Wise Society : Ong in Armenia: Family Care Foundation promuove sviluppo e turismo

Ong in Armenia: Family Care Foundation promuove sviluppo e turismo

di Michele Novaga
12 Giugno 2012

Antonio Montalto, medico e Console Onorario, racconta cosa sta facendo l'organizzazione di cui è presidente per aprire al mondo il Paese caucasico

«Ci siamo presi con l’Armenia, ci siamo davvero presi. Un rapporto profondo che guarda alla realtà non del paese delle meraviglie. Ma un rapporto vero di cui vado fiero e di cui non finisco di ringraziare l’Armenia per avermi dato la possibilità di vivere gran parte della mia vita qui in un ambiente tanto stimolante».

Progetti di emergenza e cooperazione

 

Risponde così Antonio Montalto, medico e presidente della Fondazione Family Care (www.familycarearmenia.com), organizzazione che promuove la valorizzazione della cultura locale e la promozione del turismo, alla domanda sui suoi 23 anni di vita passati a portare avanti progetti di emergenza e cooperazione in questa terra. Arrivato in Armenia all’indomani del tremendo terremoto che colpì duramente il paese caucasico nel 1988, da allora non se ne è più andato.

Dapprima ha svolto progetti di emergenza nelle zone colpite dal terremoto ricostruendo ospedali. Poi per cinque anni ha lavorato in Nagorno Karaback all’indomani del conflitto che vide per lungo tempo, agli inizi degli anni ’90, armeni e azeri affrontarsi in una guerra che lasciò sul campo decine di migliaia di soldati e di civili. E tanta distruzione.

«Quello degli aiuti umanitari è un mestiere strano, un lavoro in cui ci vuole una grande valenza ideale sennò diventa una cosa quasi sterile e anzi addirittura dannosa. Ecco perché abbiamo deciso di interromperci dando vita ad una fondazione (la Family Care) per continuare un discorso di formazione e muovendoci nel settore del turismo relazionale integrato. Abbiamo creato due ostelli a Yerevan e con i proventi, oltre a pagare il personale, stiamo restaurando altri edifici a Gjumri, la seconda città dell’Armenia che ha un centro storico molto importante».

Gjumri città aperta e luogo di frontiera

 

Uno di questi edifici della fine dell’800, testimonianza dello stile Belle Epoque russo, è stato inaugurato l’8 giugno nell’ambito di una tre giorni che alla Family Care hanno ribattezzato “Gjumri città aperta”. «Sì perché in quei giorni abbiamo ricevuto una delegazione di 30 intellettuali e artisti turchi di Kars e Istanbul per cercare di creare le basi per un rapporto più leggero tra Turchia e Armenia».

Un rapporto interrotto a seguito del genocidio armeno perpetrato dai Turchi nel 1915, ostacolo insormontabile ancor oggi per uno sviluppo normale delle relazioni politico-diplomatiche tra i due paesi. «Un ponte per la pace con l’ambizione di riunire due popoli che storicamente sono vicini dal punto di vista artistico allo scopo di creare un distretto turistico tra Turchia e Armenia che può rappresentare uno sviluppo economico per entrambi», continua Montalto. «Cose da fare sulla base di una collaborazione umana che noi vorremmo cominciare proprio qui, a Gjumri, da sempre luogo di frontiera. Una città d’incontro, una città aperta».

La cultura italiana al centro di tante iniziative

 

Anche la sede della biblioteca italiana sorge in un edificio storico del centro di Gjumri. Anche questo edificio è stato ristrutturato dalla Family Care conservando lo stile Belle Epoque originale. Ospita 8000 volumi di lingua italiana e, oltre ad essere centro di corsi di lingua italiana, è anche la sede del Consolato Onorario Italiano a Gjumri.

Sì perché Antonio Montalto, per i suoi alti meriti, infatti, è stato insignito della carica di Console Onorario. Cosa di cui va fiero ma che non ama ostentare. «Ogni turista che vi si reca può contribuire ad aumentare il numero dei volumi portando dall’Italia un libro usato o nuovo nell’ambito del progetto “Un turista un libro”».

Ma se i progetti della Family Care per la maggior parte riguardano il settore turistico, tra cui lo straordinario lavoro di traduzione delle spiegazioni dei siti storici armeni in 5 lingue compreso l’italiano, con anche delle bacheche in braille grazie alla collaborazione con l’Istituto dei Ciechi di Monza, a breve prenderà forma un “Giardino dei Giusti” sullo stile di quelli sorti in tanti altri paesi. Un luogo dedicato a quelle persone non armene che con la loro vita, con il loro comportamento hanno aiutato gli Armeni in tutto il mondo nel passaggio doloroso del genocidio.

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