Wise Society : Nel mondo, una persona su 11 soffre la fame. In Africa, una su 5. Gli allarmanti dati dell’Onu

Nel mondo, una persona su 11 soffre la fame. In Africa, una su 5. Gli allarmanti dati dell’Onu

di Valentina Neri
20 Agosto 2024

Con l’Agenda 2030, gli Stati membri dell’Onu si erano impegnati a porre fine alla fame nel mondo entro la fine del secolo, ma sono del tutto fuori strada. Lo dimostra il nuovo report State of Food Security and Nutrition in the World

Dovevamo sconfiggere la fame nel mondo entro la fine di questo decennio. Era uno dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile che i 193 Stati membri delle Nazioni Unite si sono solennemente impegnati a raggiungere. Ma non ce la faremo, salvo miracoli. Nel 2023, infatti, 733 milioni di persone hanno sofferto la fame: un abitante del Pianeta su undici. Una percentuale che in Africa arriva addirittura a una su cinque. Il livello di malnutrizione di oggi, dunque, è paragonabile a quello di 15 anni fa. È quanto emerge dall’ultima edizione dello studio più completo e autorevole sul tema, lo State of Food Security and Nutrition in the World (noto anche con l’acronimo SOFI). Di questo passo, nel 2030 ci saranno ancora 582 milioni di persone in condizioni di malnutrizione cronica, la metà delle quali in Africa. In pratica non sarà cambiato nulla rispetto al 2015, l’anno in cui sono stati lanciati gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Water crisis in africa

Foto di Jeff Ackley / Unsplash

Cosa misura il report SOFI delle Nazioni Unite

Il rapporto SOFI è pubblicato congiuntamente da cinque agenzie Onu: l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), il Programma alimentare mondiale (WFP) e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

Prima di entrare nel dettaglio dei contenuti, è bene chiarire il vocabolario adottato. Una persona soffre la fame quando vive uno stato di malessere perché non assume abbastanza energia dalla dieta. In questo report, fame è sinonimo di denutrizione, cioè quella condizione in cui il regime alimentare non fornisce abbastanza calorie per poter condurre una vita normale e in salute.

Diversa è l’insicurezza alimentare che può manifestarsi a due livelli. È moderata quando un individuo si trova costretto periodicamente a sacrificare la quantità o la qualità del cibo perché non ha abbastanza soldi per acquistarlo. È invece severa quando, sempre per via di difficoltà economiche, il soggetto finisce le proprie scorte di cibo, ha fame o resta digiuno per più di un giorno.

Fame ne mondo: Africa

Foto Ericky Boniphace / Shutterstock

I principali dati emersi dal rapporto 

La prima e più chiara evidenza restituita dal rapporto è netta: la strada per sconfiggere la fame nel mondo è in salita. Questa considerazione generale è il risultato di tanti dati differenti; ripercorriamo i principali.

La pandemia ha fermato i progressi nella lotta contro la fame

Di fatto, la pandemia ha bloccato i progressi verso l’Obiettivo di sviluppo sostenibile Fame zero. Dapprima per l’emergenza sanitaria in sé, poi per la spirale inflazionistica che ha determinato. La prevalenza della denutrizione nel mondo dunque ha vissuto un balzo in avanti con lo scoppio dell’emergenza sanitaria, salvo poi stabilizzarsi nei tre anni successivi. Nel 2023, hanno sofferto la fame tra i 713 e i 757 milioni di persone: la stima intermedia dunque è di 733 milioni. Anche lo stato di insicurezza alimentare è rimasto pressoché stabile negli ultimi tre anni e riguarda 2,33 miliardi di persone, cioè il 28,9% della popolazione globale.

Ancora più alto (2,8 miliardi) il numero di persone che nel 2022 non si sono potute permettere una dieta sana. Con questa espressione si intende una dieta bilanciata, varia, sicura, adeguata in quantità e con una scarsa presenza di cibo nutrizionalmente povero: a noi potrà sembrare una banalità, ma è un miraggio per il 71,5% degli abitanti dei Paesi a basso reddito.

La geografia della fame nel mondo

I dati complessivi spiegano soltanto una parte del problema. Perché la geografia della fame nel mondo è molto sfaccettata, con profonde differenze tra territorio e territorio. In termini puramente quantitativi, è l’Asia a ospitare il maggior numero di persone che soffrono la fame: 384,5 milioni, più della metà del totale planetario. Cifre che hanno vissuto una brusca impennata tra il 2019 e il 2021, per poi stabilizzarsi. La percentuale sul totale della popolazione è pari all’8,1%.

Nella macro regione che comprende l’America latina e i Caraibi, le persone denutrite sono 41 milioni: in termini percentuali sono il 6,2%, il che significa che sono stati fatti passi avanti rispetto all’8,9% del 2005.

Ma la zona del mondo che desta le maggiori preoccupazioni è l’Africa, con un drammatico 20,4% della popolazione che soffre la fame: si tratta di 298,4 milioni di persone. Un netto peggioramento rispetto al 17,4% registrato alla vigilia della pandemia. Conteggiando anche l’insicurezza alimentare moderata o severa, si arriva al 58% della popolazione.

I finanziamenti per la sicurezza alimentare

Ogni anno il rapporto SOFI ha un tema: per il 2024 le agenzie Onu hanno scelto quello dei finanziamenti per la sicurezza alimentare. Un argomento che, specificano fin dall’executive summary, è tutt’altro che semplice. Innanzitutto perché ad oggi non esiste nemmeno una definizione chiara, men che meno una quantificazione del fabbisogno finanziario e dei fondi erogati da attori pubblici e privati.

Dopo avere proposto alcune stime, gli autori suggeriscono anche di mettere in campo strumenti finanziari innovativi, volti anche ad abbassare i rischi per gli investitori privati e allargare il ventaglio di opportunità a disposizione dei Paesi più poveri, spesso tagliati fuori dai circuiti finanziari tradizionali.

Altrettanto importante è garantire l’empowerment economico di donne e popoli indigeni, spesso in prima linea nel comparto agroalimentare. “È dimostrato che la strada più veloce per uscire dalla fame e dalla povertà è attraverso gli investimenti nell’agricoltura nelle aree rurali”, commenta il presidente di IFAD Alvaro Lario.

“Ma il panorama globale e finanziario è diventato molto più complesso dall’adozione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile nel 2015. Porre fine alla fame e alla malnutrizione ci richiede di investire di più e in modo più intelligente. Dobbiamo portare nuovo denaro nel sistema dal settore privato e riconquistare quel desiderio, che caratterizzava l’era pre-pandemica, di un’ambiziosa riforma finanziaria globale che offra finanziamenti più a buon mercato ai Paesi che ne hanno più bisogno”. “Abbiamo le tecnologie e le competenze per porre fine all’insicurezza alimentare, ma abbiamo bisogno al più presto dei fondi per investirvi su larga scala”, gli fa eco Cindy McCain, direttrice esecutiva del World Food Programme.

Valentina Neri

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