I dati mostrano che anche con il taglia-pillole una pastiglia su tre è divisa male e la dose ottenuta è più alta o più bassa di almeno il 15 per cento rispetto a quella prescritta
Come dare le pastiglie agli anziani? «Basta un poco di zucchero e la pillola va giù», cantava Mary Poppins. E invece no: dividere pillole a metà o magari tritarle per poi aggiungerle al cibo e ingerirle insieme ad altre sostanze può comportare rischi insospettabili. L’allarme giunge dagli esperti della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg), secondo cui alterare la struttura dei farmaci può ridurre l’efficacia della terapia e aumentare il rischio di effetti collaterali: in un caso su tre la divisione delle pillole è diseguale e comporta una piccola perdita più consistente nella triturazione. Di conseguenza il dosaggio che si assume è diverso di almeno il 15 per cento rispetto a quello prescritto. Modificando la formulazione dei medicinali assunti e con una corretta valutazione delle difficoltà di deglutizione è tuttavia possibile ridurre fino al 70 per cento la necessità di tritare o dividere i farmaci, diminuendo di conseguenza i possibili eventi avversi.
Dividere pillole e farmaci a metà: ci vuole cautela
«Succede spesso di modificare i farmaci per renderli più facili da deglutire, capita a chiunque ma soprattutto agli anziani tra i quali la quota di chi altera i farmaci raggiunge il 41 per cento, mentre la metà li camuffa poi nei cibi – dichiara Nicola Ferrara, ordinario di medicina interna e geriatria all’Università Federico II di Napoli e presidente della Sigg -. Ma i dati mostrano che anche con il taglia-pillole, il mezzo più preciso per intervenire, una pastiglia su tre è divisa male e la dose ottenuta è più alta o più bassa di almeno il 15 per cento rispetto a quella prescritta. Ciò può essere pericoloso in caso di farmaci con una finestra terapeutica stretta, che hanno cioè effetti tossici a dosaggi che si discostano anche di pochissimo dalla terapia. Non vanno spezzate né schiacciate, pena la perdita di efficacia e di tollerabilità».
Dividere le pillole è sempre una fonte di errori: il rischio si riduce se c’è una piccola incisione-guida, ma l’imprecisione è di fatto inevitabile soprattutto negli anziani che hanno spesso difficoltà visive o problemi articolari alle mani.
No alla triturazione dei farmaci
Non parliamo poi di quando la pastiglia viene triturata: non perderne una parte consistente è praticamente impossibile. Un’operazione che viene spesso estesa a tutte le medicine prescritte, mescolate in un’unica soluzione. «Un mix che può provocare rischi di interazione fra principi diversi e fenomeni di irritazione delle vie aeree a causa dell’inalazioni delle polveri – prosegue lo specialista -. Inoltre, soprattutto in casa, gli anziani o i loro caregiver, tritano o dividono farmaci diversi usando sempre lo stesso strumento: una pratica ancora più pericolosa perché anche quando si schiacciano o si tagliano i farmaci uno alla volta, la mancata pulizia del coltello, del pestello o simili potrebbe portare a reazioni allergiche o ulteriori interazioni dovute ai residui di farmaco».
Come dare le pastiglie agli anziani?
Ma come comportarsi con gli anziani, anche disabili? I dati raccolti dai geriatri italiani mostrano che la pratica di alterare i farmaci è un’abitudine diffusa soprattutto nelle residenze sanitarie assistenziali (Rsa), perché molti pazienti non riescono a deglutire le compresse intere a causa di malattie come demenza o ictus o anche per la presenza di un sondino naso-gastrico. Un’indagine condotta su oltre 200 ospiti di strutture simili in Lombardia ha però dimostrato che è possibile ridurre il ricorso all’alterazione dei farmaci fino al 70 per cento, in modo semplice e senza costi aggiuntivi.
«Medici e fisioterapisti hanno rivalutato ciascun paziente trovando per molti modalità alternative, per esempio la somministrazione della pastiglia intera assieme a yogurt, budini o altri cibi di consistenza facile da deglutire, oppure farmaci analoghi o equivalenti in diversa formulazione, dalle gocce ai granulati – spiega Luisa Guglielmi, della Fondazione Casa di Riposo di Robecco d’Oglio Onlus -. Con provvedimenti semplici e senza un particolare aggravio di costi, siamo riusciti a ridurre notevolmente la pratica di triturare i farmaci per permetterne l’assunzione. Le indicazioni emerse dall’indagine sono molto importanti, perché spesso basta rivedere poco la terapia per modificarla e renderla più facile da deglutire».
Deglutire i farmaci: un appello alle case farmaceutiche
Il consiglio rivolto agli anziani è dunque quello di cercare di ingoiare le compresse tutte intere e di limitare al massimo il ricorso al taglio o alla triturazione, se non si è in grado di eseguire correttamente l’operazione. Tuttavia, negli anziani fragili e in trattamento con più farmaci (politerapia), il frazionamento consente al medico di verificare la risposta del paziente all’inizio del trattamento a dosi molto basse o di sospendere gradualmente la terapia. In questi casi, se non si è in grado di tagliare correttamente la pillola, è opportuno chiedere al medico di prescrivere le stesse molecole in diversa formulazione: in gocce, sciroppo o granulati. «Purtroppo tuttora diversi principi attivi di grande consumo, come gli ace-inibitori o i beta-bloccanti, non hanno nessuna alternativa alla forma in pastiglie o capsule – chiosa Ferrara -. È auspicabile che, per le capsule e le compresse non triturabili o divisibili come le rivestite, le gastroresistenti o quelle a lento rilascio, l’industria renda disponibili altre formulazioni di pari efficacia, ma più sicure. Visto l’allungarsi della vita media, sarebbe opportuno che le case farmaceutiche ponessero agli anziani la stessa attenzione rivolta alla fascia pediatrica, formulando preparazioni ad hoc».
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