Tre progettisti inglesi raccolgono plastica e rifiuti sulle rive dei fiumi o sulle spiagge britanniche per trasformarli in coloratissime scarpe
Devono essersi ispirati alla famosa legge di conservazione della massa di Lavoiser secondo la quale “Nulla si crea nulla si distrugge ma tutto si trasforma” i tre giovani designer inglesi che hanno dato vita al progetto di realizzare scarpe di plastica riciclata. Solo che loro partono da un concetto più critico rivolto prettamente al consumo.
Guidati dal motto è everything you buy is rubbish (ogni cosa che compriamo è spazzatura) i giovani fanno shopping delle materie prime che servono per costruire le scarpe sulla sponde del Tamigi o sulle spiagge della Manica dove giacciono tutti i tipi di rifiuti. Soprattutto bottiglie e taniche di plastica, destinate ad inquinare l’ambiente per centinaia – e forse migliaia – di anni.
Poi le portano nel loro laboratorio dove, attraverso un processo di riscaldamento e compressione dei materiali di plastica, li lavorano fino a farli diventare scarpe coloratissime e dalla forma trendy.
Charles Duffy, William Gubbins, Billy Turvey, infatti, rifiutano concetti come consumismo e spreco e vogliono riciclare tutto ciò che finirebbe solamente per inquinare il Pianeta. I tre hanno osservato che tra gli oggetti più desiderabili dai consumatori grazie all’azione della pubblicità, ci sono proprio le scarpe. Un accessorio fondamentale. Un oggetto che appena presenta qualche difetto dovuto all’uso viene immediatamente buttato e prontamente cambiato con un paio nuovo.
«I vestiti che indossiamo – raccontano i progettisti – riflettono la nostra immagine. Il primo dei nostri indumenti a mostrare segni di danneggiamento è proprio la scarpa. Agli occhi di noi consumatori la minima imperfezione in superficie comporta un immediato cambio verso un nuovo acquisto magari più trendy. Le scarpe da tennis nella loro vita solo per una frazione piccolissima di tempo sono delle calzature. Poi si trasformano in spazzatura per centinaia di anni».