Wise Society : Rinunciare al supermercato può migliorare la qualità della vita

Rinunciare al supermercato può migliorare la qualità della vita

di Maria Enza Giannetto/Nabu
9 Febbraio 2017

Nel suo libro "Vivere senza supermercato", la giornalista Elena Tioli racconta la sua esperienza e spiega come si può riuscire a riappropriarsi della libertà di scegliere

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La copertina di “Vivere senza supermercato” di Elena Tioli

«Cambiare quel tassello della mia vita mi ha costretto a percorrere altre strade, a mettere in discussione tanti comportamenti, a modificare le mie abitudini, a informarmi, a conoscere, approfondire, leggere, sperimentare e aprirmi ad altre possibilità». Il tassello di cui parla Elena Tioli, 34 anni, giornalista modenese trapiantata a Roma è quello della spesa che lei, da due anni, non fa più al supermercato. Una scelta che le ha davvero cambiato la vita in positivo e che ha voluto raccontare nel libro Vivere senza supermercato – Storia felice di una ex consumatrice inconsapevole, (Terra Nuova Edizioni, febbraio 2017, 136 pagine).

Un libro scritto in prima persona, che è anche una guida pratica su come eliminare i supermercati dalla propria vita senza rinunciare, ovviamente, al buon cibo ma riappropriandosi, in qualche modo, della libertà di scegliere e di essere un consumatore critico. «L’idea di rinunciare alla grande distribuzione – racconta Elena Tioli – mi è venuta per caso. Negli ultimi anni, attraverso il mio blog Vivi come mangi ho raccolto tante storie di vita sostenibile, di stili di vita sani e alternativi e alimentazione consapevole e a gennaio 2015 ho deciso di provare a vedere sulla mia pelle se fosse possibile vivere senza supermercato a Roma. Dopo il primo mese, ho capito che non era poi così complicato e ho continuato».

Un’esperienza che Tioli sta continuando perché, una volta entrata a contatto con uno stile di consumo critico e alternativo, è difficile tornare indietro. «Il mio percorso – spiega – mi ha portata a interagire direttamente con i produttori, scoprire la provenienza e l’origine delle merci, conoscere le conseguenze, personali e globali, di ciò che acquisto e consumo, a compiere scelte più consapevoli e responsabili, dare un nuovo valore ai miei gesti e un peso diverso ai soldi e, infine, modificare radicalmente il mio stile di vita e il mio modo di pensare e agire».

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Gas, mercatini biologici, negozi dove si fa la spesa sfusa: ecco la risposta di Elena Tioli alla Grande Distribuzione Organizzata (Gdo) e al supermercato

Dopo le prime necessarie informazioni per capire quali fossero le alternative alla Grande Distribuzione Organizzata (Gdo), le cose si sono fatte sempre più semplici, trasformandosi in una continua scoperta. «La mia scelta – racconta – mi ha portata a far parte di un Gas tramite il quale acquisto tutte le settimane a chilometro zero da produttori locali frutta e verdura bio e di stagione. Sempre con il Gas acquisto pasta, cereali, farina, vino, prodotti igienici e per la casa e molto altro ancora, con la consapevolezza di acquistare da produttori che basano il proprio lavoro sulla responsabilità, sulla solidarietà e sulla sostenibilità».

Oltre ai Gas, la giornalista si è anche avvicinata a tutte le piccole realtà locali come i negozi leggeri, in cui si fa la spesa sfusa, ai mercatini e alle realtà presenti in rete, come ad esempio Kalulu.it (un servizio che mette in contatto produttori e consumatori realizzando una filiera cortissima). Il risultato? Un vero e proprio guadagno, in termini economici, salutari e qualità della vita. «Mi fa stare bene – dice – conoscere da dove arriva quello che mangio, sapere in che tasche vanno a finire i miei soldi ed evitare di finanziare certe multinazionali e certi progetti e invece incentivare alcune forme di produzione alternative, più sostenibili. Rinunciare al supermercato mi dà la possibilità di ridurre la mia impronta ecologica, di non pagare per il trasporto, imballaggio, logistica e intermediazione di un prodotto. E ovviamente mi dà la possibilità di risparmiare e pensare alla mia salute: non compro più molte delle cose inutili che il marketing degli scaffali mi rendeva appetibili e mi avveleno di meno, rispettando un po’ di più il mio corpo e il pianeta che abito».

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