Sempre più giovani si avvicinano al volontariato. Un modo per aiutare se stessi e gli altri. E imparare una professione. Come quella circense. Ecco alcuni commenti dei ragazzi che hanno fatto "palestra" all'Associazione Veronica Sacchi
Fare clownterapia significa portare un sorriso in ospedali, e ospizi, nei Paesi dilaniati dalla guerra o dalla spietata forza distruttrice della natura, cercando attraverso un naso rosso di far dimenticare, anche solo per un momento, tristezza e paura. Sono ammessi tutti i mezzi: palloncini colorati, parole inventate o frasi senza senso, capitomboli, bolle di sapone, fischietti, musica, abbracci, solletico… Necessaria la voglia di mettersi in gioco. La stessa che accompagna i ragazzi che si raccontano sul sito, con pensieri e testimonianze semplici e dirette.
Con le parole del cuore ho dato conforto
“Quando qualcuno mi chiede perché faccio il clown negli ospedali, mi succede di guardarmi dentro, e di ripensare ai miei giorni di ventenne con tante domande, soldi sempre troppo pochi, attese sempre troppo lunghe, amori sempre troppo brevi. Mi interessavo insieme a Luca alle discipline di auto guarigione. Sapevo cos’era la malattia, poteva essere un’idea. Inviai la richiesta di partecipazione al corso dopo averlo letto sul Corriere della Sera. Sono entrato a far parte dell’Associazione in primavera. E la primavera avrà sempre il sapore dei giorni passati in Associazione grazie a cui ho capito che esiste un altro modo di guardare la malattia, di affrontarla. Esiste un modo di parlare alle persone con le parole dettate dalle ragioni del cuore, non mediate da una mente che è sempre troppo impegnata a complicare le cose…
Esiste un modo di cominciare a volersi bene così come si è, capaci di fare del bene a chi ne ha bisogno. E che anche se non hai avuto, questo non vuol dire che non puoi dar”. Jack
Alla ricerca del mio clown
“Cerco giorno per giorno di stare a contatto col mio clown, vederlo uscire dalla mia personalità, ma all’inizio non è facile…Non so voi?” LaVale@mail
Il pagliaccio dà e riceve amore
“Come ogni bimbo appena nato il mio clown è timoroso e spaventato, però riconosce intorno a sé tante persone da cui riceve amore e a cui ne vuole dare. Sono davvero contenta di aver partecipato al corso, sono riuscita a fare mio un principio che da sempre inseguivo, ovvero quello che solo se tu doni te stesso tu doni veramente.” Daniela@mail
Ricordo tutte le uscite
“Le uscite negli ospedali le conto, una a una. Nessuna sarà mai dimenticata, anche se andranno via dalla mia mente. E quando passerà un altro anno io saprò che è servito, quell’anno. A regalare sorrisi. Credendoci sempre di più.” Jack@mail
Ridevo e facevo ridere. Tornata a casa, ho pianto
“C’è la prima volta che vai in ospedale e riesci a far ridere e ridi anche tu. E capisci che anche tu sei un clown, in qualche modo. E poi c’è la prima volta che torni a casa e improvvisamente, mentre riponi l’abito da clown e metti il naso rosso a riposare sul comodino improvvisamente ti metti a piangere. E non capisci il perché. Ma quelle lacrime ti stanno pulendo da strati e strati di insensibilità che hai accumulato per non sentire chi hai intorno… Per tutto c’è una prima volta. La prima volta che facciamo il clown.”
Non sapevo cosa fare, poi ho visto i bambini
“Sono arrivato al Buzzi non sapendo cosa fare, mi sono cambiato, sono uscito dalla stanza ed ho visto dei piccoli musetti di bimbi con occhi incuriositi, e in quel momento ho sentito una grande voglia di avvicinarmi a loro, di giocare con loro.” Fabri @mail
Quanto è importante il travestimento!
“Il costume i colori sono veramente fondamentali, un bimbo di 8 mesi incantato dagli occhialoni rossi, non faceva che sorridere. I genitori nonostante le preoccupazioni e il dispiacere nel momento in cui vedevano i loro bimbi divertirsi e giocare con gioia, beh erano veramente contenti e voglia di fare battute e di chiacchierare un pochino.” Angela@mail
In giro per la città vestita da clown
“Sono tornata a casa vestita da pagliaccio. La gente sorrideva ma soprattutto quei pochi che ho incontrato (pioveva fortissimo) mi hanno parlato. Quando mai uno ti rivolge la parola ai semafori?!! Dovete provare! Grazie Ettore che mi hai regalato questa possibilità è una grande emozione che continua da settimane. Tanti salti e balli e baci. ” Eswes@mail
La lezione dell’Africa: povertà non vuol dire tristezza
“Ecco l’Africa, persone che camminano dappertutto, bancarelle create sui vecchi banconi traballanti, matatu che sfrecciano… Tutti ci sorridono e ci salutano, i bambini ci corrono incontro e ci guardano sbalorditi. Ma questo è normale, noi siamo già vestiti e pronti a lavorare…
Prima lezione dell’Africa:povertà non vuol dire tristezza. Anche in Africa i bambini ridono per gli sberleffi, per i calci nel sedere, una sedia che scotta, una mosca che continua a girare sul naso di uno di noi…” dal diario di Alessandra
I colori, i profumi e i sorrisi dell’India
“India…dove anche gli odori acri delle strade sono importanti; dove gli anziani ti accolgono stringendoti la mano a te che sei diverso e superficiale; dove sono i bimbi ad insegnare. Abbiamo dato il possibile, ma abbiamo raccolto di più. E nel loro disordine organizzato entro anche io coi miei ricordi forti di colori e spezie e piedi nudi. E sono troppo orgogliosa di tutti noi.” dal diario di Alice detta Sciabadà
Il sorriso è il più bel regalo
“Quando sono tornata a casa non riuscivo a dormire e oggi continuavo a pensare a quei ragazzi, alle nostre paure prima di cominciare, al feeling che si è creato tra di noi, al contatto che siamo riusciti a creare con loro, con i parenti, a quello che ognuno di noi in base alle proprie capacità, al proprio carattere, alle proprie abitudini è riuscito a dare facendo nascere i meravigliosi sorrisi che abbiamo visto sui volti di tutti! Grazie davvero” Claudia @mail