Wise Society : Il defibrillatore, anche se usato da soccorritori occasionali, può salvare la vita

Il defibrillatore, anche se usato da soccorritori occasionali, può salvare la vita

di Fabio Di Todaro
19 Settembre 2019

A confermarlo i dati presentati nel corso del congresso mondiale di cardiologia: il numero dei casi di arresto cardiaco è costante. Ma le morti improvvise sono meno di quelle conteggiate dieci anni fa.

Saper usare il defibrillatore è il primo passo che ognuno di noi può compiere per intervenire in maniera risolutiva, qualora si trovi nelle vicinanze di una persona colpita da un arresto cardiaco. L’improvviso stop all’attività del cuore è causa di sessantamila decessi ogni anno in Italia: all’incirca uno su sette, rispetto al dato europeo (quattrocentomila morti). Ma molti di questi potrebbero essere evitati, come dimostrano i dati relativi all’efficacia di un intervento tempestivo con il massaggio cardiaco, le ventilazioni ed eventualmente il ricordo al defibrillatore (nell’attesa dell’arrivo dei soccorsi). Ma se da una parte il loro utilizzo è sempre più semplice, dall’altra nel nostro Paese la legge ha finora consentito l’uso del defibrillatore anche al personale sanitario non medico, ma soltanto a fronte di un’adeguata formazione specifica nelle attività di rianimazione cardiopolmonare. Limite che verrà a cadere nei prossimi mesi.

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L’improvviso stop all’attività del cuore è causa di sessantamila decessi ogni anno in Italia. Ma molti di questi potrebbero essere evitati, come dimostrano i dati relativi all’efficacia di un intervento tempestivo con il massaggio cardiaco, le ventilazioni ed eventualmente il ricordo al defibrillatore, Foto: iStock

IL DEFIBRILLATORE PUÒ SALVARE LA VITA – A confermare l’importanza della rianimazione cardiopolmonare come forma di primo soccorso sono i dati presentati nel corso dell’ultimo congresso mondiale di cardiologia, tenutosi a Parigi. Il numero dei casi di arresto cardiaco è costante. Ma le morti improvvise tra gli sportivi sono oggi meno di quelle conteggiate dieci anni fa. Questo è quello che ha potuto dimostrare Xavier Jouven, a capo del dipartimento di medicina cardiovascolare dell’ospedale Georges Pompidou della capitale francese, dopo aver comparato il numero di eventi registrati nella provincia parigina in due diversi quinquenni: tra il 2005 e il 2010 e tra il 2011 e il 2016. L’incidenza, come detto, è rimasta stabile: di poco inferiore a sette casi per milione di abitanti. Nel tempo sono invece cresciute le probabilità di sopravvivere all’arresto cardiaco. Come spiegare questo trend? «La rianimazione cardiopolmonare effettuata da chiunque si trovi vicino alla persona colpita da un arresto cardiaco è in grado di aumentare fino a otto volte le probabilità che questa sopravviva all’evento», ha affermato lo specialista. Dal confronto tra i due periodi, è in effetti emersa una crescente propensione ad avviare la rianimazione cardiopolmonare (tra il 2010 e il 2016 si è passati dal 46 all’81 per cento dei casi) e a utilizzare il defibrillatore automatico esterno (dall’1.3 all’11.9 per cento). Così, se tra coloro che erano stati colpiti da un arresto cardiaco tra il 2005 e il 2010 è sopravvissuto un paziente su cinque, la quota è triplicata nel quinquennio successivo (60 per cento).

INCENTIVARE IL PRIMO SOCCORSO – Seguendo il principio che più i soccorsi sono tempestivi e maggiori sono le probabilità di salvare una persona colpita da un arresto cardiaco, «dobbiamo diffondere e rafforzare la cultura della rianimazione cardiopolmonare, coinvolgendo tutti i cittadini: la possibilità di salvare vite passa per le loro mani», è il pensiero esposto dall’esperto. «Bisogna insegnare la rianimazione cardiopolmonare al grande pubblico, oltre che ai medici dello sport. E ricordarsi quanto sia importante che in tutte le strutture sportive sia presente un defibrillatore semiautomatico esterno (in Italia vige l’obbligo anche per le società dilettantistiche, ndr)». Il problema è che finora, nel nostro Paese, la legge ha previsto che per poter utilizzare un defibrillatore senza essere medici, occorreva l’autorizzazione rilasciata dal 118, previo un corso di formazione in rianimazione cardiopolmonare effettuato da un’agenzia accreditata in Regione. Eppure, come dimostrato ormai a più riprese, l’utilizzo da parte di una persona non adeguatamente formata è in grado di fare la differenza. Per questo l’«Italian Resuscitation Council» si è battuta per far entrare in vigore la nuova legge che esclude le ricadute legali per i soccorritori «occasionali». Nel nostro Paese il 70 per cento degli arresti cardiaci avviene in presenza di altre persone, ma soltanto in un quarto di questi casi qualcuno inizia subito le manovre di rianimazione cardiopolmonare.

Twitter @fabioditodaro

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