Se non diagnosticata nella donna può essere causa di infertilità e aborti ripetuti. Nei bambini diarrea cronica, astenia, inappetenza e irritabilità devono indurre a fare i test
La celiachia, secondo le statistiche, è diffusa tra le donne in numero doppio rispetto agli uomini. In gran parte se ne attribuisce la causa alla maggiore predisposizione all’autoimmunità degli ormoni femminili. In generale vi è anche, da parte delle donne, un livello di consapevolezza più elevato rispetto agli uomini del proprio stato di salute con un maggiore ricorso alle prestazioni sanitarie che facilita le diagnosi.
Donne e celiachia
Le donne che soffrono di celiachia ma non l’hanno ancora diagnosticata, possono presentare problematiche come: ritardo della prima mestruazione (menarca ritardato), interruzione temporanea del ciclo mestruale (amenorrea), vita fertile più breve (menopausa precoce), fastidi più frequenti legati al periodo di menopausa (sindrome menopausale), anemia da carenza da ferro soprattutto in donne in età fertile.
Cosa succede in gravidanza
Ma i problemi per le donne con celiachia riguardano anche: sterilità, infertilità e aborti ripetuti. In quest’ultimo caso, secondo Francesco Valitutti, medico del Policlinico Umberto I di Roma, una donna con aborti spontanei ricorrenti che dimostra un malassorbimento di acido folico e ferro e problemi nel funzionamento della placenta imputabili a meccanismi immunologici, potrebbe essere una donna celiaca.
Anche un parto che avvenga prima del termine, lo scarso accrescimento del feto e un basso peso alla nascita del neonato potrebbero essere tutti elementi che indicano un caso di celiachia durante la gravidanza. C’è poi il fenomeno dell’osteoporosi riscontrata in donne celiache di età giovane molto lontane dalla menopausa. Come afferma ancora il dottor Valitutti, nella celiachia accade che l’assorbimento intestinale di calcio e vitamina D non si svolga in modo corretto e questo si ripercuote sulla mineralizzazione delle ossa, con il rischio di fratture spontanee. In conclusione, le manifestazioni cliniche che riguardano le donne possono dunque essere la spia di una celiachia non diagnosticata in persone ancora giovani e in età fertile.
La diagnosi è fondamentale
Il tema è di quelli sensibili, tanto che l’Aic ha avviato un progetto di studio e anche di informazione sul tema “Donna: osteoporosi anemia, fertilità e gravidanza” nei confronti di opinione pubblica, media e medici. Ma se la futura mamma è stata curata e segue un’opportuna dieta priva di glutine i miglioramenti sono evidenti. Pasquale Martinelli, medico dell’Università di Napoli Federico II , riporta dati incoraggianti: «La dieta priva di glutine riduce il rischio di aborto di almeno nove volte». Il problema è quando le complicanze della gravidanza accadono a donne in cui la celiachia non è stata ancora diagnosticata. In questo caso continuare ad assumere glutine può causare, come si è detto, una serie di danni legati al malassorbimento degli alimenti, e anche allo scatenarsi di reazioni immunitarie con conseguenze sul positivo andamento della gravidanza. Quello che, in definitiva, suggerisce la comunità scientifica è che le donne con problemi di infertilità, aborti ripetuti, ritardo di crescita intrauterino e complicazioni legate all’impianto placentare sarebbe bene si sottoponessero ai controlli per verificare se soffrano o meno di celiachia.
Bambini e celiachia
Oggi la celiachia è diffusa ad ogni età ma un tempo era considerata una malattia relegata in prevalenza all’età pediatrica. Ancora adesso si parla di forma classica della celiachia quando si manifesta tra i sei mesi ed i due anni del bambino, nella fase dello svezzamento nel momento in cui nella dieta sono introdotti alimenti contenenti glutine.
Di solito il bambino molto piccolo ha sintomi chiari: non cresce in modo adeguato, presenta diarrea cronica, pancia gonfia, astenia, ipotonia muscolare, inappetenza, irritabilità. Sempre più spesso accade però che i sintomi della celiachia si manifestano quando il bimbo è arrivato ormai all’età scolare.
I sintomi
Questi bambini possono presentare sintomi intestinali che i medici definiscono atipici, come dolori addominali ricorrenti, stipsi oppure sintomi extra-intestinali, come bassa statura, ritardo puberale, anemia, alopecia, stomatite aftosa, difetti dello smalto dentario, miocardite autoimmune, aumento delle transaminasi, persino l’osteoporosi con fratture frequenti. La celiachia si riscontra spesso nei bambini che soffrono di malattie come la tiroidite autoimmune, il diabete di tipo 1, l’epatopatia autoimmune, la sindrome di Down e sindrome di Turner.
In questi casi controllare la celiachia attraverso l’alimentazione può sicuramente migliorare la qualità di vita di bimbi già sofferenti per malattie importanti. Particolarmente delicata è la fase delle indagini cliniche nel caso di bambini. Come già detto anche i bambini devono sottoporsi all’esame del sangue per verificare il livello delle IgA e, nel caso di bimbi inferiore ai due anni, anche alla ricerca degli anticorpi anti-gliadina deamidata.
Il professor Umberto Volta dell’Università di Bologna, nel corso del recente convegno Aic dedicato alla diagnostica nella celiachia, ha riportato sia pure in termini molto cauti e in attesa di conoscere i risultati di ricerche tuttora in corso, di una possibilità definita dalla Società europea di gastroenterologia pediatrica europea (Espgan) nel 2012. Si tratterebbe, in alcuni casi pediatrici, di omettere la biopsia intestinale nel protocollo di diagnosi. Questi casi riguardano bambini che presentano la sintomatologia tipica, alti valori di anticorpi anti-tranglutaminasi (superiori 10 volte i valori di riferimento), anticorpi antiendomisio positivi e con un quadro genetico compatibile alla presenza della celiachia. L’ipotesi di applicazione del nuovo protocollo va comunque valutata con attenzione dai centri specialistici di riferimento, dopo il colloquio tra il medico gastroenterologo e la famiglia e solo nel caso in cui tutte le altre indagini diagnostiche portino a concludere senza dubbio che ci si trova di fronte a un bimbo celiaco.