Nel solo decennio 2005-2015 si è assistito a un aumento dei casi di circa il 20% e oggi sono 300 milioni le persone che ne soffrono, tre milioni solo in Italia.
E’ un problema che può riguardare tutti: uomini e donne, giovani e anziani. La depressione non conosce confini. A soffrire delle varie forme, soltanto nel nostro Paese, sono oltre tre milioni di persone. Questi i numeri ufficiali, che partono dai dati dei pazienti in cura e non tengono conto di chi invece non ha ancora preso atto della malattia. Non pochi, considerando che per l’Organizzazione Mondiale della Sanità soltanto 1 paziente su 2 riceve un trattamento corretto e tempestivo.
«La depressione è la prima causa di disabilità ed è destinata a diventare la prima causa di spesa sanitaria entro il 2030», fa sapere il massimo organo sanitario mondiale in occasione della Giornata mondiale della salute mentale, in programma come ogni anno il 10 ottobre.
Depressione: dati e cifre nel mondo
Nel solo decennio 2005-2015 si è assistito a un aumento dei casi di circa il 20% e a oggi la depressione coinvolge nel mondo oltre 300 milioni di persone ed è diventata la prima causa di disabilità a livello globale (fino a 20 anni fa si trovava al quarto posto). Complessivamente nel nostro Paese la depressione – in tutte le sue forme – colpisce più di tre milioni di pazienti. La forma maggiore circa un milione, di cui soltanto la metà ha ottenuto diagnosi e trattamento.
Un terzo dei pazienti alle prese con la depressione maggiore, ossia circa 130mila persone, non risponde ai trattamenti tradizionali, nonostante una corretta aderenza alle terapie. Il genere femminile è correlato a un rischio doppio di incorrere in un disturbo depressivo rispetto al genere maschile.
«I disturbi mentali sono la principale causa di morte, disabilità e impatto economico al mondo – spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano -. Un terzo dei pazienti affetti da depressione maggiore non ottiene una risoluzione dei propri sintomi di malattia e va dunque incontro a cronicizzazione del disturbo. La persistenza e l’aggravamento di sintomi quali apatia, anedonia, insonnia, pensieri di colpa e ideazione suicidaria, generano una frattura sempre più marcata tra la persona e la sua vita precedente all’episodio depressivo».
I costi sanitari e sociali della depressione
Il nostro Paese è oggi il ventesimo in Europa per la spesa dedicata alla salute mentale, eppure i costi diretti e indiretti legati alla depressione sono molto elevati. I risultati di una nuova indagine condotta dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della donna e di genere, che ha coinvolto più di 300 pazienti italiani con depressione maggiore resistente al trattamento, dicono che il costo medio sanitario relativo ai costi diretti della depressione maggiore è di 2.612 euro per ogni paziente.
E ancora più impressionante è il dato relativo ai costi indiretti ovvero legati alla perdita di produttività. Le giornate di lavoro perse ogni anno sono mediamente 42 (circa un giorno a settimana). In media, i costi indiretti possono essere stimati a: 7.140 euro (media nazionale), pari a circa il 70 per cento del costo totale della malattia.
Si stima che in Italia il costo sociale della depressione, in termini di ore lavorative perse, sia complessivamente pari a 4 miliardi di euro l’anno. A questi costi si aggiungono i costi legati ai familiari, tenendo presente che per ogni paziente sono coinvolte almeno 2-3 persone.
«La valutazione dei costi diretti legati a una malattia è legata all’analisi di tutta una serie di voci di spesa: ospedalizzazioni, visite, spese farmaceutiche, accessi al pronto soccorso – spiega Francesco Saverio Mennini, docente di Economia Sanitaria Università Tor Vergata di Roma -. Ma i costi diretti non sono l’unico tassello da tenere in considerazione. I costi indiretti possono gravare in maniera importante, basti pensare ai costi previdenziali legati all’elevato numero di giorni di assenza dal lavoro causato da una malattia come la depressione maggiore. Questi dati testimoniano che si è di fronte a una malattia fortemente invalidante, che impatta in maniera significativa sulla vita dei pazienti e della società, da molteplici punti di vista».
Salute mentale: verso un approccio multidisciplinare e servizi più efficienti
In occasione della Giornata mondiale, è stato pubblicato il primo Libro Bianco sulla Salute Mentale in Italia, con l’obbiettivo di sensibilizzare le istituzioni sul tema. Obbiettivi: combattere gli stereotipi, facilitare l’accesso alle cure e migliorare la qualità della vita di chi soffre.
«Nell’ambito dei Paesi più industrializzati, siamo l’unico a non avere più ospedali psichiatrici e il nostro Paese è caratterizzato dalla minore disponibilità di operatori e dalla minore percentuale di spesa sanitaria destinata alla salute mentale – afferma Enrico Zanalda, direttore del dipartimento integrato di salute mentale dell’Asl Torino 3 e presidente della Società Italiana di Psichiatria -. Maggiori investimenti culturali ed economici dovranno quindi concretizzarsi in migliori e più tempestivi percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione nell’ambito della salute mentale, in particolar modo per le persone che soffrono di depressione maggiore, resistente ai trattamenti e a rischio di suicidio, nei confronti delle quali il giusto investimento in risorse organizzative, tecnologiche e farmacologiche è cruciale».
Twitter @fabioditodaro