Il rapporto Ecosistema Urbano di Legambiente accende i riflettori sulle performance ambientali delle città italiane: qualità dell’aria, acqua, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, uso efficiente del suolo, energie rinnovabili. Con tante conferme e qualche sorpresa.
Quanto sono verdi le città italiane? Se per “verde” si intende una città ricca di alberi, con un sistema di trasporti pubblici efficiente, un’alta percentuale di raccolta differenziata, una buona qualità dell’aria e così via, la risposta generale è “non abbastanza”. La media dei 106 capoluoghi analizzati dal rapporto Ecosistema Urbano di Legambiente arriva appena al 55,80%. A scuola, sarebbe sotto la soglia della sufficienza. E quest’anno c’è soltanto una città che supera la soglia degli 80 punti su 100: è Reggio Emilia. Un quadro generale che, nonostante le promesse della politica e le norme sempre più severe in materia ambientale, risulta lievemente peggiorato rispetto allo scorso anno.
Cosa misura il report Ecosistema Urbano di Legambiente
Ecosistema Urbano è un rapporto che l’organizzazione ambientalista Legambiente pubblica ogni anno da tre decenni, in collaborazione con la società di consulenza Ambiente Italia e con il quotidiano Il Sole 24 Ore. In sostanza, Legambiente invia un questionario a 106 comuni, ricavando al tempo stesso informazioni da altre fonti statistiche. Macinando tutti questi dati (oltre 30mila per l’edizione 2024), il sistema arriva a valutare ciascun Comune su venti parametri, suddivisi in varie macroaree: qualità dell’aria, acqua, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, uso efficiente del suolo, energie rinnovabili. Il risultato finale è un punteggio complessivo per ogni città, che arriva fino a un massimo di 100 punti.
La classifica delle città italiane più verdi
Reggio Emilia, Trento, Parma, Pordenone, Forlì, Treviso, Mantova, Bologna, Bolzano, Cremona. È questa la top 10, composta interamente da città medio-piccole del nord Italia; la sola eccezione in termini di dimensioni è Bologna, mai così in alto in classifica. È inevitabile notare come, anche in questo caso, la spaccatura tra nord e sud sia netta e profonda. L’unica a brillare è Cosenza, al tredicesimo posto con un punteggio che supera la soglia del 70%. Ma, sugli ultimi dieci centri nella graduatoria, otto sono meridionali: tolte Imperia (97ma) e Fermo (100ma), restano Caserta, Catanzaro, Vibo Valentia, Palermo, Napoli, Crotone, Reggio Calabria e infine, fanalino di coda, Catania.
Il podio di Ecosistema urbano
Ma cos’ha Reggio Emilia di tanto speciale? Per vari indicatori, tra cui la qualità dell’aria e i consumi idrici pro capite, i punteggi sono leggermente migliorati rispetto a una base di partenza già buona. Ma la città emiliana spicca soprattutto per la quantità di piste ciclabili (più di 48 metri equivalenti ogni 100 abitanti) e numero di alberi su aree pubbliche (60 ogni 100 abitanti); ottimo anche l’83,8% di raccolta differenziata. Ma di aree di miglioramento ce ne sono ancora parecchie, e tutt’altro che marginali. Reggio Emilia è addirittura tra le peggiori in termini di produzione di rifiuti pro capite (661 kg all’anno) e numero di auto in circolazione (88 ogni 100 abitanti).
Sul secondo gradino del podio c’è Trento, presenza fissa nella parte alta della graduatoria, con ottimi valori in termini di inquinanti atmosferici, consumi idrici (139 litri pro capite, contro i 151,3 di tre anni fa), rifiuti (426 kg pro capite all’anno), raccolta differenziata (83,6%). Tra le note dolenti il numero di auto in circolazione, l’offerta di trasporti pubblici e l’uso efficiente del suolo, in brusco calo rispetto a tre anni fa.
A sorpresa, nell’arco di un anno Parma fa un balzo dalla diciottesima alla terza posizione. Il merito è soprattutto dei buoni risultati in materia di qualità dell’aria, passeggeri dei mezzi pubblici (passati in un anno da 136 a 156 viaggi annui per abitante), consumi idrici, produzione di rifiuti (557 kg pro capite annui). Male il numero di auto circolanti, le perdite della rete idrica e la produzione di energia solare sulle superfici comunali.
Le difficoltà dei grandi centri
Tolta Bologna, le grandi città arrancano visibilmente. Se Napoli, Milano, Torino, Palermo e Catania soffocano per il biossido di azoto, un gas puntente e irritante che aggrava l’asma e le infezioni respiratorie, Genova e Milano hanno sforato per più di ottanta giorni anche i limiti dell’ozono. A Catania circolano 79 auto ogni 100 abitanti, un record, e ogni anno il cittadino medio sale appena 25 volte a bordo dei mezzi pubblici. Ma su quest’ultimo fronte va ancora peggio ad Agrigento (appena 14 viaggi l’anno) e Cosenza (12).
La strada è in salita anche per i ciclisti, che a Napoli hanno a disposizione appena 0,39 metri equivalenti di piste ciclabili ogni 100 abitanti e a Roma 0,83. Città come Palermo e Napoli, dove il sole splende in abbondanza, hanno installato rispettivamente 0,08 e 0,21 kW di solare sugli edifici pubblici ogni mille abitanti.
“Per città più sostenibili, resilienti e sicure serve un’azione congiunta a livello nazionale e territoriale da parte del governo, delle regioni e dei capoluoghi di provincia”, sottolinea Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. Denunciando come i temi ambientali siano “i grandi dimenticati” dall’agenda politica.
“Da parte del governo nazionale servono politiche coraggiose, a 360 gradi, e risorse economiche all’altezza della sfida per rendere davvero sicuro il nostro Paese. Si pensi ad esempio all’adattamento alla crisi climatica, che causa sempre più danni e perdite di vite umane; alla rigenerazione urbana e alla messa in sicurezza degli edifici, dalla presenza di amianto e dal rischio terremoti; alla lotta allo smog, che causa quasi 50mila morti premature solo per il PM2,5, o al processo di miglioramento del livello qualitativo dei controlli ambientali in capo alle Agenzie regionali protezione ambientale, oggi disomogenei sul territorio nazionale”.
Valentina Neri