Wise Society : Phubbing: un’abitudine che rovina le relazioni, anche in famiglia

Phubbing: un’abitudine che rovina le relazioni, anche in famiglia

di Fabio Di Todaro
30 Novembre 2020

In un Paese di 60 milioni di persone, compresi bambini e grandi anziani, ci sono quasi 44 milioni di cellulari. Un dato che dice quanto pervasiva sia ormai la diffusione degli smartphone nella nostra società. Un aspetto per molti versi positivo, considerando le potenzialità che offrono. Ma che, come ogni nuova tecnologia, ha un rovescio della medaglia. Si potrebbe parlare di quello ambientale, legato alla massiccia produzione di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Ma non è questo il caso. Oggi vogliamo parlare di «phubbing», ovvero di come l’abuso degli smartphone tra le mura domestiche rischia di compromettere la qualità delle relazioni familiari.

Phubbing

Foto di Chiara Pinna / Unsplash

Cosa significa «phubbing»?

Con il neologismo «phubbing» si intende l’abitudine di snobbare la compagnia degli altri, specie in contesti informali come un’uscita di gruppo o un appuntamento con il partner, preferendo l’utilizzo dello smartphone o altri device digitali. Il termine nasce dalla contrazione degli inglesi «phone» (telefono) e «snubbing» (snobbare, per l’appunto. Oggi più comunemente viene data al «phubbing» la definizione di «snobbare qualcuno in un contesto sociale, guardando il proprio telefono piuttosto che prestargli attenzione», come fa per esempio il Merriam-Webster Dictionary.

Da qui il frequente accostamento a un altro comportamento venuto fuori con l’esplosione della tecnologia. Ovvero: la nomofobia. Tra chi compulsa il proprio smartphone c’è infatti anche chi è legato alla paura di perdersi qualcosa: un’email, un messaggio su WhatsApp, un avvenimento. E così finisce per avere sempre il telefono in mano, per paura di perdersi qualcosa di molto più lontano rispetto al luogo e alle persone in cui è fisicamente.

L’impatto del «phubbing» sulle relazioni

Questo atteggiamento – finora studiato perlopiù nelle relazioni lavorative e di coppia – ha un inevitabile riflesso sulla qualità delle relazioni umane. Se tra (giovanissimi) coetanei oggi è in un certo senso accettato, il «phubbing» ha un impatto maggiore quando a confrontarsi sono persone appartenenti a diverse generazioni. È questo il caso del rapporto tra genitori e figli. Come dimostrato da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, l’uso pervasivo dei device digitali, anche durante i momenti riservati alle relazioni, può avere ripercussioni negative sul benessere psicologico dei giovani. In particolare, degli adolescenti, che più dei bambini percepiscono il distacco in un momento delicato del loro percorso di crescita. Lo studio, pubblicato sul «Journal of Social and Personal Relationships» è stato condotto analizzando le risposte fornite da oltre 3.000 ragazzi (1-16) a un questionario sviluppato per misurare l’impatto del «phubbing» che i figli subiscono da mamme e papà. I risultati della ricerca hanno confermato l’ipotesi di partenza dei ricercatori. Gli adolescenti che si sentivano maggiormente vittime di «phubbing» da parte dei loro genitori, si percepivano anche più distanti da essi: disconnessi (socialmente), ignorati ed esclusi.

phubbing tra genitori e figli

Foto di Rob Hampson / Unsplash

Il fenomeno è anche al conrario?

«Il fenomeno che si caratterizza a tutti gli effetti come forma di esclusione sociale, in particolare di ostracismo: ci si percepisce invisibili e inesistenti in un dato contesto», spiega Luca Pancani, psicologo sociale e primo autore della ricerca. Il «phubbing» è particolarmente importante da studiare perché «l’ubiquità dello smartphone fa sì che questo fenomeno possa essere agito da chiunque e in qualsiasi momento, accrescendo la possibilità di conseguenze negative per chi lo subisce – prosegue l’esperto -. Ciò assume un’importanza ancora maggiore nella relazione genitori-figli, in cui lo stile parentale e la responsività alle richieste dei figli rivestono un ruolo cruciale nello sviluppo adolescenziale».

La ricerca proseguirà, perché i ricercatori non escludono che esista anche una forma di «phubbing» a parti invertite. Gli adolescenti di oggi sono infatti avvezzi alla tecnologia e spesso dispongono di uno smartphone in anticipo rispetto a quanto non accadesse fino a un paio di decenni addietro. Questo insieme rischia di alimentare anche il processo inverso: con i genitori vittime dei figli. Un fenomeno che diverrebbe così circolare e finirebbe per accrescere le sue ripercussioni all’interno dell’intero contesto familiare.

Come superare il «phubbing»?

Quanto alle possibili soluzioni, occorre attingere ai consigli che finora sono stati dati per la gestione del «phubbing» nei rapporti di coppia. Come premessa, è importante infatti mettere in campo tutta l’empatia disponibile al fine di non far sentire l’altra persona giudicata per il suo atteggiamento. Il primo passo da compiere è quello che porterà alla consapevolezza, attraverso un confronto schietto: possibilmente con i cellulari da un’altra parte. Poi si può passare ad alcuni accorgimenti utili, da adottare soprattutto in casa: dov’è consigliabile lasciare il telefono da parte quando si fa qualcosa assieme, durante i pasti e mentre si parla. Individuare i propri interessi e coltivarli è un altro passo utile da compiere per riempire i «vuoti» che si tende a riempire con il cellulare.

Twitter @fabioditodaro

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