Wise Society : Infarto: angioplastica o bypass? Le differenze

Infarto: angioplastica o bypass? Le differenze

di Fabio Di Todaro
19 Settembre 2018

Lo hanno stabilito i cardiologi riuniti al congresso di Monaco di Baviera ribadendo che l'attività fisica e una dieta equilibrata sono le prime scelte da compiere per ridurre il rischio di insorgenza di un infarto

L’esordio classico avviene con un dolore al petto profondo improvviso, che non passa: nemmeno se ci fermiamo e ci mettiamo a riposo. Di fronte a questi sintomi, occorre sospettare l’«arrivo» di un infarto, condizione che determina la chiusura di un ramo delle arterie coronarie e di conseguenza la «morte» di una zona del cuore: tanto più vasta quanto maggiore è l’occlusione.

In caso di chiusura totale di una coronaria, occorre intervenire il più in fretta possibile, per riaprirla e quindi limitare al massimo la zona di necrosi: ovvero la parte di cuore che potrebbe andare incontro a una distruzione definitiva. Quindi, cosa fare di fronte a un dolore oppressivo al torace?

Infarto: angioplastica o bypass?

In caso di infarto dopo la coronarografia, al Pronto Soccorso i medici sono concordi nell’affermare che di fronte ad una ostruzione maggiore l’inserimento di un bypass sia la scelta migliore rispetto all’angioplastica, Image by iStock

Infarto: angioplastica o bypass?

Il dolore, innanzitutto, non va trascurato. Occorre chiamare subito il 118 o, se si è in grado, raggiungere quanto prima un pronto soccorso, dove di fronte a una situazione simile viene effettuata una coronarografia in emergenza. Se l’esame conferma il sospetto, si comincia a ragionare sull’intervento a cui sottoporre il paziente per «riaprire» la coronaria ostruita: un angioplastica o un bypass?

«La decisione dipende soprattutto dalla complessità della cardiopatia ischemica», è il parere degli esperti, che nel corso dell’ultimo Congresso europeo di cardiologia svoltosi a Monaco di Baviera hanno presentato un aggiornamento delle linee guida per il trattamento dell’infarto del miocardio. «I dati ci dicono che, di fronte ai casi più delicati, dunque al cospetto di un’ostruzione maggiore, l’intervento a cuore aperto per la realizzazione di uno o più bypass garantisce risultati migliori rispetto all’angioplastica».

Tradotto: ci sono maggiori probabilità di salvare il paziente e soprattutto di farlo vivere più a lungo, riducendo il rischio di ricadute. Se la coronarografia mostra lesioni estremamente gravi o troppo complesse, o se i vasi sono troppo contorti per pensare di poter raggiungerli senza aprire il torace, la scelta deve necessariamente ricadere sul bypass aortocoronarico.

I cardiochirurghi, in questo caso, ricreano il normale afflusso di sangue al cuore utilizzando dei pezzi di altre arterie (come la mammaria o la radiale) o di vene degli arti inferiori che, «trasferiti» a livello del cuore, in prossimità dell’occlusione, permettono di scavalcare l’ostruzione e garantire il normale afflusso di sangue al muscolo cardiaco. Di fatto si obbliga il sangue a seguire un altro percorso obbligato per raggiungere il cuore, evitando il transito attraverso la porzione di arteria ormai compromessa.

Angioplastica: un approfondimento sull’intervento salvavita

Oggi, però, nella maggior parte dei casi si riesce a evitare il decesso di un paziente ricorrendo all’angioplastica. L’intervento è molto meno invasivo. Attraverso l’inserimento di un catetere a palloncino attraverso un’arteria, quella radiale o femorale, si può infatti risalire fino a raggiungere il punto di restringimento del lume di un vaso. A questo punto avviene la dilatazione del catetere, che di fatto ripristina la normale pervietà dell’arteria.

Il funzionamento dell'angioplastica

Bypass e angioplastica: l’attività fisica e una dieta equilibrata sono comunque le prime scelte da compiere per ridurre il rischio di insorgenza di un evento cardiovascolare acuto, qual è l’infarto del miocardio, image by iStock

Prima di completare l’intervento, che nella maggior parte dei casi si conclude entro un’ora, viene poi applicato uno stent coronarico, ovvero una piccola gabbia metallica da lasciare in loco, in modo da essere sicuri di evitare un nuovo «collasso». Questo dispositivo può essere o meno medicato: ovvero in grado di rilasciare un immunosoppressore in grado di evitare la formazione di una trombosi, da prevenire ricorrendo anche a una terapia farmacologica.

Il ricorso all’angioplastica è aumentato anche in ragione della maggiore sensibilizzazione generale rispetto al tema. L’attività fisica e una dieta equilibrata sono le prime scelte da compiere per ridurre il rischio di insorgenza di un evento cardiovascolare acuto, qual è l’infarto del miocardio. Ma sopratutto occorre non sottovalutare il dolore, per fare in modo che l’infarto possa essere eventualmente preso in tempo e risolto con un’angioplastica.

Twitter @fabioditodaro

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