L’edilizia residenziale sociale garantisce benefici per chi le abita, ma anche per l’intera città. L’Italia sconta una certa arretratezza, ma la situazione sta cambiando in meglio
Sarebbe bello pensare che il social housing coincidesse sempre con il progetto realizzato dallo studio d’architettura Lombardini22 (il più importante d’Italia, per fatturato) a Milano: si chiama QUID Quintiliano District ed è un complesso abitativo in classe energetica A, “completo di spazi comuni dedicati espressamente alla socialità e a favorire l’interazione tra i residenti”, segnala lo stesso studio.
Purtroppo in Italia la situazione riguardante l’edilizia residenziale sociale non è così luminosa. Come riporta il Report 2019 the State of Housing, solo il 4% della popolazione italiana ha accesso a un alloggio con un affitto agevolato (dati Eurostat). Quasi un terzo degli affittuari che pagano gli affitti a prezzi di mercato sono sovraccaricati dai costi delle abitazioni, e il tasso di grave deprivazione abitativa rimane molto elevato, pari all’11,1% (rispetto a una media UE del 5,6%). Non solo: secondo stime Nomisma sono 1,7 milioni le famiglie che vivono in una situazione di disagio economico legato alle difficoltà di sostenere le spese per la casa.
Ma le cose stanno lentamente cambiando come segnala lo stesso report di Housing Europe Observatory e gli esempi virtuosi non mancano, contando soprattutto sulle potenzialità fornite dagli strumenti offerti dalla UE, uno fra tutti Renovation Wave, strategia finalizzata a migliorare le prestazioni energetiche degli edifici, fornendo gli strumenti per ridurre la povertà energetica, contando sul fatto che quasi 34 milioni di europei non possono permettersi di riscaldare adeguatamente le proprie abitazioni.
Cos’è il social housing
Intanto, partiamo dal significato di social housing, che è uno strumento pensato per garantire alloggi adeguati attraverso regole certe di assegnazione, a famiglie con difficoltà nel trovare casa alle condizioni di mercato.
La definizione normativa di alloggio sociale la si trova nel Decreto ministeriale 22 aprile 2008. Ci si riferisce all’unità immobiliare adibita a uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. “L’alloggio sociale si configura come elemento essenziale del sistema di edilizia residenziale sociale costituito dall’insieme dei servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie”, specifica il testo normativo.
L’edilizia sociale è costituita principalmente da alloggi affittati su base permanente; sono da considerarsi come alloggi sociali anche le abitazioni costruite o riabilitate attraverso contributi pubblici e privati o mediante l’utilizzo di finanziamenti pubblici, affittate per almeno otto anni e vendute anche a prezzo contenuto.
Edilizia sociale: la normativa che la definisce
I riferimenti normativi riguardanti l’edilizia sociale sono da cercare innanzitutto nel Decreto Legge 112/08. L’articolo 11 è intitolato Piano Casa: esso è rivolto all’incremento del patrimonio immobiliare per uso abitativo attraverso l’offerta di alloggi di edilizia residenziale, da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti, con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati. Altri cardini normativi sono il DPCM 16/7/2009 e DPCM 10/7/2012, che – a proposito di Piano nazionale di edilizia abitativa – hanno specificato meglio i contenuti e le potenzialità.
Se proprio si volessero andare a cercare le origini della finalità sociale dell’edilizia sociale è con la legge 43 del 28 febbraio 1949 che il Parlamento italiano ha approvato il progetto di legge dedicato ai provvedimenti “per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori, con il quale si sarebbe dato avvio a un piano per la realizzazione di alloggi economici, noto come piano INA-Casa”, ricorda la Treccani.
Gli esempi più interessanti in Italia di social housing
Milano è stata pioniera nell’ospitare il primo fondo immobiliare etico creato dalla Fondazione Housing Sociale nel 2004 e oggi la città detiene la quota maggiore di alloggi sociali a prezzi accessibili costruiti con i finanziamenti della SIF. Milano ha anche una quota significativa di alloggi di proprietà pubblica, e ALER sta investendo nel recupero delle case sfitte e ha recentemente lanciato un nuovo programma che applica l’affitto zero ai residenti anziani con più di 70 anni.
Esempi recenti di iniziative locali si segnalano a Bologna dove il Comune ha approvato un investimento di 61 milioni di euro per fornire mille unità abitative nel 2019-2020 in collaborazione con ACER.
Anche Udine ha avviato un importante programma di riabilitazione nei quartieri di edilizia residenziale pubblica. All’estremità opposta del paese, l’agenzia regionale per l’edilizia abitativa in Calabria (ATERP) sta lavorando alla riabilitazione delle case sfitte e alla lotta contro l’occupazione abusiva. Da poco è stata approvata la graduatoria definitiva dei comuni ammessi a finanziamento per interventi di adeguamento e riqualificazione di edilizia sociale.
In Toscana va segnalata a Scandicci (Firenze) la nascita della prima Social Housing Community in Toscana. Si tratta di un progetto di rigenerazione urbana, composto da 50 alloggi, di cui 40 in locazione a lungo termine e patto di futura vendita assegnati con un bando del Comune di Scandicci. Il progetto prevede la realizzazione di spazi comuni all’aperto e un parco attrezzato per il relax e giochi per i più piccoli. Non solo: il passaggio significativo consiste proprio nella formazione da parte degli abitanti di vere e proprie community in grado di portare avanti progetti e attività che più interessano. Si tratta, per certi aspetti, di un progetto di cohousing.
Social housing: i vantaggi dell’edilizia sociale
Lo sviluppo dell’edilizia residenziale sociale ha diversi benefici. Il primo è che l’housing sociale può favorire l’accesso delle categorie svantaggiate a un contesto abitativo e sociale dignitoso.
Si è potuto appurare, inoltre, che nelle principali aree metropolitane italiane, dove sono stati avviati numerosi progetti di social housing, i canoni di affitto convenzionato risultano inferiori del 30%-40% rispetto al mercato libero.
Potenziare questo mercato significa rinnovare immobili fatiscenti o comunque energeticamente scarsi, creando le condizioni per una ristrutturazione edilizia profonda.
Realizzare progetti di housing sociale significa creare le condizioni non solo di migliorare lo status abitativo, ma anche le condizioni di vita di chi ci vive, promuovendo iniziative finalizzate a segnare un percorso umano e lavorativo.
Social housing significa anche porre le basi per una socializzazione, per rendere le periferie luoghi di vita vera e attiva, creare servizi primari e non solo, valorizzando non solo la zona ma l’intera città. Ed è questa la base per creare le smart city.
Andrea Ballocchi