Wise Society : Termoablazione, uno strumento in più per la lotta al tumore

Termoablazione, uno strumento in più per la lotta al tumore

di Fabio Di Todaro
17 Febbraio 2017

In Italia ogni anno circa ottomila le procedure di questo tipo, la maggior parte delle quali riguardano il fegato, seguite da polmone e rene.

termoablazione, tumore, microonde

La termoablazione non è sostitutiva, ma complementare alla chirurgia tradizionale e ai trattamenti medici, Image by iStock

L’obiettivo, in fin dei conti, è semplice: bruciare il tumore fino a far scioglierlo. La termoablazione percutanea è una tecnica che punta a portare il tessuto tumorale a una temperatura superiore a cinquanta gradi. In questo modo si determina la denaturazione delle proteine intracellulari e la dissoluzione dei lipidi di membrana. Di fatto: la morte cellulare. La metodica, introdotta negli anni ’90, ha visto una progressiva evoluzione delle tecnologie utilizzate, fino al recente utilizzo delle microonde. L’obiettivo è quello di raggiungere una sempre maggiore precisione, efficacia e sicurezza per il paziente.

COME FUNZIONA LA TERMOABLAZIONE? – La termoablazione può essere effettuata sia nei confronti di tumori primari sia secondari: dei tessuti parenchimali (fegato, rene, polmone) e delle ossa. La procedura viene effettuata per rimuovere anche tumori benigni, come quelli che colpiscono la tiroide e l’utero. Ma per fare in modo che la rimozione sia quanto più radicale possibile, è sempre necessario andare oltre la lesione tumorale, rimuovendo anche i margini di tessuto sano: cinque millimetri nel caso di un tumore primitivo, un centimetro se in presenza di una metastasi. «I benefici della termoablazione per il paziente oncologico sono da ricondurre a una metodica meno invasiva rispetto alla chirurgia tradizionale, più rapida, meno dolorosa, è ripetibile in caso di recidive – sostiene Sandro Barni, direttore del dipartimento oncologico dell’ASST Bergamo Ovest-Treviglio -. In più così si riducono le giornate di degenza e il periodo di malattia, con una conseguenza diminuzione dei costi diretti e indiretti, a vantaggio anche del Sistema Sanitario Nazionale». Ma, prosegue lo specialista, «la termoablazione, a parte casi specifici come l’epatocarcinoma primario, non è sostitutiva, ma complementare alla chirurgia tradizionale e ai trattamenti medici. Ha indicazioni precise: come il volume, il numero e la localizzazione delle lesioni tumorali. È fondamentale che il paziente sia preso in carico da un team multidisciplinare, che deve essere composto, oltre che dall’oncologo, dal chirurgo e dal radiologo interventista. L’importante è definire l’appropriatezza terapeutica: capire, cioè, qual è il paziente giusto e il momento giusto per eseguire questa procedura».

IL CONTRIBUTO DELLE MICROONDE – In Italia si stima che complessivamente siano eseguite tra le settemila e le ottomila procedure l’anno. Sette su dieci riguardano il fegato, seguite da polmone e rene. I centri che effettuano questo tipo di procedura sono un centinaio. L’ultima evoluzione della termoablazione è rappresentata dall’impiego delle microonde. «Si tratta di onde elettromagnetiche prodotte da un generatore, che attraverso un cavo raggiungono l’antenna inserita nel tumore e qui determinano un’oscillazione delle molecole d’acqua con conseguente produzione di calore – dichiara Gianpaolo Carrafiello, direttore dell’unità operativa complessa di radiologia diagnostica e interventistica ASST Santi Paolo e Carlo e ordinario di diagnostica per immagini, radioterapia e neuroradiologia all’Università Statale di Milano -. Con le microonde è possibile aumentare le dimensioni delle aree di ablazione tumorale che, grazie alla definizione di contorni perfettamente sferici». Uno dei vantaggi della termoablazione, come detto, risiede nei ridotti tempi di degenza: quasi mai superiori a due giorni. Ma a guadagnarne sono anche quei pazienti che, per diversi motivi, non possono sottoporsi all’anestesia generale: necessaria per la chirurgia tradizionale e non per le procedura di termoablazione. Le criticità, invece, rimandano alla scarsa diffusione della procedura e alla mancanza di un accesso equo alla terapia in tutte le Regioni.

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La termoablazione può essere effettuata sia nei confronti di tumori primari sia secondari, Image by iStock

I MAGGIORI SUCCESSI SUL FEGATO – Per alcuni tipi di tumore, come l’epatocarcinoma primario con dimensioni inferiori a tre centimetri, le linee guida delle società scientifiche nazionali e internazionali, hanno stabilito che il trattamento di termoablazione con radiofrequenza o microonde è equivalente alla chirurgia tradizionale. La metodica, chiosa Giovanni Sgroi, direttore del dipartimento di scienze chirurgiche dell’ASST Bergamo Ovest-Treviglio, «trova applicazione anche nelle metastasi epatiche. La termoablazione di queste lesioni secondarie può essere sostitutiva o integrativa della chirurgia. L’indicazione di trattare un paziente con metastasi epatiche, deriva da una valutazione specifica, che tiene conto della natura delle metastasi, del loro numero, delle dimensioni e della loro localizzazione, oltre che del loro aspetto biologico. Quando la chirurgia non è praticabile, perché la lesione è difficilmente resecabile, o il paziente non può né essere operato né sottoposto alla terapia farmacologica, la termoablazione rappresenta l’unica soluzione praticabile».

Twitter @fabioditodaro

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