Quali sono i campanelli d'allarme e quali i trattamenti e le percentuali di sopravvivenza? Il tempo, in questi casi, è tutto, insieme come tutta una serie di altre cose da sapere. Vediamo quali
L’ictus cerebrale colpisce l’organo più che colpisce l’organo più importante del sistema nervoso centrale e, oggi, rappresenta la prima causa di disabilità, la seconda causa di demenza e la terza causa di morte nel mondo industrializzato.
E in Italia, ogni anno, colpisce tra le 120mila e le 150mila persone. Ictus non è sinonimo di morte, sia chiaro. Ma l’«eredità» del principale disturbo cerebrovascolare è legata a doppio filo al fattore tempo. Prima si interviene, maggiori sono le chance di superarlo senza (troppi) strascichi. Un aspetto che non era scontato prima in certe zone d’Italia e lo è meno adesso, con gli ospedali congestionati dal Covid-19.
Che cos’è l’ictus cerebrale?
L’ictus è un’ostruzione a livello cerebrale delle arterie che garantiscono il corretto flusso di sangue. Quando ciò accade le aree a valle del blocco non possono essere sufficientemente irrorate e con il passare del tempo vanno incontro a morte cellulare.
Riconoscere l’ictus cerebrale: quali sono i sintomi?
I sintomi di questa condizione sono abbastanza evidenti e i segnali hanno la caratteristica di essere improvvisi. Un fortissimo mal di testa, non riuscire a muovere braccio e gamba (o muoverli con difficoltà), perdita di sensibilità di un arto, difficoltà improvvisa a parlare e parte del viso che non si contrae più sono sintomi tipici di un ictus in corso.
I cinque campanelli d’allarme
I campanelli d’allarme indicano che qualcosa non va e permettono di essere tempestivi nel trattamento della patologia. Ecco come riconoscere, quindi, l’ictus cerebrale
- Debolezza o insensibilità del volto: in cima alla lista dei segni da riconoscere e intrpretare c’è proprio la debolezza o l’insesibilità di metà del volto, o di uno degli arti (braccio o gamba) della metà del corpo, che può essere anche pervasa da formicolii
- Incapacità di comprensione o espressione: l’ictus può manifestarsi anche con l’incapacità di esprimersi o di comprendere qualcuno che sta parlando
- Oscuramento della visione: tra i sintomi dell’ictus si nomina anche l’oscuramento o la perdita della vista da un solo occhio
- Sensazione di vertigine: vertigine e sbandamento sono una dei campanelli d’allarme dell’ictus, che possono anche esitare in un cadute improvvise
- Grave e improvviso mal di testa
Ciò che deve soprattutto insospettire è la comparsa improvvisa anche di una sola di queste condizioni, di fronte alle quali occorre chiamare subito il 118.
Cosa fare in caso di ictus? Ecco come si interviene
L’unica cura possibile per l’ictus è la rimozione del coagulo che causa l’ostruzione. Ciò può avvenire secondo due modalità.
La prima consiste nella rimozione mediante un intervento farmacologico volto a «sciogliere» il coagulo, la cosiddetta fibrinolisi. La seconda – di più recente invenzione – avviene rimuovendo il trombo direttamente per via meccanica. Oggi, attraverso un catetere inserito nell’arteria femorale, è possibile risalire sino al cervello e arrivare nella zona in cui è presente l’ostruzione.
La scelta di quale tecnica utilizzare dipende dalle dimensioni e dalla localizzazione dell’ostruzione. Secondo gli esperti, circa il 20-30% degli ictus è causato da trombi di grandi dimensioni che vanno ad ostruire i grandi vasi. In questi casi la fibrinolisi non può quasi nulla e la rimozione meccanica è l’intervento più indicato e di successo.
L’importanza di un intervento tempestivo
Di fondamentale importanza è però il fattore tempo. Mortalità, rischio di emorragie intracraniche e disabilità permanenti nel paziente colpito diminuiscono significativamente se si «gioca» con un anticipo di soltanto un quarto d’ora. Ogni minuto perso, dunque, aumenta sensibilmente la probabilità di non sopravvivere all’evento o di rimanere con una grave disabilità.
Ictus e Covid-19
Nella prima ondata di contagi, l’emergenza Covid-19 ha modificato la geografia delle stroke unit, le strutture (afferenti ai reparti di neurologia) in cui si interviene d’urgenza sui pazienti colpiti da un ictus. Il fenomeno è stato molto più marcato nelle Regioni maggiormente colpite dalla pandemia.
In Lombardia, tra marzo e maggio, si è assistito a una riduzione del numero di unità da 28 a 10: con una conseguente riorganizzazione dell’assistenza e del trasporto in fase pre-ospedaliera.
In altre Regioni, invece, come in Emilia Romagna, la riorganizzazione delle reti è avvenuta nelle singole aziende ospedaliere o per aree vaste, con minori variazioni rispetto all’organizzazione lombarda.
Risultato? «Un minore accesso di pazienti negli ospedali, nel corso del lockdown – afferma Massimo Del Sette, direttore della struttura complessa di neurologia dell’ospedale Galliera di Genova e vicepresidente della Società Italiana di Neurologia -. Questo calo è stato dovuto probabilmenteal timore di un contagio all’interno degli ospedali. Proprio in questo momento è invece importante sottolineare quanto il tempo di intervento sia cruciale per garantire l’efficacia delle terapie e che i vantaggi di un intervento urgente superano di gran lunga i potenziali rischi di una ospedalizzazione».
Twitter @fabioditodaro