La malattia rappresenta un fulmine a ciel sereno nella vita di ognuno, ma può anche rendere migliori e più resilienti le persone, come racconta nel suo libro il giovane Niccolò Palombini, che ha affrontato e vinto la sua battaglia contro il cancro
La malattia è capace sempre di scombussolare la vita di una persona. A maggior ragione se si tratta di un giovane o di un adolescente, o peggio ancora di un bambino. Eppure proprio la malattia, la sofferenza, la prova possono talvolta rendere una persona più forte e consapevole, farla maturare più velocemente, renderla capace di dare il giusto peso alle cose, in una parola trasformarla in una persona migliore.
È quanto racconta nel suo libro Io non ho più paura (Ed. Newton Compton) Niccolò Palombini, colpito a sedici anni da un cancro molto insidioso, l’osteosarcoma, un tumore che colpisce le ossa, che dopo la sua discesa agli inferi tra biopsie, operazioni, ricoveri, terapie e devastanti effetti collaterali, momenti di smarrimento e sconforto, scopre il potere del sorriso, di un atteggiamento positivo verso la vita e verso gli altri, della resilienza.
Il suo racconto è una piccola perla che vale la pena leggere, un libro che diventa un incitamento a non darsi mai per vinti, in qualsiasi situazione. Perché essere coraggiosi non significa non avere paura, ma andare avanti nonostante la paura.
L’abbiamo intervistato per farci raccontare questa sua esperienza così forte, ora che ha vinto la sua battaglia contro il cancro, e per capire insieme con lui anche cosa vogliono e cosa chiedono i suoi coetanei al mondo adulto.
Nel tuo libro racconti la tua lotta contro la malattia. Qual è stata la tua prima reazione quando ti hanno diagnosticato l’osteosarcoma?
La prima cosa che ho fatto è stata porre una domanda al radiologo. Gli chiesi: “Ma sopravviverò?”. Lui però mi disse solo: “È dura, bisogna combattere e soprattutto correre contro il tempo”. La testa era in una specie di blackout e non riuscivo a fare altro che piangere.
Come hai metabolizzato questo “shock”?
Con la leggerezza. Spesso è un atteggiamento che viene confuso con la superficialità, invece è un modo intelligente di porsi di fronte agli eventuali ostacoli che si presentano nel corso della vita. Non è menefreghismo, ma è la capacità di mantenere uno sguardo positivo sulle cose, confidando nel fatto che a tutto ci può essere un rimedio.
Cosa ti ha aiutato e dato la forza per affrontare la situazione?
Mi ha aiutato tanto la mia famiglia, che non mi ha mai lasciato solo. A casa siamo tre gemelli, abbiamo sempre affrontato tutto insieme, sotto la guida amorevole e autorevole dei nostri genitori. Questa consapevolezza mi ha spinto a combattere triplicando le forze.
Io ero da solo contro un mostro invisibile, ma dovevo combattere per tre. Mi sentivo obbligato a vincere, soprattutto per loro.
Ti ha aiutato anche la scrittura del libro? Com’è nata l’idea di scrivere Io non ho più paura?
Tutto è iniziato in ospedale a sedici anni, le giornate erano lunghe e difficili, quindi, spinto anche dal suggerimento della mia oncologa, ho preso carta e penna e mi sono messo a scrivere. Trasferendo su un foglio le mie sensazioni e le mie aspettative per un futuro che in quel momento sembrava incerto, ho scoperto che non stavo solo raccontando una storia. Scrivere è un’arma potente.
Anche se avrei tanto voluto sfogarmi con qualcuno, non riuscivo a farlo perché mi sembrava di non poter comunicare adeguatamente le mie emozioni. Scrivere è stato il mio sfogo, mi ha fatto sentire libero. Mettendo su carta i miei pensieri e vedendoli lì, indelebili, nero su bianco, mi sono reso conto che avrei potuto finalmente buttare fuori tutto il dolore di quel brutto periodo.
Che cos’è oggi per te la paura?
La paura è un’illusione, ci spinge a far uscire il supereroe che è in noi. Con la paura riesci a raggiungere il massimo potenziale. Sono riuscito a capire chi sono veramente.
E il coraggio?
Il coraggio è andare avanti nonostante la paura, affrontando i problemi.
Oggi come stai e come vedi il tuo futuro?
Oggi sto bene e vedo il mio futuro roseo e pieno di prospettive.
Come questa esperienza ti ha cambiato la vita? Sono cambiate le tue priorità?
Nonostante sia un’esperienza di cui avrei fatto volentieri a meno, devo dire che ciò che mi è capitato mi ha cambiato in positivo. Ho capito quali sono le cose veramente importanti e vedo la vita in modo diverso. La mia priorità è continuare a mantenermi in salute.
Cosa ti senti di consigliare a chi è colpito da una malattia importante?
Il consiglio che posso dare è quello di non arrendersi mai. Lottare, lottare, lottare. Mai piangersi addosso e mai darsi per vinti.
E in particolare ai giovani, ai tuoi coetanei, anche alla luce del periodo che stiamo vivendo legato alla pandemia, cosa ti senti di dire?
Di affrontare la situazione con calma e determinazione, un passo alla volta. Non può piovere per sempre. Anche dopo la tempesta più violenta torna sempre il sereno.
Come giovani cosa chiedete al mondo degli adulti per il vostro presente e il vostro futuro?
Di poter condurre una vita serena e appagante.
Secondo te una società saggia, “wise” appunto, come dovrebbe essere?
Per essere davvero saggia, dovrebbe aver cura di tutti i suoi componenti.
Vincenzo Petraglia