Wise Society : Nella giungla degli integratori alimentari dove il claim può ingannare

Nella giungla degli integratori alimentari dove il claim può ingannare

di Valentina Schenone
16 Aprile 2014

Solo in Italia esistono 1.200 aziende produttrici che si fanno concorrenza. «Più del messaggio pubblicitario, meglio verificare la quantità di estratti che, però, non tutti indicano»

La nostra alimentazione non è più quella di una volta, continuano a ripetere gli esperti, per cui l’integrazione è spesso consigliata. Solo in Italia esistono circa 1.200 aziende di integratori, e sugli scaffali di farmacie e supermercati troneggiano innumerevoli prodotti contenenti vitamine, sali minerali, estratti e complessi di ogni genere e tipo dai prezzi più disparati. Ma sono tutti efficaci? E quale criterio di scelta per l’acquisto è meglio seguire?

«Non esiste un unico criterio», spiega Christian Artaria, direttore marketing di Indena, società italiana leader nell’identificazione, sviluppo e produzione di principi attivi vegetali che trovano impiego nell’industria farmaceutica, nutrizionale e cosmetica.

«Spesso il primo impatto del consumatore avviene con il claim (la frase riportata in etichetta e pubblicità sui benefici per la salute, cioè lo slogan, ndr), ma ci sono parametri ben più importanti, come la qualità degli estratti utilizzati in un prodotto e la quantità di principi attivi in essi contenuti. È proprio questa la forza dei fitocomplessi vegetali: ciò che viene estratto da una pianta è un insieme articolato e sinergico di molecole attive, è come trovare uno scrigno del tesoro», spiega Matteo Floridia, docente al master di Medicina Integrativa di Firenze e formulatore per il Centro Medico Galileo.

Il fatto che il prodotto (più precisamente la materia prima che, di riflesso, lo conferisce al prodotto che la contiene) abbia un claim, in ogni caso, vuol dire che risponde alle regole della normativa vigente e che l’efficacia riportata in esso è stata convalidata. O quantomeno dovrebbe esserlo in base al Regolamento CE n.1924/2006, relativo alle informazioni nutrizionali sulla salute fornite sui prodotti alimentari, che stabilisce una serie di norme volte a standardizzare l’uso delle indicazioni nutrizionali e sulla salute a livello europeo, in base alla quale il claim presente sulla confezione, nella presentazione o nella pubblicità dei prodotti alimentari, garantisce (o dovrebbe garantire) prove di efficacia accettate dalla comunità scientifica.

«L’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, in base alla valutazioni di studi di letteratura o effettuati dalle società ad hoc sul prodotto, determina dosaggi e ingredienti ai quali può essere associato un claim specifico» continua Christian Artaria. «La presenza sull’etichetta di tale dicitura è, o dovrebbe essere, garanzia di efficacia e sicurezza». Le cose, però, non sono così semplici. Le quantità scritte, infatti, possono anche non essere idonee in quanto sottodosate, perché il regolamento 1924/2006 non pone quote minime su una serie consistente di piante. Ma risulta estremamente difficile se non impossibile, per il consumatore, controllare tutti questi parametri.

La scelta di un’azienda di sottostare alla normativa e riportare il claim si chiama in gergo tecnico approccio “on-pack”, che si differenzia dall’approccio “off-pack”, per alcuni aspetti più rischioso. «In questo secondo caso non si può dare una comunicazione diretta sui benefici funzionali del prodotto», spiega Cesare Mutti di Sprim Advanced Life Science, che ha ribadito, intervenendo a NutriMi 2014, la necessità di un approccio “science based” riguardo ad alimentazione, alimenti funzionali, integratori e studi clinici. «L’approccio on-pack è certamente più difficile e costoso, ma l’off-pack presenta una percentuale di rischio maggiore. Se, infatti, gli enti di controllo stabiliscono che il messaggio lanciato dall’azienda produttrice che opta per la seconda scelta non sia veritiero, in quanto non sottoposto ai dovuti studi di ricerca – è sufficiente che il nome del prodotto riporti un termine o parte di esso che faccia riferimento a tale beneficio o organo a cui porterebbe beneficio -, partono le sanzioni». In realtà, soprattutto tra le grandi aziende, accade che la decisione sia di non sottostare al regolamento europeo, ma di riportare comunque un riferimento ai benefici sulla salute del prodotto magari in modo più “velato”, in etichetta o pubblicità, calcolando che la sanzione è comunque contenuta rispetto al guadagno che si ha dalla vendita del prodotto, fortemente influenzata al messaggio che si è lanciato.

Materie prime, principio attivio e prezzo i tre elementi utili per la scelta  

Ma il claim non è né il primo, né l’unico indice di garanzia di efficacia di un integratore. Innanzitutto, per scegliere un buon prodotto, bisogna controllare le quantità di materia prima e di principio attivo riportate in etichetta. Per fare un esempio, equiparando due integratori di mirtillo nero, sull’etichetta può comparire solo la grammatura dell’estratto del frutto (100 mg) oppure anche del principio attivo, in questo caso le antocianine. «La prima voce è vaga, la seconda specifica la quantità dell’elemento davvero efficace, e anche solo il fatto che l’azienda abbia deciso di inserirlo, vuole dire che lo vuole comunicare al consumatore e che sono quindi stati effettuati a priori diversi studi che lo provano».

Non solo. “Un buon integratore deve contenere pochi e molto selezionati estratti vegetali, soprattutto se si tratta di un prodotto in compresse o capsule, cioè con uno spazio limitato», dice ancora Matteo Floridia. «Possibilmente deve comparire anche il nome botanico della pianta e quale droga vegetale (la parte della pianta usata per ottenere un estratto, cioè radici, foglie ecc) viene impiegata. Inoltre le composizioni devono essere ben formulate, con una certa quantità di principi attivi e una buona specifica in etichetta».

Anche il prezzo del prodotto ha la sua importanza. «Considerando che le spese di confezionamento sono sempre necessarie e fondamentalmente non possono essere inferiori a determinati valori», conclude Matteo Floridia, «un prezzo troppo vantaggioso indica che l’azienda ha risparmiato sulla qualità del prodotto. Il consumatore può destreggiarsi nel miglior acquisto chiedendo aiuto a un esperto in fitoterapia e informandosi adeguatamente prima di procedere con l’acquisto».

 

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