Respirare aria pesantemente inquinata da PM2.5 è un rischio, anche e soprattutto in gravidanza. Lo dimostrano numerosi studi scientifici italiani e internazionali
Quanti danni fa l’inquinamento atmosferico? Man mano che la comunità scientifica monitora e analizza i dati, la lista delle risposte si allunga sempre più. Se ormai appare quasi scontato che lo smog sia un fattore di rischio per l’asma infantile e per il cancro al polmone anche in persone che non hanno mai fumato, più raro è sentir parlare delle conseguenze in gravidanza. Una ricerca dell’Università degli Studi di Milano, per esempio, rileva un maggiore rischio di parto prematuro e parto cesareo.
Lo studio italiano sui rischi dello smog in gravidanza
Lo studio, coordinato dalla ricercatrice Chiara Macchi, è stato pubblicato nella rivista scientifica Environment International. Già in precedenza, il team di ricerca aveva studiato la relazione tra l’inquinamento ambientale e il colesterolo materno, che ha un ruolo molto importante per la crescita del feto. A partire da questi primi risultati, gli autori hanno deciso di concentrarsi sulla proproteina convertasi subtilisina/kexina di tipo 9 (PCSK9), uno dei principali regolatori della colesterolemia LDL, quello che comunemente chiamiamo “colesterolo cattivo”. Hanno quindi dosato i livelli di questa proteina in 134 donne sane alla dodicesima settimana di gestazione, per poi riscontrare che, all’aumento dell’esposizione al particolato fine (PM2.5), aumentavano anche i livelli circolanti della proteina PCSK9.
Non si tratta soltanto di un valore ematico sbagliato, perché le conseguenze sono tangibili. L’età gestazionale del bambino alla nascita, infatti, si riduce di circa una settimana per ogni incremento di 100ng/mL dei livelli circolanti di PCSK9; un impatto che è ancora maggiore quando la neomamma ha respirato livelli particolarmente elevati di PM2.5. Non solo: all’incremento dei livelli della proteina, aumentano anche le probabilità di dover fare ricorso a un taglio cesareo d’emergenza. Questo accade in seguito all’esposizione sia al particolato più grossolano (PM10), sia al biossido di azoto (NO2).
I rischi dell’inquinamento atmosferico per la salute del feto
Questa ricerca italiana fa il paio con analoghi studi condotti in tutto il mondo che, pur analizzando parametri diversi, giungono alla stessa conclusione: respirare aria inquinata è pericoloso sia per la madre sia per il feto che porta in grembo, e lo è a più livelli.
Peso più basso alla nascita
Perché è associato, per esempio, a un peso più basso del neonato alla nascita: è molto indicativa in questo senso una ricerca condotta a Pechino durante le Olimpiadi del 2008, un bimestre in cui le autorità hanno dovuto intraprendere misure drastiche per rendere più pulita un’aria altrimenti irrespirabile. Ebbene: le donne che erano all’ottavo mese di gravidanza proprio durante i Giochi hanno partorito bambini che, in media, pesavano circa 20 grammi in più rispetto alla media registrata un anno prima.
Parto pretermine
Anche l’aumento del rischio di parto pretermine è suffragato dai dati scientifici. Lo Stockholm Environment Institute dell’Università di York sostiene che il PM2.5 nel 2010 sia stato un fattore scatenante per 2,7 milioni di parti pretermine in tutto il mondo, cioè il 18% del totale.
Asma
C’è poi l’ampio capitolo legato all’asma. Se una donna incinta ne soffre già, respirare aria inquinata peggiora drasticamente i sintomi e dunque incrementa le probabilità di preeclampsia, una condizione che può risultare pericolosa e richiede quindi una stretta sorveglianza medica. Tutti rischi che, chiaramente, possono essere limitati assumendo le terapie appropriate. Non si può fare nulla, invece, per evitare che il particolato atmosferico penetri nella placenta e quindi esponga anche il feto al rischio di manifestare l’asma nel corso della vita.
Autismo
Un’altra meta-analisi dell’Università di Harvard mette in guardia da un pericolo che, al di fuori dell’ambiente scientifico, sarebbe stato difficile addirittura da immaginare. Sembra infatti che, se la futura madre respira livelli particolarmente elevati di particolato fine (PM2.5) durante il terzo trimestre di gravidanza, il figlio abbia maggiori probabilità di presentare un disturbo dello spettro autistico. Un’eventualità che, come le altre, sarà sicuramente oggetto di ulteriori approfondimenti. E ci dimostra, ancora una volta, quanto le misure per mantenere più pulita l’aria – dai limiti al traffico fino alla sostituzione delle caldaie – possano apparire impopolari, ma soltanto a uno sguardo superficiale. In realtà, sono un investimento sulla salute nostra e delle future generazioni.
Valentina Neri