Wise Society : Negazionismo, da cosa dipende l’atteggiamento di diniego e rimozione?

Negazionismo, da cosa dipende l’atteggiamento di diniego e rimozione?

di Maria Enza Giannetto
13 Novembre 2020

Da chi parla di una semplice influenza a chi paventa la dittatura sanitaria. I negazionisti del Coronavirus sono tantissimi e, secondo il sociologo Davide Bennato "sono tutti socialmente immaturi perché fanno finta di non vedere per timore o perché hanno una visione del mondo che non contempla il virus". E anche i social network hanno la loro responsabilità

Per qualcuno è solo una semplice influenza, per altri è tutto troppo ingigantito, per altri ancora si tratta di un complotto. I negazionisti del Coronavirus costituiscono un esercito sempre più nutrito di persone, di estrazioni varie e di fasce culturali eterogenee, che pur di fronte ai dati su contagi, sui malati e sui decessi da Covid-19, continuano a negare l’esistenza del virus se non addirittura a parlare di una montatura dei poteri forti o di una fantomatica dittatura sanitaria organizzata per controllare l’umanità attraverso un vaccino che – quando arriverà – sarà obbligatorio.

semaforo rosso

Foto Kai Pilger / Unsplash

Negazionismo, la spiegazione neurobiologica che lo assimila alla demenza

Quello che in molti – i non negazionisti  – si chiedono è come sia possibile arrivare a negare le evidenze fino a tal punto. La biologa Barbara Gallavotti, intervistata durante la trasmissione DiMartedì di Giovanni Floris ha persino dato una spiegazione neurobiologica al comportamento di un negazionista citando le teorie del neuroscienziato Earl Miller.  “Nella mente di un negazionista – ha detto – forse avviene qualcosa di non molto dissimile da quello che accade in certe forme di demenza in cui le zone del cervello ricevono informazioni false e le inviano alla parte di cervello incaricata del pensiero razionale la quale fa degli sforzi per dare un senso a quelle informazioni. La parte del cervello dedicata al pensiero razionale confeziona quelle informazioni false in modo da renderle convincenti”.

Una spiegazione di tipo scientifico, quindi, che aprirebbe un varco nella comprensione di certi atteggiamenti e del diniego rispetto alle evidenze. Sì perché – dalla creazione del virus in un laboratorio della città cinese Wuhan a un complotto che vedrebbe Big Pharma e persino Bill Gates in prima linea per far ammalare tutti e poi poter vendere un antidoto a peso d’oro, fino a una interessante connessione tra l’installazione delle antenne 5G e il Covid-19 – sono davvero tante le teorie che i negazionisti del Coronavirus sostengono a supporto della loro convinzione fondamentale: il Coronavirus non esiste.

Una convinzione che viene sostenuta da milioni di persone e che è capace di attrarne a centinaia in piazza per manifestare contro la dittatura sanitaria e ostentare una conoscenza del mondo che gli altri non hanno perché schiavi del sistema.

La spiegazione sociologica del negazionismo del Covid-19

Di sicuro, dal punto di vista sociale, il negazionismo segue uno schema piuttosto regolare.  “Io non so se è il cambiamento neuronale possa far sì che una persona creda a qualcosa o meno, per quanto mi riguarda è molto più semplice spiegare il negazionismo dal punto di vista culturale e sociale”, sottolinea il sociologo Davide Bennato, professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Catania.

Foto di Xavi Cabrera / Unsplash

“I negazionisti – continua – possono appartenere a due gruppi diversi. Ci sono quelli che hanno paura e rimuovono il problema, minimizzandolo e quelli che, invece, lo negano perché hanno una concezione del mondo in cui il virus non neanche preso in considerazione e cercano conferma di questa loro visione del mondo attraverso informazioni (cambiando idea solo se qualcuno della propria rete di contatti si ammala). Entrambi i tipi di negazionisti sono socialmente immaturi: i primi perché fanno finta di non vedere per timore, i secondi perché capiscono la gravità del problema solo se li riguarda direttamente. Si tratta di due dinamiche sociali diverse che si trasformano nello stesso atteggiamento: ovvero negare l’evidenza dell’esistenza di un virus che sta mietendo vittime e sta anche creando problemi a lunga scadenza”.

Il negazionismo va di pari passo con il complottismo

E ci sono anche i negazionisti che non solo minimizzano il problema ma sono addirittura più spaventati dal fantomatico complotto mondiale che avrebbe inventato e creato il problema (il virus) per controllarci tutti.

“Sin dagli Anni ‘40 – dice Bennato – sappiamo che la comunicazione tende a rinforzare l’opinione che le persone hanno già e difficilmente riesce a fargliela cambiare. Esistono vari studi che spiegano perché quando fruiamo di un contenuto non lo facciamo mai in maniera del tutto obiettiva ma la filtriamo attraverso i nostri bias cognitivi. Ovviamente, nel caso di un negazionista che ha un rigetto totale verso un’interpretazione del mondo più condivisa, si innescano delle narrative che non sono solamente di rimozione ma lo spingono addirittura a vedere il complotto. La questione diventa davvero più complicata. Se il negazionista nega l’evidenza o comunque cerca prove alternative a conferma del proprio punto di vista per negare l’evidenza, il complottista ha tutta una teoria articolata e auto-consistente che, pur essendo folle e paradossale, viene considerata come legittima non appena viene condivisa anche da un altro individuo. Insomma, si tratta di un discorso più sofisticato che davvero, non lascia spazio al confronto.

Storia del negazionismo, dall’Olocausto fino ai no mask

In principio fu quello sulla Shoah. Il negazionismo storico affonda le basi nella storia e nella negazione dei fatti che riguardano il nazismo, l’Olocausto e la gran parte dei crimini di guerra del Secondo Conflitto mondiale. Nel corso dei decenni, però, l’atteggiamento negazionista e complotti sta si è allargato ad altri argomenti, dall’inesistenza dell’allunaggio, congetture sull’assassinio del Presidente Kennedy fino al terrapiattismo e alla convinzione che gli alieni siano tra noi.

In realtà esistono tante varianti di negazionisti, spesso solo tesi bislacche che, in fondo, non fanno male a nessuno. Cosa diversa quando si arriva a movimenti più strutturati come i no vax e i più regenti no mask che rinnegando evidenze scientifiche in nome di una visione del mondo più grande e veritiera spesso contribuiscono a generare confusione e ad alimentare fake news che, in un momento di pandemia, non fanno di certo bene a nessuno.

Auschwitz e negazionismo dell'olocausto

Foto di Karsten Winegeart / Unsplash

Negazionismo, fake news e social media

E di sicuro, ad alimentare le fake news concorre un utilizzo sconsiderato dei social media. “Il negazionismo sul Coronavirus – dice Bennato – è solo la punta dell’iceberg di un atteggiamento nei confronti del mondo che deriva, purtroppo, anche dalla democratizzazione delle idee avvenuta attraverso i social network. I social hanno democratizzato tutto in maniera disintermediata e chiunque oggi può lanciare un’idea anche folle, condividerla e trovare almeno qualcun altro che sia d’accordo. La libertà circolazione delle idee è sicuramente un vantaggio ma per certe idee non abbiamo ancora gli anticorpi”.

Stop alle Fake News

Foto: United Nations

Come affrontare un negazionista: i consigli del sociologo

Un dubbio è lecito: se capita di trovarsi a discutere con un negazionista o addirittura con un complottista è il caso di imbarcarsi in un dibattito senza fine per far notare le evidenze storiche e scientifiche? Ci sono margini di manovra o è meglio lasciar perdere?

“Quando una persona ha delle convinzioni – dice Bennato – è difficile se non addirittura impossibile scardinarle perché sono basate su una visione del mondo ben articolata. Se uno vede il mondo dominato da una dittatura misteriosa è impossibile scardinare questa visione. È come se i complottisti vivessero in un’altra dimensione che è incompatibile con una visione della realtà. In pratica se un negazionista ha un atteggiamento solipsistico, in cui nega la pandemia ma si tiene questa credenza per sé si può anche cercare di intervenire e di discutere, se invece la sua visione è rinforzata da legami sociali è davvero inutile provarci. L’unico consiglio che posso dare, per chi davvero volesse ingaggiare questa battaglia, è spostare il negazionista in un territorio mentale e sociale dove non ha sostegno da parte degli altri. Un po’ come quando una squadra di calcio gioca fuori casa”.

Maria Enza Giannetto

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