Wise Society : Mobilità post lockdown: come cambiano le abitudini degli italiani

Mobilità post lockdown: come cambiano le abitudini degli italiani

di Fabio Di Todaro
19 Luglio 2020

Più auto private in circolazione, meno biglietti venduti a bordo dei mezzi pubblici: a partire dai treni dei pendolari, fino agli autobus urbani, alle corriere e agli aerei. Così come già registrato in Cina a partire da febbraio, la pandemia di Covid-19 ha modificato il modo di spostarsi degli italiani. A documentare quella che era una sensazione abbastanza diffusa è oggi uno studio del Centro Nazionale delle Ricerche (Cnr), che tra le altre cose ha analizzato come siano cambiate le abitudini degli italiani per recarsi sul luogo di lavoro. E, più in generale, per spostarsi, anche nel tempo libero. Prevedibile la risposta, in ragione del maggior rischio di contagio associato ai viaggi in mezzi pubblici spesso sovraffollati.

Donna in metropolitana

Foto: 123rf

Covid-19: i mezzi pubblici possono essere fonte di contagio?

All’inizio è stata la volta delle navi da crociera. Oggi – anche a detta degli esperti – a fare più paura sono gli aerei per la difficoltà di mantenere il distanziamento sociale al loro interno. Non ci sono elementi per puntare il dito contro i mezzi pubblici, in questa fase. Ma ormai è un dato di fatto che, nei luoghi chiusi in cui si radunano più persone, il rischio infettivo cresce.

Quello che abbiamo riscontrato anche direttamente, è che oggi il mezzo pubblico più sicuro per spostarsi è probabilmente il treno. L’affermazione è valida per tutti i treni a lunga percorrenza, all’interno dei quali il protocollo applicato è considerato sicuro. L’uso della mascherina, la possibilità di poter lavare frequentemente le mani nei bagni e la scelta operata da Trenitalia di far viaggiare i mezzi pieni solo per metà rassicurano tutti coloro che sono chiamati o che scelgono di utilizzarli per spostarsi. Discorso diverso invece per i treni locali, perché alcune Regioni (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Puglia, Liguria e Province autonome di Trento e Bolzano) hanno fatto cadere i limiti di capienza e dunque oggi è più difficile (soprattutto nei fine settimana, nelle zone di mare) essere certi di poter salire a bordo e trovare le condizioni di distanziamento minimo essenziali. Idem dicasi per le corriere private e per gli aerei, sui quali si viaggia (con la mascherina) ormai a pieno carico, sedendosi su posti molto ravvicinati tra loro.

Più frammentato invece lo scenario dei mezzi urbani (autobus, tram e metropolitane), sui quali esiste un limite nell’accesso, che non sempre (né ovunque) risulta però rispettato.

Coronavirus e mobilità: come sono cambiate le abitudini degli italiani?

Sulla base di queste considerazioni, i ricercatori del Cnr hanno osservato come sono cambiate le abitudini degli italiani nella fase 3, in materia di trasporti. Il calo nell’utilizzo dei mezzi pubblici – gli indici considerati sono stati estratti dai dati resi accessibili da Google e Apple – sembra aver seguito quello che è stato il gradiente dell’epidemia in Italia. «L’indice di trasporto pubblico in Lombardia si è ripreso infatti molto meno rispetto a quello della Sicilia e della Toscana – afferma Paolo Santi, ricercatore dell’Istituto di informatica e telematica del Cnr di Pisa -. In linea generale, però, l’utilizzo dell’auto per gli spostamenti è cresciuto in maniera uniforme in tutte le regioni. Ciò indica un travaso di utenti dal trasporto pubblico a quello privato, in misura tanto maggiore quanto maggiore è l’incidenza dell’epidemia». Una reazione prevedibile, che incute però una preoccupazione negli esperti. Se il lockdown ha aiutato provvisoriamente tutte le città a rendere l’aria più pulita, lo scenario potrebbe cambiare nell’arco di pochi mesi.

Persone con mascherina in aeroporto

Foto: 123rf

Più inquinamento nell’Italia post Covid?

«In assenza di adeguate politiche di ripresa delle attività e del trasporto, la tendenza all’uso del mezzo privato potrebbe portare a una sorta di corto circuito per la salute pubblica dei cittadini», afferma Sarti.

Le preoccupazioni degli esperti sono giustificate. Le aree finora maggiormente colpite dall’epidemia – a partire dalla Lombardia – sono anche quelle che presentano i livelli più alti di inquinamento da polveri sottili. Una situazione che perdura da anni e che, soprattutto a cavallo tra l’autunno e l’inverno, porta ogni anno a registrare molteplici sforamenti dei valori limite di PM10 e PM2.5.

Da qui il timore che tra pochi mesi, al di là di quello che sarà l’andamento della pandemia, l’aumento del traffico (particolarmente visibile nelle grandi città, a partire da Milano) possa far crescere anche i livelli di inquinamento. Un’ipotesi da scongiurare, per diverse ragioni. L’aria sozza è già infatti causa di oltre 7 milioni di decessi ogni anno nel mondo. E, per rimanere agganciati all’attualità, non è da escludere che lo smog possa peggiorare l’esito del Covid-19, in caso di contagio. Ecco perché, prima di sedersi ognuno in una macchina diversa, occorre pensarci bene. Ok la prevenzione del contagio, ma l’aria che respiriamo tutti i giorni può avere effetti peggiori sulla salute rispetto all’infezione (eventuale) da Sars-CoV-2.

Twitter @fabioditodaro

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