L'associazione milanese Tempo riuso mette in pratica progetti di occupazione temporanea di spazi pubblici per salvarli dall'abbandono e riconsegnarli alla cittadinanza
La rigenerazione urbana passa dal riutilizzo temporaneo di edifici pubblici o privati. È questo il modello messo a punto, negli ultimi sette anni, dall’associazione milanese Temporiuso.net, che è riuscita ad attivare con progetti culturali e di microimpresa processi di occupazione temporanea di spazi vuoti, pubblici o privati, in abbandono o sottoutilizzati.
Il progetto di Temporiuso
«La nostra esperienza – racconta Giulia Cantalluppi, una delle fondatrici e, insieme con Isabella Inti, Valeria Inguaggiato, Andrea Graglia e Matteo Persichino, coordinatrice del progetto – nasce da movimenti di occupazione e dall’aver osservato come all’estero spazi sottratti all’abbandono siano diventati luoghi di crescita e di aggregazione. Edifici e terreni abbandonati, in zone in cui i piani regolatori sono bloccati o mancano di progettazione, possono infatti trovare un uso temporaneo in quel tempo di mezzo di anni, e spesso decenni, che intercorre tra vecchia e nuova destinazione d’uso. Questi spazi di proprietà pubblica possono essere messi a disposizione, in comodato d’uso o con contratti a canone calmierato, di associazioni, start-up, attivisti, microimprese artigianali che, così, hanno un luogo dove lavorare e si preoccupano di rigenerare e tenere in vita lo spazio, riconsegnandolo alla cittadinanza».
Un modello di recupero e rigenerazione urbana
A Milano, il progetto – o meglio la ricerca-azione – Tempo riuso gode anche della collaborazione dell’Università. «Dopo aver firmato – racconta Cantaluppi – un protocollo di intesta tra associazione, università e comune, siamo partiti dalla mappatura della città e per ogni quartiere, parliamo di 9 aeree, abbiamo individuato un punto strategico per avviare il nostro modello di recupero e rigenerazione urbana. Da alcune stime, in città, si un’offerta di oltre un milione di mq di scali ferroviari abbandonati, 50 cascine e capannoni agricoli in disuso e oltre 70 edifici vuoti, e le agenzie immobiliari lamentano che circa 885.000 mq di uffici risultano sfitti».
Una volta individuato l’immobile o lo spazio giusto, l’associazione diventa, in qualche modo, mediatrice tra la città e l’amministrazione, una sorta di garante che firma il contratto, la scrittura privata di comodato d’uso e che si occupa della gestione dello spazio per il tempo stabilito. Un esempio di questa occupazione virtuosa è la palazzina P7, un piccolo edificio Liberty nella zona dell’ex macello ai Mercati Generali di Milano, concessa in comodato d’uso per tre anni a Tempo riuso che l’ha sottratta all’abbandono e al degrado facendone una una mini residenza per studenti universitari (a canone calmierato) e uno spazio aperto alle associazioni impegnate in attività di recupero e riutilizzo (c’è una ciclo officina e un piccola laboratorio artigianale). Lo spazio, poi, viene aperto continuamente al quartiere con eventi, mercatini, attività che ne fanno un luogo simbolo di rinascita.
«Il nostro modello di rigenerazione urbana – conclude Cantaluppi – mette insieme riqualificazione del patrimonio edilizio, sottrazione dello stesso ad atti di vandalismo e deperimento, sussidiarietà con il terzo settore, contenimento del consumo di suolo, sostegno degli spazi autogestiti e dei servizi autopromossi dalle comunità locali. Il progetto è la prova tangibile che si può fare e che oltre all’impegno delle associazioni serve l’apertura mentale e la volontà delle amministrazioni». Tempo riuso, infatti, continua a crescere e ad attirare l’attenzione di altre città, province e associazioni. Si parla anche di avvio di bandi di assegnazione e concorsi d’idee per il riuso temporaneo, start-up e gestione di spazi ad uso temporaneo, creazione di un data-base accessibile per spazi e utenti del riuso temporaneo, individuazione di un modello gestionale tramite Sportello Informativo per il riuso temporaneo.
Un manuale per (ri)utilizzare gli spazi abbandonati
Convinti che gli spazi vuoti delle città siano vere e proprie “riserve urbane” per sperimentare sogni collettivi, gli attivisti di Tempo Riuso hanno, nel 2014, redatto un vero e proprio manuale. Nel libro Temporiuso. Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono oltre a casi studio e interviste, viene spiegato il percorso per salvare e riattivare il patrimonio architettonico e socio-culturale cittadino, in 7 semplici mosse: la mappatura e la tassonomia degli spazi per conoscere le diverse tipologie della potenziale offerta; la mappatura delle popolazioni che potrebbero poi fruire degli spazi; i nuovi “cicli di vita”, con tempi di riuso diversi in ciascun caso; i livelli di architettura e infrastrutture primarie per poter riabitare luoghi per lungo tempo abbandonati o rimasti incompiuti; le regole per l’accesso e la condivisione degli spazi; le possibili politiche pubbliche per consolidare e rinnovare queste pratiche.