Nella valle in provincia di Sondrio nasce un progetto di accoglienza turistica che mette al centro la sostenibilità ambientale, sociale ed economica e lo sviluppo del territorio
C’è una valle in Lombardia dove si sta sviluppando un progetto di accoglienza diffusa che vuole coniugare turismo responsabile, agricoltura biologica e creare iniziative che uniscano sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Una valle inaccessibile, a livello viario: non è possibile, infatti, arrivarci in auto, ma solo a piedi, in bici e in previsione anche a dorso di mulo.
Si tratta della Val Codera, un luogo incantevole, in provincia di Sondrio. Un laboratorio a cielo aperto dove già trovano spazio due musei, un ristorante locanda e dove attualmente vivono solo otto persone. Da qui si parte per creare occupazione e tessere una struttura che faccia della condivisione e della cura comune del territorio un punto di forza.
IL TURISMO “INACCESSIBILE” CHE SI APRE ALL’ACCOGLIENZA CONDIVISA – La Val Codera è una valle secondaria della Valchiavenna, confinante con la Val Bondasca e la Val Masino, compresa interamente nel comune di Novate Mezzola (Sondrio), percorsa dal torrente Codera che sfocia nel Lago di Mezzola. La valle è raggiungibile solo a piedi, in bicicletta o in elicottero poiché non ci sono strade asfaltate. «È il luogo meno accessibile della Valtellina e della Valchiavenna, quindi rispetto a un modello di turismo che fa dell’accessibilità il suo punto di forza, qui invece si fa dell’inaccessibilità un valore», afferma Gian Mario Folini, coordinatore della Scuola ambulante di Agricoltura sostenibile. Questa inaccessibilità intende appunto essere la leva per sviluppare un tipo di turismo all’opposto di quello mordi-e-fuggi, ma dove il tempo di soggiorno sia vissuto in più giorni, sperimentando attività varie e compartecipando allo sviluppo del territorio, vivendo nella natura incontaminata.
«L’accoglienza diffusa è un tipo di turismo che si distingue da quello classico proposto da hotel, villaggi vacanze e alberghi tradizionali, che tendono alla concentrazione. Quella diffusa propone un tipo di turismo molto più sostenibile rispetto a quello classico e in grado di coinvolgere la comunità in cui si pratica», spiega Folini. Quindi, è un intero territorio che diventa accogliente, non solo un singolo ente. Intercetta nuove forme di turismo che si pone in maniera diversa anche nel concetto stesso di cosa si faccia in vacanza, focalizzandosi anche sulla necessità di costruire contenuti territoriali. «Questi spesso mancano in molte aree interne italiane, pur avendo le strutture ricettive. In Val Codera si è lavorato su un impianto preesistente, creato dall’Associazione degli Amici della Val Codera, una onlus nata più di 30 anni fa e che conta oggi più di cento persone, che ha il merito di essersi impegnata per il mantenimento della valle». L’Associazione ha creato un sistema di eventi, di sagre, di momenti conviviali e culturali, di “contenuti territoriali” quali il museo etnografico e quello mineralogico, facendo accoglienza diffusa attraverso case e appartamenti che integrano l’offerta del Rifugio Osteria Alpina. Lo sviluppo dell’idea viene grazie all’incontro dell’associazione con la Scuola Ambulante di Agricoltura Sostenibile e da lì si espande un’attività condivisa che unisce attenzione all’ambiente e al territorio.
ORTI E APIARI: LE IDEE GREEN PER LA VAL CODERA – Nascono così i primi progetti, uno dei quali e quello degli orti della agrobiodiversità alpina, che da sementi autoctone fornite da Raetia Biodiversità Alpine porta alla produzione di verdure con metodo biologico per fornire il ristorante del Rifugio. La costruzione degli orti, realizzati sui terrazzamenti recuperati, e il loro stesso mantenimento fanno parte delle attività turistiche. Un secondo progetto avviato è “Potere allo Sciame”, dedicato all’apicoltura sostenibile, attento al benessere delle api, sviluppato sulla sciamatura naturale, producendo miele in favo, in cera vergine, mediante arnie top bar (metodo sviluppato in Africa ma che ha radici fin dall’antica Grecia), realizzata con assicelle di legno su cui le api costruiscono i favi. «Il progetto prevede a regime degli apiari fissi lungo tutta la valle, così da poter immaginare uno sviluppo professionale dell’apicoltura di montagna», spiega ancora Folini.
ALBERGO DIFFUSO E ALTRI PROGETTI DI VALORIZZAZIONE TERRITORIALE – La parte in divenire è l’Albergo diffuso: l’Associazione Amici della Val Codera ha dato vita nel 2017 alla Cooperativa “Antica Cotaria” che gestisce gli spazi strutturati per l’ospitalità a Codera. «È il punto di partenza di un progetto di accoglienza diffusa che deve contare su più strutture, coinvolgendo nuclei e frazioni (San Giorgio, Avedèe, Salina…) e soprattutto gli altri rifugi esistenti (Brasca, Bresciadega, la Locanda) per aumentare la capacità di offerta», segnala Folini. La particolarità dell’Albergo Diffuso della valle, che sta nascendo, è il suo intento comunitario, improntato sulla corresponsabilità del proprietario e del gestore dell’immobile, condividendo impegno e benefici economici. All’Albergo Diffuso si collega inoltre la gestione del territorio, che in prospettiva può generare opportunità come un laboratorio di trasformazione dei prodotti agro-silvo-pastorali e biologici di montagna, il “ritorno” dell’allevamento di capre per il Violino della Valchiavenna (presidio Slow Food) e i formaggi di capra (presidio Slow Food svizzero). Così si permette a chi vorrà venire non solo a soggiornare temporaneamente, ma anche per viverci, gestendo con cura e condividendo il patrimonio locale.