Wise Society : Migranti e HIV: Il 50% si infetta nel Paese che li ospita

Migranti e HIV: Il 50% si infetta nel Paese che li ospita

di Fabio Di Todaro
30 Novembre 2018

Nella campagna di Anlaids sulla prevenzione, l’attenzione si rivolge al migrante: non perché veicolo di malattie infettive, ma perché più vulnerabile

La ricerca scientifica ha raggiunto traguardi ragguardevoli in tema di infezione da Hiv, il virus che determina l’Aids: di cui l’1 dicembre si celebra la giornata mondiale. Resta però ancora molta strada da percorrere sul piano sociale. Oltre ai giovani, tra i principali destinatari del messaggio di Anlaids sulla prevenzione, l’attenzione si rivolge al migrante: non perché veicolo di malattie infettive, ma perché più vulnerabile. La consueta percezione dei migranti spesso genera pregiudizi nei loro confronti anche per quanto riguarda il contagio da malattie infettive. In realtà, però, anche il riscontro di un’alta percentuale di persone provenienti da Paesi ad alta endemia non deve trarre in inganno.

SPESSO I MIGRANTI SI AMMALANO IN PAESI DIVERSI DAL PROPRIO – «I migranti sono soggetti vulnerabili e più di altri hanno bisogno di attenzione», afferma Tullio Prestileo, infettivologo dell’ospedale Civico-Benfratelli di Palermo. «La vulnerabilità ha diverse cause. Anzitutto, nasce dalle condizioni di base in Africa e viene fortemente implementata dal percorso migratorio. Successivamente, i migranti patiscono la permanenza in Libia. Infine, arrivati in Italia, spesso vengono meno i fattori che possono determinare un miglioramento della salute. Così la probabilità di ammalarsi aumenta in maniera proporzionale a questa perdita. Sono le precarie condizioni di vita a provocare un maggior rischio di ammalarsi». Le condizioni del migranti con Hiv in Europa sono state pubblicate nel 2016, attraverso due studi paralleli: uno condotto in 57 strutture per il trattamento dell’Hiv in nove Paesi europei e uno di comunità che ha visto il coinvolgimento di associazioni di lotta all’Aids e di supporto ai migranti. Dopo aver raccolto dati tra luglio 2013 e luglio 2015 su oltre 2.200 migranti adulti con diagnosi di infezione da Hiv da almeno cinque anni e residenti nel Paese di accoglienza da almeno sei mesi, è emerso che una grande quota di migranti che vivono con Hiv in Europa aveva acquisito l’infezione dopo la migrazione. Per la precisione, il tasso di infezione oscillava tra il 32  e il 64 per cento nel Paese ospitante.

RISCHI PIÙ ALTI PER LE DONNE – Come spiegare questi dati? Ciò è dovuto alle difficili condizioni cui i migranti sono sottoposti durante il viaggio, la permanenza in Libia e una volta arrivati in Europa. Si aggiunge poi, per le donne, il problema della prostituzione: cui spesso sono costrette. «Questi dati sono molto forti, specialmente se collegati a un altro dato, di prossima pubblicazione, che mostra come la permanenza in Libia aumenti di almeno quattro volte il rischio di infezione da Hiv, soprattutto nella popolazione femminile – prosegue lo specialista -. Violenze, torture e ripetuti abusi sessuali sono un grande problema per quanto riguarda il contagio». Secondo i dati del Piano Nazionale Aids approvato un anno fa, gli stranieri regolarmente residenti in Italia sono poco più di cinque milioni: circa l’otto per cento della popolazione totale residente in Italia. Di questi, il 52,4 per cento proviene dall’Europa, il 20,5 per cento dall’Africa, il 19,3 per cento dall’Asia ed il 7,7 per cento dall’America. A questi, va aggiunta una quota di immigrati regolari non iscritti all’anagrafe e una quota, attualmente difficilmente stimabile, di irregolari. L’incidenza di nuove diagnosi di infezione da Hiv, pur se diminuita negli anni, è circa quattro volte più alta tra gli stranieri rispetto agli italiani. Oltre sei migranti su dieci acquisiscono l’infezione con rapporti eterosessuali. Di questi, i due terzi sono donne.

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L’incidenza di nuove diagnosi di infezione da Hiv, pur se diminuita negli anni, è circa quattro volte più alta tra gli stranieri rispetto agli italiani. Oltre sei migranti su dieci acquisiscono l’infezione con rapporti eterosessuali. Di questi, i due terzi sono donne, Image by iStock

SESSO, MIGRANTI E AIDS – La prostituzione è uno dei fattori di maggior rischio per la diffusione dell’HIV. Il fenomeno sta aumentando anche attraverso differenti forme di prestazione, il web ed i social network. Il fenomeno è a macchia di leopardo tra città metropolitane o capoluoghi di regione e piccoli centri di provincia. Si stima che in Italia siano circa settantamila, prevalentemente donne. Si registra un numero di prestazioni che si aggira sui 9-10 milioni. La questione è ancora molto controversa nei Paesi dell’America Latina, da cui provengono oltre 370mila (dei cinque milioni) migranti oggi stabilitisi in Italia. «Si è fatto molto per sensibilizzare la popolazione sulla tematica del contagio da Hiv, ma nelle famiglie se ne parla poco, ci sono ancora tanti miti e tabù, oltre che sentimenti di paura e rifiuto sociale»,  ha spiegato Ivonne Torres Tacle, giornalista ecuadoriana in Italia intervenuta all’ultimo convegno dell’Anlaids. «Sono necessarie iniziative sociali, sportive, culturali e campagne di informazione e coinvolgimento che tengano in alta considerazione i social network per raggiungere le fasce giovanili di questa popolazione. Bisogna realizzare campagne mirate per sensibilizzare i cittadini non italiani nelle istituzioni educative creando una rete tra istituzioni italiane, sedi diplomatiche e cittadinanza attiva. È indispensabile sottolineare sempre che il test è totalmente gratuito e anonimo».

Twitter @fabioditodaro

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