversa» può avere conseguenze gravi per gli animali.

Ma gli esperti dicono che esistano dei rischi anche per future epidemie tra esseri umani. «Ogni volta che i virus hanno il potenziale di mescolarsi con gli altri, possono causare seri problemi, soprattutto quando possono spostarsi tra animali e persone in entrambe le direzioni», ha ricordato nelle scorse ore Casey Barton Behravesh, direttore dell’One Health Office del Centro Nazionale per le Malattie Infettive Emergenti e le Zoonosi dei Cdc americani.

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Il precedente: l’influenza suina

Un esempio simile deriva da quanto accaduto con l’influenza H1N1 e i maiali. Partito dagli animali, il virus dell’influenza ha ucciso oltre 250mila persone in tutto il mondo. Si è poi scoperto che quel virus conteneva singoli segmenti genetici provenienti da quattro fonti distinte: gli esseri umani, gli uccelli, i maiali nordamericani e quelli eurasiatici.

Negli ultimi anni, inoltre, i ricercatori hanno identificato decine di casi sporadici in tutto il mondo in cui virus dell’influenza pandemica e stagionale sono saltati dall’uomo per circolare tra le popolazioni suine.

La trasmissione dell’influenza da uomo a maiale è diventata così un fattore di rischio maggiore nell’era moderna perché presenta costanti opportunità di «spillover» in entrambe le direzioni.

Nell’agricoltura e nell’industria zootecnica intensiva, i suini si spostano all’interno delle regioni e tra i continenti, incontrando sia i virus suini che quelli umani provenienti da tutto il mondo. Spesso vivono a stretto contatto sia con gli esseri umani che con altri maiali. Queste condizioni offrono ai virus numerose possibilità di una nuova combinazione di geni non soltanto per saltare tra le specie, ma anche per circolare attivamente. Inevitabilmente, le persone più a rischio sono coloro che vivono a stretto contatto con i suini: i lavoratori di fattorie e allevamenti e coloro che si occupano di esposizioni di bestiame.

Visone

Foto di 272447 da Pixabay

La mutazione del Covid-19 nei visoni 

Discorso valido anche per l’ultimo caso, quello dei visoni. Al momento, la principale via di contagio di Sars-CoV-2 rimane quella interumana. Ma l’elevata circolazione del virus negli allevamenti di questi mammiferi, la suscettibilità degli animali e il contatto molto stretto tra questi e l’uomo sono stati considerati un rischio per la salute pubblica: del Paese, ma non solo.

Esempi analoghi di contagio dall’animale all’uomo sono peraltro stati registrati anche in Spagna, in Svezia e nei Paesi Bassi. I dati finora disponibili, hanno fatto sapere le autorità danesi, non autorizzano a parlare di sicuri cambiamenti nel codice genetico del virus. Né, di conseguenza, sulle trasmissibilità e sulla gravità della malattia associata a questa nuova variante del virus. Ma la cautela è d’obbligo, perché «è sempre motivo di preoccupazione quando un virus si sposta dagli animali all’uomo, con il rischio che si registrino continui cambiamenti genetici durante questi passaggi», ha spiegato l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

La situazione viene monitorata anche dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (Ecdc): «A causa delle differenze biologiche tra i visoni e l’uomo, nel passaggio da una specie all’altra il virus può accumulare delle mutazioni. Queste potrebbero avere un impatto sull’efficacia di un eventuale vaccino, sull’immunità conferita dall’infezione e sulle probabilità di reinfezione».

Secondo Antonella Viola, ordinario di patologia generale all’Università di Padova e direttore scientifico dell’Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza, «rispetto al Sars-CoV-2 non mutato, questa variante sembra essere riconosciuta meno efficacemente dagli anticorpi presenti nel plasma dei pazienti guariti e dai monoclonali in produzione e va tenuta sotto stretto controllo: la sua diffusione avrebbe un forte impatto sull’immunità naturale (aumentando il rischio di reinfezioni, ndr), sulla terapia con anticorpi monoclonali e sul vaccino».

La situazione in Italia

Infezioni da Sars-CoV-2 sono state rilevate anche in alcuni allevamenti di visoni in Italia. Nello specifico: in Veneto, in Lombardia, in Emilia Romagna e in Abruzzo. L’opinione di Enrico Bucci, docente di biologia alla Temple University (Philadelphia), è chiara. «Essendo di fronte a una pratica che non ha scopi alimentari, ma che per giunta mette a rischio la salute, gli allevamenti di visoni vanno chiusi».

Sulla stessa lunghezza d’onda la Lega Antivivisezione (Lav), che ha lanciato un appello al Governo Italiano dagli stessi contenuti. «Ci appelliamo al Presidente del Consiglio Conte, al Ministro della Salute Speranza e agli esperti del Comitato Tecnico Scientifico affinché decidano finalmente di vietare definitivamente in Italia l’allevamento di visoni e di animali per la produzione di pellicce».

Twitter @fabioditodaro

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